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Riscoprire il senso della libertà attraverso le riflessioni, nascoste tra le mura di un carcere, da parte di quindici ergastolani privati di qualsiasi beneficio e costretti a trascorrere in carcere il resto della loro vita.
E’ questa la straordinaria opportunità offerta dalla lettura de “La mia vita è un romanzo”, il volume pubblicato dalla casa editrice catanzarese “Edizioni La Rondine” che ha voluto raccogliere i racconti frutto del laboratorio di scrittura creativa tenuto lo scorso anno nel carcere di Catanzaro.
Il libro è stato presentato nella giornata di giovedì 23 febbraio alla Casa circondariale di Catanzaro alla presenza di una nutrita rappresentanza istituzionale e di un centinaio di detenuti che hanno avuto la possibilità di seguire il dibattito. Il laboratorio ha visto come protagonista l’attore e regista Eugenio Masciari, attivo dal 1972 sia in teatro che nel cinema e nella televisione al fianco di maestri del calibro di Giorgio Strehler, Nanni Moretti, Mario Monicelli e Roberto Benigni.
I partecipanti al corso di scrittura, superando i propri limiti concettuali e culturali, hanno tradotto su carta i loro pensieri su temi come libertà, giustizia, libero arbitrio, fisica quantistica e teologia, traendo spunto dalle riflessioni illustri di Platone, Sofocle, Faust, Shakespeare, Gesù. «Il volume ha consentito di conoscere l’animo di alcune persone costrette a vivere in uno stato di isolamento totale che si sono confrontati sui problemi fondamentali dell’esistenza – ha detto Masciari durante la presentazione -.
E’ un libro che parla a tutti quelli che stanno fuori attraverso la voce di chi, condannato a fine pena mai, sperimenta il senso autentico della libertà mentale ed è capace di trasmettere sentimenti puri». L’esperienza ha rappresentato una valida opportunità per consentire ai detenuti di vivere un importante momento rieducativo: «Troppo spesso si parla del detenuto solo nel momento del processo e quando questi entra in carcere ce ne si dimentica presto – ha commentato Angela Paravati, direttrice della Casa Circondariale di Catanzaro -.
Per fronteggiare lo stato di sovraffollamento del nostro istituto cerchiamo di fare in modo che i detenuti stiano il più possibile fuori dalla cella attraverso un’attività progettuale sempre più articolata. Oggi si sta creando una rete sul territorio e, mai come in questo periodo, abbiamo bisogno del supporto degli enti locali e del mondo del volontariato per realizzare iniziative importanti senza particolari spese per l’amministrazione».
Per l’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, mons. Vincenzo Bertolone, «è significativo il fatto che, per comprendere l’importanza della vita, se ne debba parlare con gli ergastolani – ha detto -. Il libro è attraversato dal filo rosso della speranza. Dobbiamo imparare a riconoscere i nostri limiti e a chiedere perdono in un periodo in cui è sempre più difficile ammettere i propri errori. Solo operando nell’amore è possibile superare le tendenze negative e far sì che il nostro animo accolga la pace». Il volume è stato utile a porre all’attenzione dell’opinione pubblica le problematiche del reinserimento sociale dei condannati e del rispetto del principio di legalità.
«Attraverso questa iniziativa la direzione del carcere ha dato prova di grande sensibilità – ha commentato il Vicario del Provveditore regionale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Rosario Tortorella – aiutando i detenuti a credere in una seconda opportunità nel rispetto dei principi di umanità, dignità e responsabilità». Il dibattito – moderato dalla giornalista Assunta Panaia e arricchito dalla lettura di alcuni passi del volume attraverso la voce dell’attrice Anna Macrì del “Teatro di Calabria Aroldo Tieri” – ha fornito anche alcuni spunti circa il dibattito sull’abolizione dell’ergastolo ostativo: «Questo è un problema di cui si discute da anni e che deve essere affrontato dal legislatore – ha detto il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro, Maria Antonietta Onorati -.
L’ergastolo è sicuramente una pena inumana che toglie la speranza e limita il principio costituzionale del fine rieducativo della pena. Su questo campo l’associazione Antigone si batte da tempo, ma la soluzione sarà sempre lontana se non si allenta la morsa dell’emergenza della criminalità organizzata».
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