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Non presenta rischi da radon l’acqua termale di Caronte in Lamezia Terme. Il dato è emerso dalle misure effettuate dall’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, in collaborazione con il Dipartimento ArpaCal di Catanzaro, per la stima della concentrazione del gas radon contenuta nell’acqua utilizzata nell’impianto termale, con l’intento di prevenire eventuali rischi per la salute umana.
Una iniziativa che si inserisce nell’ambito della realizzazione del progetto “la riduzione delle fonti di inquinamento indoor con particolare riguardo al gas radon”, contenuto nel Piano Regionale di Prevenzione. Il radon [222Rn], rappresenta circa il 40% della radioattività naturale, è un gas nobile radioattivo, estremamente volatile, prodotto dal decadimento naturale dell’Uranio-238 [238U], presente soprattutto nel terreno e nelle rocce e tende ad accumularsi negli ambienti confinati fino a rappresentare un rischio significativo per la salute dei soggetti esposti.
Il radon è inodore, incolore e insapore quindi non è percepibile dai nostri sensi. Se inalato, espone ad un rischio una qualsiasi regione dell’apparato respiratorio: naso-faringe, tratto bronchiale, tratto polmonare. E’ molto pericoloso per la salute umana poiché le particelle alfa possono danneggiare il Dna delle cellule e causare cancro al polmone. È infatti considerato la seconda causa di cancro al polmone dopo il fumo di tabacco. L’Agenzia Internazionale per la Ricercasul Cancro [IARC/OMS] ha classificato il radon [222Rn] come agente cancerogeno di gruppo 1.
Lo studio ha voluto mettere in evidenza l’eventuale possibilità che le acque termali, provenendo dal sottosuolo e scambiando sostanze con esso, possano arricchirsi di radon e, una volta raggiunta la superficie, possano rilasciare tale gas nell’aria circostante con susseguente pericolo di inalazione per i lavoratori e pazienti che usufruiscono del servizio. Nel caso trattato, la stima della concentrazione del radon in acqua è inoltre di particolare interesse poiché le acque utilizzate nell’impianto termale non subiscono fasi di trattamenti, manipolazioni o procedure di decantazione con cui, in generale la concentrazione di radon si riduce, ma vengono immesse direttamente nelle vasche o utilizzate direttamente per le diverse terapie.
La normativa italiana stabilisce l’obbligo per i datori di lavoro di effettuare le misure di radon nei luoghi di lavoro interrati e seminterrati (gallerie, tunnel, sottovie, catacombe, grotte) o nei luoghi individuati dalla Regione come aree ad elevato rischio radon. Per la concentrazione del radon nelle acque si fa riferimento alla raccomandazione europea 2001/928/CE sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al radon nell’acqua potabile, in cui viene indicato il valore limite di 1000 Bq/l come soglia oltre la quale le azioni correttive sono giustificate dal punto di vista radioprotezionistico.
La misura, su diversi campioni di acqua è stata realizzata presso il Laboratorio Fisico Ettore Majorana del Dipartimento ArpaCal di Catanzaro. I risultati ottenuti sono rassicuranti poiché i livelli di concentrazione rivelati risultano essere molto al di sotto dei livelli di azione previsti dalle norme vigenti in materia. Il radon è un gas naturale e la sua presenza in acqua, anche in basse concentrazioni, come quelle trovate nei campioni analizzati oltre a risultare ben al disotto delle indicazioni normative è assolutamente frequente.
La ricerca è frutto di un forte interesse del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, Dott. Prof. Gerardo Mancuso e del Presidente del Cda dell’ArpaCal Prof.ssa Marisa Fagà, entrambi sensibili alle problematiche relative alla prevenzione dei rischi per la salute pubblica.
I lavori sono stati effettuati dal dott. Rosario Pirrone, chimico dello SPISAL di Catanzaro e dal dott. Salvatore Procopio, fisico dell’Arpacal, coordinati dalla dott.ssa Emma Ciconte, direttore del Servizio PISAL nell’ambito del Dipartimento di Prevenzione dell’ASP di Catanzaro diretto dal dott. Giuseppe de Vito.
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