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In ottemperanza all’Accordo sindacale del 17/1/05, che prevede, per il personale riconosciuto dalle competenti strutture sanitarie inidoneo in via definitiva, l’inquadramento in nuovi profili professionali, il dipendente Maurizio Palazzo, operante presso le Ferrovie della Calabria per ben 29 anni con la qualifica di Operatore di esercizio, in ragione dell’accertata inidoneità, veniva inquadrato nel profilo professionale di Operatore Qualificato della Mobilità, con mansioni di verifica dei titoli di viaggio.
Questo ha comportato, naturalmente, un significativo abbassamento di parametro, ossia dal par. 183, corrispondente alla precedente qualifica di operatore di esercizio al par. 151, relativo, invece, al nuovo profilo nel quale risulta inquadrato dall’anno 2010.
Uno squilibrio ed una sproporzione notevoli, certamente non degni di un lavoratore che da oltre 32 anni presta servizio alle dipendenze delle Ferrovie della Calabria.
E’ quanto si legge in una nota dell’Associazione Bene Comune Calabria.
Uno squilibrio ed una sproporzione – espone il Presidente Filomena Falsetta – confermati dallo stesso art. 3 della “Disciplina nazionale relativa al personale inidoneo”, che predilige l’inquadramento nello stesso livello contrattuale, professionale e retributivo.
Ancora, lo stesso CNL Autoferrotranviari di certo non prevede solo ed esclusivamente il profilo di operatore qualificato della mobilità, ma all’art. 2 sulle “Norme relative alla nuova classificazione del personale addetto ai servizi di trasporto pubblico e della mobilità” stabilisce che la nuova classificazione del personale si articola in 4 aree professionali (alle quali sono connesse 4 aree operative), istituendo svariati profili collocati nelle suddette aree, che richiedono competenze che senza ombra di dubbio non avrebbero rappresentato un tabù per il dipendente in questione ( specie poi se consideriamo i casi di disparità di trattamento presenti all’interno dell’Azienda e citati dallo stesso dipendente) e che gli avrebbero di certo consentito di mantenere approssimativamente il parametro conservato nei 29 anni di servizio.
Pertanto – prosegue Falsetta – ritengo che il punto cardine della vicenda risieda nell’effettiva individuazione dei criteri che hanno determinato da parte del datore di lavoro l’assegnazione del dipendente a tale profilo piuttosto che ad altri.
Proprio per questo, ho ritenuto imprescindibile – conclude – investire della questione i vertici aziendali, affinchè procedano ad una rivisitazione del parametro legittimamente spettante al lavoratore, nonché le rappresentanze sindacali, che auspico sollecitino la vicenda nelle sedi opportune, rendendosi promotori di iniziative a tutela del dipendente, ma rientranti, in realtà in un’ottica ben più ampia: la tutela dei diritti che sottendono a quel raro bene comune che è il lavoro.
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