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Il Tribunale di Rossano in funzione di giudice monocratico penale, dott.ssa Francesca De Vuono, ha assolto perché il fatto non sussiste il trentottenne rossanese M.C. – assistito e difeso dagli avvocati Ettore Zagarese e Giuseppe Vena entrambi del Foro di Rossano – dall’accusa di aver violato la normativa circa la legislazione imposta ai sogggetti sorvegliati speciali di non associarsi con persone aventi lo status di pregiudicati al fine della prevenzione della eventuale commissione dei reati da parte dei soggetti.
M.C., soggetto sorvegliato speciale, era stato deferito presso la Procura della Repubblica di Rossano perché, essendo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, giusto decreto applicativo del Tribunale di Cosenza Sezione Prima delle Misure di revenzione datato 05.11.2008, non ottemperava alle prescrizioni ivi impostegli, di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne o sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, infatti dal controllo effettuato dagli
agenti del Commissariato di Polizia di Stato di Rosano, in data 12.10.2009 alle ore 14:00 notavano, che all’interno di noto esercizio commerciale di ristorazione della Città bizantina, era in corso un ricevimento ed M.C. colloquiava con 14 persone con le quali secondo il suo status di sorvegliato speciale non poteva accompagnarsi.
All’udienza dibattimentale l’uomo era assistito e difeso dagli avvocati Ettore Zagarese e Giuseppe Vena, mentre a sostenere la Pubblica Accusa era il Pubblico Ministero dott.ssa Mirella Gabrieli, che provvedevano ad escutere l’agente di Polizia di Stato che aveva visto l’uomo in compagnia dei soggetti con i quali non poteva accompagnarsi.
Termina la sua escussione, gli avvocati Zagarese e Vena avanzano al Giudice richiesta di definizione immediata del fatto giuridico per cui era processo sostenendo, in sede di arringa, che l’uomo trovavasi all’interno di un esercizio di ristorazione aperto al pubblico – e quindi frequentabile da chiunque, per cui mancava la prova dell’associazione richiesta – e soprattutto rammostravano al giudicante come l’imputato non poteva essere punito penalmente, stante il tenore letterale della violazione a lui addebitata, che richiede, affinchè si possa giungere alla punizione, del carattere della abitualità della frequentazione con soggetti pregiudicati e quindi chiedevano di assolvere l’uomo dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste.
Il Pubblico Ministero si associava alle determinazioni difensive dei legali Zagarese e Vena ed il Giudice rientrando dalla camera di consiglio, a cui aveva riservato la decisione, assolveva l’uomo perché il fatto non sussiste.
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