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Povertà, disoccupazione, prostituzione, ma anche ‘ndrangheta, usura, truffe allo Stato e alle assicurazioni. Tutto rappresentato rigorosamente in chiave comico-satirica e con un unico filo conduttore: la speranza.
È stato un vero successo di pubblico e di critica la commedia “Chini ‘un spera miaghiu mù spira” che ha chiuso la prima rassegna in vernacolo cittadina “Vacandiandu” organizzata dall’associazione i “Vacantusi”. Una commedia brillante in due atti, scritta e diretta da Alfonso Morelli, che ha catturato l’attenzione del pubblico del teatro Grandinetti per quasi tre ore. Tantissimi i momenti esilaranti, ma tanti anche quelli di riflessione, che hanno dimostrato il talento degli attori, soprattutto perchè si è trattato di un debutto per quanto riguarda questa commedia.
La storia è ambientata negli anni ’60 e ’70, epoca in cui il dialetto nicastrese, lingua prevalentemente della gente umile e semplice, con la sua genuinità, riusciva ancora a rendere più visivo il pensiero. La scenografia è quella di un soggiorno di una casa abitata da una famiglia molto umile. Protagonista della storia è Raffaele Forzuto (interpretato da Walter Vasta), disoccupato e sposato da due anni con Savina Premuroso (Angela Gaetano). I due non hanno figli proprio per le difficoltà economiche, così come da due anni non pagano l’affitto della casa al padrone Antonio Silvati (Alfonso Morelli) che tenta in tutti i modi di recuperare quanto dovuto. Avanza dei soldi anche Giuanni (Paolo Morelli), proprietario di un oliveto che per fare guadagnare qualcosa a Raffaele lo chiama per potare gli alberi di ulivi, ma l’amico inesperto anzicché fare un buon servizio, non fa che rovinare tutto il fondo.
In soccorso di Raffaele c’è sempre la suocera Teresa (Arianna Perri), insieme alla cognata Rosa (Maria Perri): spesso la suocera utilizza i soldi che il figlio Pietro (Sergio Falvo) manda dal Belgio. Un giorno però Pietro torna in Calabria, anche se è sempre triste perchè non ha un buono lavoro e soprattutto non ha i soldi per sposare la sua amata. Sul palco anche il giovanissimo Mario (Antonio Morelli), il garzone barbiere chiamato a fare la barba al finto morto, e Maria Dolores (Daniela Muraca) una seducente spagnola a caccia di talenti per il cinema.
Tanti problemi economici che spingono Raffaele, la moglie, il cugino Salvatore Lince detto Turuzzu (interpretato da Nicola Morelli) e la figlia di quest’ultimo Linuzza (Sabrina Pugliese), a tentare di truffare il prossimo. A cominciare da Turuzzo che per due volte prova a truffare la sanità pubblica fingendosi prima infermo e poi cieco: truffe scoperte dalla dottoressa Sperandio (Rosa Aiello) della Commissione controllo della Saub.
Un’altro tentativo di truffa è nei confronti dell’assicurazione: la famiglia denuncia infatti un incidente stradale (mai avvenuto). Anche in questo caso il tentativo viene scoperto: questa volta dal maresciallo dei carabinieri Spirone (Vincenzo Muraca) e dall’appuntato Setter (Gianfranco Scardamaglia). Pietro, disperato, si avvicina ad un soggetto malavitoso, ma fortunatamente solo per poco tempo: la famiglia lo fa riflettere e lo fa tornare su suoi suoi passi.
Alla fine la famiglia Forzuto avrà il suo riscatto: perseguendo però la giusta strada e non percorrendo scorciatoie. E questo grazie alla coscienza, questa voce fuori campo che guida ogni uomo, giudice severo e inflessibile, che quando viene ascoltata non può che condurre alla realizzazione della speranza.
Un successo dovuto non solo per la professionalità e l’umiltà che ha contraddistinto gli organizzatori, ma anche per lo scopo benefico di tutta la manifestazione: l’incasso delle serate sarà infatti devoluto alle cooperativa sociale “Le Agricole” di Rita Barbuto, associazione di donne di etnia rom e non, che lavorano e coltivano la terra alla vecchia maniera, producendo prodotti biologici e recuperando la tradizione del suolo.
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