Celebrato il Giorno della Memoria al Tribunale di Cosenza

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<L’esercizio collettivo della memoria contribuisce a mantenere alta l’attenzione sui fenomeni criminali ed eversivi ed aiuta le istituzioni che li combattono a sentirsi meno soli.

In questa direzione molto ha prodotto la Commissione regionale contro la ‘ndrangheta, attraverso iniziative in cui abbiamo ospitato persone come Suor Carolina Iavazzo, collaboratrice di Don Pino Puglisi, indimenticato sacerdote assassinato a Palermo nel 1993, prossimo alla beatificazione, e Simona Dalla Chiesa, figlia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Ma anche celebrando il 21 marzo insieme all’Associazione Libera la giornata della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime della ‘ndrangheta

Incontri che ci hanno anche fornito l’occasione di entrare nelle scuole e nelle piazze di piccoli e grandi comuni per parlare di ‘ndrangheta e portare avanti quell’opera di sensibilizzazione culturale, di educazione alla legalità ed al rispetto delle regole che ritengo fondamentale per sottrarre terreno all’avanzata delle cosche ed alle quali abbiamo però affiancato una corposa attività legislativa.

Il nostro prossimo obiettivo, l’obiettivo della Commissione contro la ‘ndrangheta, è quello di sintetizzare tutte le norme regionali di contrasto all’illegalità in un unico codice delle norme antimafia. Giovedì prossimo riuniremo a Reggio Calabria i rappresentanti delle tante associazioni che operano in Calabria per contrastare il pizzo, il racket, le estorsioni, l’usura e tanti altri odiosi fenomeni criminali che frenano lo sviluppo economico e sociale della nostra terra. Con loro lavoreremo alla stesura di una legge organica da sottoporre al consiglio regionale>.

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Lo ha annunciato Salvatore Magarò, Presidente della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta della Calabria, intervenendo questa mattina nella biblioteca “Michele Arnoni” del Tribunale di Cosenza alla celebrazione del “Giorno della Memoria”, istituito con Legge dello Stato 4 maggio 2007, n. 56, per ricordare tutte le vittime del terrorismo e delle mafie, e che ricorre il 9 maggio, nell’anniversario della morte di Aldo Moro.

L’iniziativa è stata organizzata dalla Commissione regionale contro la ‘ndrangheta della Calabria d’intesa con l’Ordine degli Avvocati di Cosenza, presieduto da Oreste Morcavallo che ha introdotto e moderato i lavori alla presenza del Prefetto Raffaele Cannizzaro, del Questore Alfredo Anzalone, del Comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri Francesco Ferace. Hanno portato il loro contributo con un breve intervento di saluto il Procuratore della Repubblica Dario Granieri, l’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano Mons. Salvatore Nunnari, la rappresentante dell’ANM Manuela Morrone.

La relazione conclusiva è stata svolta dal magistrato della DDA di Napoli Vincenzo D’Onofrio, contro il quale nel 2011 i clan camorristici di Acerra avevano progettato un attentato, per interrompere la sua instancabile attività di contrasto alla criminalità organizzata. D’Onofrio per nove anni ha lavorato in Calabria, nelle procure di Vibo Valentia e Reggio.

<L’Italia detiene il poco invidiabile record di magistrati uccisi, ben 26 dal 1969 ad oggi – ha detto tra l’altro D’Onofrio nel corso del suo intervento – Servitori dello Stato assassinati nell’adempimento del proprio dovere. Fondamentalmente – ha aggiunto – il compito di un magistrato è quello di farsi i fatti degli altri mentre nel nostro Paese vige un principio radicato e sedimentato: quello di farsi i fatti propri e di voltare lo sguardo da un’altra parte anche di fronte a fenomeni ambigui o illegali, nella convinzione che si campi di più e meglio. Ecco, il mafioso è per istituzione colui che si fa i fatti propri e prospera nel silenzio degli altri. Per questo dobbiamo coltivare la memoria, affinché le istituzioni non rimangano inermi e sorde di fronte all’avanzata del crimine, ma soprattutto non rimangano mute. Le parole possono essere un’arma formidabile per contrastare le cosche. Don Puglisi o Giancarlo Siani o don Giuseppe Giovinazzo non avevano bazooka a loro disposizione, ma la forza delle parole che scuote le coscienze e risveglia l’animo. Sant’Agostino – ha concluso il giudice D’Onofrio – diceva che la speranza ha due bei figli. La rabbia del vedere come vanno le cose ed il coraggio del vedere come potrebbero andare. Dobbiamo animare la speranza di rabbia e di coraggio. E ricordarci sempre che girare la testa dall’altra parte e alimentare l’indifferenza equivale a condannare la nostra società ad una lenta agonia che giorno dopo giorno la porterà alla morte>.

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Author: Cristina

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