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La Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta dal giudice Bianchi, a latere Saullo e Luzzo, ha confermato la sentenza di assoluzione emessa dal GUP del Tribunale di Catanzaro all’esito del giudizio abbreviato il 19 dicembre 2012 nei confronti del dottor. Giuseppe de Vito, Direttore del Dipartimento di prevenzione dell’ASP di Catanzaro, accusato di abuso d’ufficio, atti persecutori e falso in atto pubblico.
In primo grado il professionista, difeso dall’Avv. Francesco Fodaro del Foro di Lamezia Terme, si è avvalso del rito abbreviato, forte della carenza di qualsivoglia riscontro probatorio rispetto alle contestazioni mosse dalla Procura catanzarese.
I fatti, risalenti agli anni 2007-2009, si riferivano all’adozione da parte del Dirigente ASP di una serie di provvedimenti rispetto ai quali due dipendenti, Miroddi e Rimotti, tramite esposto/denuncia, misero in moto l’attività degli inquirenti. La sentenza assolutoria di primo grado era stata impugnata dal Pm titolare dell’indagine e dalla Procura Generale.
Soddisfatto dell’esito della vicenda, il dr. De Vito ha dichiarato: “Non avevo nessun dubbio sul fatto che anche in appello la giustizia avrebbe riconfermato la mia assoluta innocenza e la correttezza del mio operato. Devo però rimarcare che per chi lavora nel complesso mondo della sanità e di quella calabrese in particolare è sempre più difficile garantire con serenità il buon andamento della pubblica amministrazione”.
“Accuse infondate e inesistenti come queste – ha affermato ancora il dr. De Vito – chiaramente riscontrabili nella documentazione allegata sin dall’inizio, non essendosi avvalsa la difesa di nessun’altra investigazione difensiva, possono minare per anni la credibilità di dirigenti istituzionali che lavorano con serietà ed impegno e dovrebbero essere vagliate con più scrupolo prima di dare vita a procedimenti penali di lentezza esasperante. Per non parlare poi – ha concluso il dr. De Vito – del notevole danno economico a carico dell’Azienda che si deve sobbarcare i rilevanti costi dovuti alle difese nonché la ‘distrazione secondaria’, per così lungo tempo, dai compiti istituzionali dei propri alti dirigenti”.
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