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di Mario Guido
La Giornata della Memoria che si celebra il 27 gennaio di ogni anno in tutto il Paese ed in particolare in Calabria, a Ferramonti di Tarsia, dove esistono ancora i resti dell’ormai, notissimo Campo di Concentramento che ospitò alcune migliaia di ebrei e di rifugiati politici di diversi paesi europei, dovrebbe comprendere nel suo programma di inziative, una visita a Bisignano, comune limitrofo a quello di Tarsia e quindi confinante con il territorio di Ferramonti, lungo le rive del Crati, la cui popolazione ebbe numerosi e stretti contatti con i prigionieri di Ferramonti.
Professionisti e medici rinchiusi nel Campo di Concentramento, di religione ebraica, curavano diversi ammalati di Bisignano, soprattutto la gente, umili contadini, che, quotidianamente, si recavano nella zona, nei pressi del Campo, per coltivare la terra.
I rapporti tra la gente del luogo e quelli rinchiusi nelle baracche erano del tutto pacifici e, per certi versi, fraterni e amichevoli.
I contadini ricambiavano con i prodotti della terra le prestazioni di medici e di altri professionisti che vivevano nel Campo.
Fra questa gente costretta a vivere in quel luogo, numerosi erano gli artisti; pittori e decoratori si divertivano ad abbellire le pareti delle baracche con dipinti ed acquerelli che suscitavano la meraviglia degli osservatori.
Ebbene è proprio a Bisignano che, in una piccola chiesetta, da tempo chiusa al culto, S. Bartolomeo, che sovrasta il quartiere della Giudecca, si conserva ancora un dipinto che rappresenta il martirio di San Bartolomeo.
Si tratta di un’opera unica e per certi motivi straordinaria che, alcuni anni fa fece parte di una grande mostra itinerante organizzata dal Ministero degli Esteri della Germania che ha girato tutto il mondo e che comprendeva tutte le espressioni d’arte realizzate nei Campi di concentramento e di sterminio nazisti.
Il dipinto è opera di Michel Finghesten, docente nell’Accademia delle Belle Arti di Berlino, ospite del Campo di Ferramonti di Tarsia sino al 1943, poi deceduto a Cosenza in seguito ad unattacco di appendicite, a cui il dipinto era stato commissionato dal parroco della chiesetta, don Peppino Savaglia che era diventato amico del docente tedesco e che voleva affidare al culto dei suoi parrocchiani il dipinto del martire cui era dedicata la sua chiesa.
L’opera che, magari, dal punto di vista puramente artistico, non è di grande valore, costituisce un documento raro ed unico nella nostra regione tanto che, spesso, gruppi di studiosi tedeschi ebrei vengono ad ammirarlo.
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