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Il direttore generale dell’Asp Dott. Gerardo Mancuso interviene in merito al reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme, spiegando la reale situazione che si è venuta a creare nell’unità operativa lametina.
“Con il blocco del turnover – ha affermato il direttore Mancuso – molti reparti ospedalieri della Regione Calabria sono andati in crisi per effetto dell’andata in quiescenza di personale medico specialistico. Nella Regione si registrano difficoltà in moltissime unità operative, soprattutto dove vengono svolte attività specialistiche di nicchia, come Neurochirurgia, Chirurgia vascolare, Neonatologia, Cardiochirurgia e Radiologia. Turnover che ha determinato una situazione di precarietà, in quanto in molti reparti non è presente il numero minimo di medici necessario per assicurare le attività ordinarie, creando così delle difficoltà nella gestione. In questa situazione c’è la Neonatologia, il cui numero di specialisti nell’area di centro (che va da Crotone a Vibo) è costituita da 10 neonatologi a Lamezia, 7 neonatologi a Catanzaro, 6 neonatologi a Crotone e 6 neonatologi a Vibo”.
“L’Azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio – ha spiegato Mancuso – ha deciso, per la grave carenza di personale, di procedere all’assunzione di personale, che però è stata negata dai commissari. Per questo ha optato per la mobilità, pensando di reclutare qualche unità in periferia, soprattutto al di fuori dell’area di centro, dove qualche medico probabilmente è in sovrannumero. Da questa operazione, autorizzata solo ed esclusivamente dal Generale Pezzi, senza il parere del Dipartimento della Salute della Regione Calabria, si è proceduto alla formulazione di una graduatoria. In questa graduatoria nei primi tre posti ci sono due neonatologi dell’Asp di Catanzaro, in particolare del TIN di Lamezia, che hanno chiesto il trasferimento nel mese di aprile, che però è stato rifiutato dal sottoscritto, proprio per non mandare in difficoltà il TIN di Lamezia”.
“Nel mese di giugno – ha evidenziato Mancuso – le due neonatologhe lametini hanno chiesto l’aspettativa per un anno, aspettativa che è un obbligo di legge e quindi l’Azienda non ha potuto negare, nonostante si è cercato di tergiversare. Per effetto di questa aspettativa, in difformità anche agli accordi verbali assunti dal management del “Pugliese-Ciaccio” in presenza del Direttore dell’assessorato alla Sanità Orlando, si è proceduto in maniera unilaterale all’assunzione delle due neonatologhe, che hanno firmato un contratto con l’ospedale catanzarese. Il problema della Tin nasce della carenza di organico, nasce da questa storia: da un atto di imperio da parte del Pugliese Ciaccio il TIN di Lamezia trova un minimo di difficoltà, perché si passa da 10 a 8 neonatologi”.
“A questo punto – ha sottolineato il dg – con il Presidente Scopelliti e il dott. Orlando ci siamo seduti ad un tavolo e abbiamo trovato una soluzione, cioè quella di mettere insieme tutti i neonatologi dell’area di centro, istituendo un compenso di attività, per cui questa situazione può essere utile proprio in questa fase delicata per coprire alcune attività, soprattutto pensiamo alle attività notturne e ai turni festivi. Tutto questo nelle more che giorno 16 luglio si sblocchino le deroghe e quindi si dia corso alle assunzioni dei neonatologi”.
“Ovviamente questa situazione – ha affermato Mancuso – non riguarda solo la Neonatologia: noi siamo in attesa delle deroghe per il Pronto Soccorso di Lamezia, perché dobbiamo aprire l’Astanteria, la Radiologia per abbattere le liste di attesa e non riusciamo ad erogare maggiori prestazioni relative a TAC e risonanza. Esiste una difficoltà dovuta al Piano di rientro, che ricordo è stato sottoscritto dal Presidente Loiero, in controtendenza rispetto a quello che hanno fatto le altre Regioni, basta pensare la Regione Sicilia non ha sottoscritto un Piano di rientro ma si è sottoposta ad un Piano autonomo senza commissariamento, così ristretto come lo abbiamo avuto noi in Calabria. Questa situazione non è dovuta a una cattiva gestione da parte dell’Asp, ma nasce dal Piano di Rientro e dalla difficoltà obiettiva di trovare mezzi e uomini per coprire le attività”.
“Le deroghe – ha aggiunto il dg – certamente daranno un sollievo alla attività che stiamo svolgendo, tuttavia bisogna ricordare che per effetto del Piano di rientro e per effetto del decreto 18, l’ospedale di Lamezia Terme avrebbe dovuto chiudere il 30% di attività e se non ci fossimo stati noi, questo lo dico non per presunzione ma per pura verità, le attività sarebbero state chiuse. Noi non solo abbiamo garantito le attività, ma abbiamo anche messo le basi per aprirne di nuove e per dare a questo ospedale una dignità di livello regionale. Chi paventa chiusure, dice una falsità, dice una cosa non vera ed alimenta dubbi e sospetti che non giovano all’immagine della Città di Lamezia. Il sindaco Speranza, con cui ho un canale di comunicazione, ha sollecitato nei termini istituzionali e nei modi molto garbati e anche soluti una soluzione che allenti la morsa del Piano di rientro, questa credo sia la vera soluzione alle difficoltà cui abbiamo dinanzi. Ad onor del vero, il Presidente Talarico segue attentamente il corso delle questioni ed è determinato a garantire il decorso del progetto di riorganizzazione, tutela e d’immagine di Lamezia, con un’azione continua con gli organi preposti. La difficoltà assistenziale non riguarda solo l’ospedale di Lamezia, basta pensare che nella vicina Catanzaro tutte le specialità sono andate in crisi, il pronto soccorso ha file di attesa di 24 e 36 ore, proprio perché vi sono difficoltà gestionali. Noi siamo convinti che le difficoltà che stiamo attraversando non dipendono dalla gestione, ma dal sistema eccessivamente rigido che stiamo subendo. E uno dei motivi per cui vi è questa rigidità ministeriale nei nostri confronti è la mancanza di autorevolezza e di fiducia, che deriva da una storica incapacità di dimostrare una serietà organizzativa. I tavoli ministeriali non ci considerano come Regione affidabile e quindi facciamo molta difficoltà a fare passi in avanti”.
“Tuttavia in questi ultimi, soprattutto in quest’ultimo anno e mezzo – ha concluso Mancuso – noi abbiamo scalato le vette: non siamo l’ultima Regione d’Italia, e questa è già una notizia, abbiamo realizzato attività egregie sul territorio. I processi di cambiamento hanno bisogno di almeno, come ho detto all’inizio del mio mandato, di almeno 7/8 anni, a distanza di tre anni ancora non siamo neanche a metà di quello che pensiamo di fare. Non è soltanto un problema finanziario, ma è l’erogazione di servizi che è ostacolata da questa eccessiva rigidità Ministeriale”.
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