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Riceviamo e pubblichiamo:
Come ogni anno, in occorrenza della festività di Sant’Antonio e di San Pietro e Paolo, le strade di Lamezia accolgono la fiera che ospita centinaia di bancarelle.
Un evento così, richiederà certo un’attenta supervisione dei vigili urbani, impegnati nell’assegnazione dei posti e nella vigilanza. È importante, infatti, controllare che tutti gli ambulanti siano in regola e che non vendano merce contraffatta.
Questo mercato nero di borse, scarpe e altri accessori griffati è, infatti, pericolosissimo per l’economia delle grandi marche. Non si tratta dunque di qualità, infatti spesso i capi che si acquistano in una boutique o da questi ambulanti, sono i medesimi, semplicemente non hanno ottenuto la certificazione da parte del marchio per cui sono stati prodotti.
A denunciarlo pubblicamente sono stati diverse volte numerosi giornalisti. A fare la differenza,quindi, non è il “made in Italy”, ormai quasi inesistente, né la qualità dei tessuti e dei materiali utilizzati ma solo una questione di immagine, di “brand identity”, semplicemente un “trade mark” e niente più. Sequestri dunque, come lotta in difesa del capitalismo.
Ma se il sequestro di merce contraffatta rientra nella legalità secondo le leggi dello Stato Italiano, quello che invece salta all’occhio è il modus operandi con cui viene effettuato. Un sequestro, ai fini di legge, deve essere accompagnato da un verbale che indichi il tipo di merce contraffatta e la quantità, una copia poi, deve essere data a colui che ha subito il sequestro. Capite che questo è necessario affinché il sequestro non sia arbitrario e soprattutto affinché la merce sequestrata finisca al comando e non nelle mani di qualche furbetto. Se questo però non avviene è lecito pensare che qualcuno stia commettendo un abuso.
Di questo parere è anche la persona che ha subito il sequestro e che pertanto ha richiesto più volte il verbale che però non è riuscita ad ottenere. Questa ragazza, che per qualche assurda coincidenza è di origine straniera come tutti gli altri che hanno subito controlli, fermi e sequestri da parte dei vigili urbani, ha spiegato di aver avuto già parecchi problemi con l’autorizzazione. Dopo essere stata al comando e agli uffici comunali, le è stato detto di attendere tra le bancarelle perché la regolarizzazione sarebbe stata effettuata verso le 7 del mattino dai vigili che passavano a controllare.
La ragazza che ha atteso invano il primo giorno, si è recata nuovamente a chiedere spiegazioni ed ha ottenuto la stessa risposta del giorno prima. Quando poi, finalmente, verso le 18 i vigili sono passati per la fiera anziché assegnarle il posto come le avevano detto hanno proceduto al sequestro della merce, ritenuta contraffatta. Parecchie persone hanno assistito alla scena e qualcuno si è avvicinato per capire cosa è successo e cercare di mediare.
Ma forse è solo un caso isolato. Peccato però, che la fiera è costellata di episodi come questi, a raccontarlo sono sia i venditori ambulanti di origine straniera e sia qualche passante che ha assistito a scene come queste e non ha potuto far niente. I vigili infatti gradiscono poco che qualcuno si intrometta mentre loro lavorano, anche se chi lo fa è mosso dal solo intento di aiutare il malcapitato, soprattutto perché spesso non parla neanche bene l’italiano.
L’anno scorso, durante la medesima fiera, un ragazzo senegalese andò dai vigili a chiedere di ottenere una postazione e questi gli risposero che ormai non era possibile perché era troppo tardi, e che avrebbe dovuto recarsi presso gli uffici comunali. Ma il ragazzo, che partecipava alla fiera da qualche anno, si lasciò sfuggire che non era affatto a conoscenza di questi procedimenti e che per gli anni passati era bastato arrivare alla fiera, montare la bancarella e attendere i vigili ai quali poi pagava il posto. I vigili gli risposero che non era affatto possibile e che lui provava solo a fare il furbo, e quando il ragazzo ha provato a spiegarsi ancora una volta, gli è stato risposto che se continuava gli sequestravano pure la roba. A questo punto, è intervenuto un legale, che assistendo alla vicenda ha cercato di mediare tra le parti. Alla fine il ragazzo non ha ottenuto il posto ma almeno ha evitato un inutile sequestro.
La vicenda, non vuole raccontare nulla più di quello che racconta, ovvero di un ragazzo che cerca di spiegarsi e che non viene ascoltato, di soldi che vengono dati e che potrebbero lasciare spazio a qualsiasi tipo di interpretazione e di un’arroganza che sparisce appena si ci trova davanti qualcuno che di legge ne sa sicuramente più di te.
Ma i vigili non dovrebbero anche controllare che le strutture adibite per l’evento siano sicure? Le giostre, ad esempio, che rappresentano l’attrazione più frequentata da bambini e ragazzi, non dovrebbero rispettare dei criteri di sicurezza? Le caratteristiche tecniche di questi criteri spettano sicuramente ai sopralluoghi dei tecnici, ma l’evidenza della precarietà delle basi su cui alcune giostre sono situate è constatabile da tutti. Enormi ammassi di ferro, che ospitano decine e decine di ragazzi per volta, sono situati su semplici blocchi di cemento, che come tutti sappiamo, proprio perché all’interno bucati, potrebbero sotto sforzo cedere e spaccarsi. Dunque, appare un po’ ridicolo tanto rigore nel controllo della merce e poi, invece, tanta tranquillità verso quelle situazioni che potrebbero rappresentare un reale pericolo.
Senza parlare poi, delle liti che scattano tra i venditori ambulanti. Gli italiani, infatti, sembrano coalizzarsi contro gli stranieri. Almeno questo è quello che emerge, dopo l’ennesima lite avvenuta tra due ambulanti ieri pomeriggio.
Una sorta di guerra, che sembra ripetere la solita triste e stupida cantilena: “Gli stranieri ci rubano il lavoro”
E così, tra controlli, abusi e risse, il Santo è passato anche quest’anno…
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