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Una ricostruzione chiara dei fatti relativi alle analisi sui campioni d’acqua provenienti dall’impianto di potabilizzazione dell’invaso Alaco è doverosa da parte dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria (Arpacal).
A tale proposito il direttore generale dell’Arpacal, dr.ssa Sabrina Santagati, ha consegnato questo pomeriggio una relazione, corredata dalla documentazione probatoria, a S.E. il Prefetto di Vibo Valentia, Dott. Michele di Bari, che presiede un apposito tavolo tecnico permanente sulla questione “Alaco”.
“Il 6 dicembre 2012 il personale dell’Asp di Catanzaro – è detto nella relazione – ha prelevato, su due punti dell’impianto in questione, altrettanti campioni che ha consegnato al laboratorio chimico del Dipartimento di Catanzaro Arpacal”.
“L’esito delle analisi svolte dall’Arpacal – prosegue il documento – recava chiaramente la non conformità dei campioni per la presenza dei cloriti oltre i limiti di legge (D.Lgs. 31/01 e s.m.i.) e per tali ragioni, in data 7 dicembre 2012, l’Arpacal ne comunicava i suddetti dati, tempestivamente e con la massima diligenza, agli uffici di Soverato dell’Asp di Catanzaro, competenti per territorio, a cui spettava attivarsi con le opportune azioni a tutela della salute pubblica. Già in quella data, con la suddetta condotta, l’Arpacal interveniva con la dovuta diligenza a tutela dell’ambiente e della salute collettiva, assolvendo pienamente i propri compiti istituzionali principalmente di prevenzione oltre che di protezione”.
Questa mattina il Direttore generale dell’Arpacal, dr.ssa Sabrina Santagati, ha presieduto infatti una riunione fiume con i tecnici di settore per ricostruire le attività dell’Agenzia e le conseguenti comunicazioni trasmesse, chiarendo che non vi è stato alcun ritardo nella comunicazione agli enti preposti sulle analisi eseguite sui campioni.
“L’Arpacal – prosegue il documento – tiene a ribadire che sin dal 7 dicembre 2012 gli esiti delle analisi confermavano la presenza di cloriti in eccesso rispetto alla soglia consentita ex lege, e dunque prefiguravano la non potabilità dell’acqua”.
“Successivamente, il 17 dicembre, l’Arpacal – continua il documento – adempiendo ai propri compiti istituzionali di controllo sugli enti gestori degli invasi e delle condotte idriche destinate alla potabilizzazione per il consumo umano, ha svolto un controllo sullo stesso impianto, il cui esito ha confermato il superamento dei cloriti, dovuto ad un eccesso di clorazione nel procedimento di potabilizzazione dell’acqua, e lo ha comunicato prontamente all’ente gestore Sorical”.
“Vi è di più. L’Arpacal, infatti, ha ritenuto opportuno proseguire l’approfondimento tecnico-scientifico sui campioni prelevati il 6 dicembre 2012 dall’impianto dell’Alaco, sui quali permaneva l’eccesso di cloriti, e quindi la non potabilità. In questa ulteriore indagine veniva individuata una serie di componenti che, nella materia delle analisi per le acque potabili, non sono codificati dalla legislazione vigente: sono i cosiddetti “composti aromatici alogenati derivanti dal benzene espressi come benzene”, anch’essi prodotti dall’eccessiva clorazione nel processo di potabilizzazione, ma non indicati dalla normativa di settore.
Il laboratorio chimico di Catanzaro, in data 28 gennaio 2013, trasmetteva il referto su tale approfondimento scientifico, indicando, per un mero errore materiale, sotto la voce “benzene” (che in realtà corrispondeva a zero) la sommatoria dei valori dei “composti aromatici alogenati derivanti dal benzene espressi come benzene”. Seppure i suddetti valori non presentano la medesima pericolosità del benzene, persisteva comunque la non potabilità dell’acqua a causa della presenza dei cloriti sopra la soglia consentita ex lege, così come comunicata in data 7 dicembre 2012, che non avrebbe potuto escludere l’intervento delle autorità competenti a tutela della salute pubblica”.
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