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Il gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme ha appena eseguito una complessa ordinanza di sequestro preventivo di numerosi beni appartenenti alla ‘ndrangheta locale.
Il provvedimento, adottato ex art. 12 sexies della legge 356/92, è stato emesso dal Tribunale di Lamezia Terme, su conforme richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, articolata sulla base delle informative della Guardia di Finanza.
La misura patrimoniale è stata attuata nei confronti di un soggetto di “spicco” della locale cosca criminale e di altre quindici persone fisiche (tra familiari e prestanome).
Si tratta di un ulteriore sviluppo – attuato questa volta sul piano patrimoniale dalla Guardia di Finanza – della nota operazione “Perseo”, che lo scorso anno ha disarticolato l’agguerrita organizzazione criminale.
I finanzieri lametini – operando questa volta quale Polizia economico Finanziaria, a completamento degli aspetti di Polizia giudiziaria, hanno ora concentrato l’attenzione verso i patrimoni illecitamente accumulati, quali frutto delle svariate attività criminali compiute negli scorsi anni.
Gli sforzi investigativi hanno condotto al sequestro odierno, che ha avuto come oggetto tutti i beni che sono risultati nella
disponibilità dell’imputato per associazione mafiosa e altri gravi reati, anche se gli averi risultavano formalmente intestati a diversi familiari, vari prestanome e societa’ controllate. I mirati accertamenti patrimoniali e reddituali delle Fiamme Gialle,
coordinate dalla Procura Distrettuale del capoluogo calabrese, sono infatti riusciti a dimostrare, in circa sei mesi di approfondimenti indagativi, che i beni sequestrati sono di valore del tutto sproporzionato ed ingiustificato rispetto ai redditi leciti dichiarati.
Ricostruendo compiutamente una fitta rete di atti relativi a compravendite e trasferimenti di proprietà di terreni, fabbricati e
quote societarie, nonchè mediante approfondite indagini finanziarie e reddituali, è stato infatti pazientemente delineato dai finanzieri il reale tenore di vita di tutti i soggetti investigati.
Ciò ha consentito alle Fiamme Gialle di fornire alla Magistratura adeguati e consistenti elementi di prova per disporre il sequestro dei patrimoni rivelatisi di origine illecita o ingiustificati nel loro possesso, il cui valore si attesta in oltre due milioni e centomila euro.
La misura ablatoria ha riguardato, nello specifico:
1. Diversi terreni agricoli ed edificabili ubicati in Lamezia Terme e dintorni;
2. Un lussuoso condominio con piscina, dimora dell’imputato e dei suoi familiari, in Lamezia Terme;
3. Una villa, ubicata in Nocera Terinese (Cz);
4. Un’altra villa, esistente in Lamezia Terme;
5. Un capannone ad uso industriale ed artigianale in Lamezia Terme;
6. Quote societarie di due società riconducibili all’imputato, aventi anch’esse sede nella città della piana;
7. Otto autovetture di varie marche e tipologie ed un motociclo di elevato valore.
8. Disponibilità finanziarie e titoli di diverso genere, rinvenuti nei conti e depositi bancari.
Come accennato, tra i numerosi beni sequestrati ve ne sono molti, anche di elevato pregio, intestati, oltre che a prestanome, anche a dei congiunti dell’imputato, formalmente estranei alle vicende penali che riguardano quest’ultimo.
L’apprensione di tali beni è stata comunque disposta dal Tribunale poichè trattasi di cose delle quali stanno fruendo i congiunti medesimi dell’imputato, nella consapevolezza che sono state acquisite con proventi di attività illecite condotte dal parente imputato.
Un dato interessante che viene confermato dalle indagini patrimoniali svolte dai finanzieri nel contesto argomentato concerne la mancanza di veicolazione, tra i sodali della cosca, di informazioni che riguardano investimenti o spese effettuate dai singoli.
Anzi, emerge ancora una volta l’evidente, reciproca diffidenza tra gli affiliati a far conoscere le rispettive disponibilità accumulate e il loro impiego.
Nessuna informazione utile in merito (salvo qualche mero indizio) è stata fornita dai vari collaboratori di giustizia, seppure gli stessi siano stati più volte escussi specificatamente sul punto, poiché effettivamente nessuno era in grado di fornire indicazioni sufficienti e utili all’individuazione dei beni e delle disponibilità finanziarie degli altri sodali.
Tali “cautele” non sono risultate comunque sufficienti ad eludere le indagini ed evitare il sequestro da parte dei finanzieri, coordinati dalla magistratura.
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