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Per la comunità di Nocera Terinese (Cz) la Pasqua rappresenta un momento di profondo rinnovamento spirituale, morale e culturale che si attua attraverso la celebrazione di riti religiosi e il ripetersi di tradizioni, a volte violente, che si svolgono puntualmente durante la Settimana Santa.
Una di queste manifestazioni è quella dei “Vattienti” che richiama nel paese di Nocera Terinese (Cz) molti curiosi, giornalisti, fotografi, studiosi attratti dalla singolarità della cruenta pratica che rimanda al mito primordiale del sangue o agli esercizi penitenziali dei battenti o flagellanti del medioevo cristiano. Il rito secolare dei “Vattienti”, in molti casi, tramandato da padre in figlio, si svolge, per alcuni, la sera del Venerdì Santo, per altri, Sabato Santo, nel corso della processione della Pietà lignea, pregevole opera seicentesca realizzata da scultori napoletani.
All’improvviso, mentre la banda diffonde per le vie del paese marce funebri e le donne, che seguono la processione, cantano meste nenie dialettali, appare un vattiente o flagellante o più vattienti, legati ciascuno con una lunga corda all’Ecce homo, un individuo che porta sulle spalle una croce di legno con i bracci obliqui avvolta da bende e nastri di tessuto scarlatto.
Entrambi, seminudi e con il capo cinto da una corona di spine, sono accompagnati da un portatore di vino. Avanzando velocemente, tutti e tre uomini si fermano al cospetto della Pietà dinanzi alla quale il flagellante si fa il segno della croce e si genuflette, poi con forza, dopo aver iperemizzato o “arrosato”, come si suole dire in gergo, le cosce e i polpacci con la “rosa”, un disco di sughero, inizia a battersi con il “cardu”, altro disco di sughero su cui sono infissi tredici acuminati pezzetti di vetro, detti “lanze”.
Il sangue comincia a sgorgare abbondantemente scivolando sul terreno mescolato con il vino, versato dal portatore sulle ferite, e lì resterà fino a quando la pioggia o il tempo ne cancellerà ogni traccia. Dovunque permangono i segni del passaggio del flagellante e dovunque si respira l’aspro odore di sangue e di vino. Terminata la cruenta operazione, i tre si allontanano per ripetere in altri luoghi la flagellazione, sui sagrati delle chiese, davanti alle croci, ai calvari, davanti alle porte delle case degli amici per i quali si nutrono sentimenti di affetto, amicizia o gratitudine.
I motivi che inducono i noceresi alla flagellazione sono per lo più legati alla devozione alla Pietà o Addolorata o al voto, cioè alla promessa, assunta nei confronti della divinità per chiedere la grazia o per ringraziare per averla ricevuta. Grazia che spesso attiene alla salute di familiari o di amici. Terminato il giro, i tre amici si recano nel luogo della preparazione dove il vattiente blocca la fuoriuscita del sangue detergendo le ferite con ripetuti infusi di acqua e rosmarino e, dopo essersi ripuliti e aver indossato i vestiti della festa, i tre uomini si uniscono ai fedeli che seguono la lunga e lenta processione che si snoda per tutto il giorno attraverso le vie e i vicoli del paese.
Alcuni ritornano a portare la statua riprendendo il posto che avevano temporaneamente lasciato. Alla domanda chi siano i “Vattienti”, il professore Ernesto Pontieri, illustre storico, due volte Rettore dell’Università di Napoli e nativo di Nocera Terinese, risponde : «Sono uomini che adempiono il voto o praticano la devozione, una volta tramandata da padre in figlio, di flagellarsi pubblicamente, a ciò mossi dall’intento di castigare la carne, strumento del peccato, ed unirsi spiritualmente e sensibilmente a Cristo nelle sofferenze che precedettero la sua Crocifissione».
Riguardo alle origini il professore Pontieri sostiene che «probabilmente l’introduzione dei “Vattienti” a Nocera Terinese avvenne nel corso del secolo XIV, per la presenza in tale epoca di Compagnie di Flagellanti in diversi centri dell’Italia meridionale, ma – continua l’illustre storico – può discendere anche al secolo successivo, periodo per Nocera di particolare fervore religioso, come testimoniano l’arrivo nel suo territorio degli Agostiniani e dei Minori Conventuali, che educati all’ascetica medioevale, vedevano nella violenza mortificatrice della carne una purificazione».
Per quanto attiene alla cerimonia che si svolge a Nocera la Settimana Santa, il professore Antonino Basile, fondatore del Museo Etnografico di Palmi e della rivista “Folklore di Calabria”, afferma che «essa risente della concezione medioevale e della partecipazione alle sofferenze di Cristo, ma le origini di essa non sono cristiane né medioevali ma rimandano ai riti propiziazione della fecondità della terra, per la morte di Attis, Adone e di altre divinità della vegetazione, destinata a rinascere e risorgere attraverso l’offerta del sangue da parte del sacerdote o del fedele».
Lina Latelli Nucifero
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