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La malattia da una parte. Il paziente dall’altra. L’una a imporre il suo corso. L’altro ad assecondarlo, piegarvisi. In mezzo la rabbia, la paura, l’abbattimento, le domande, la domanda – perché proprio a me. Ma anche la voglia di vivere al massimo, la speranza, la forza. La malattia, il paziente e tutto ciò che vi sta in mezzo si sono ritrovati a Soverato, nell’incontro dedicato alla fibrosi cistica e al respiro, per far conoscere la patologia e sostenere la ricerca. Al centro della scena Guido Passini, romagnolo affetto da fibrosi cistica, autore e curatore di due raccolte di poesie, presentate nel corso del convegno. Non meno importanti, le voci dei pazienti in cura presso il centro regionale fibrosi cistica ubicato nell’ospedale di Soverato: gli fanno da coro. Presenta la malattia, il dirigente medico del centro, Giuseppe Tuccio. Regia firmata dalla psicologa della struttura, Maria Furriolo, promotrice e moderatrice del convegno. In platea, l’associazione regionale Calabria per la lotta alla fibrosi cistica. Il Lions Club di Soverato ha finanziato l’evento, l’amministrazione comunale ha concesso l’uso gratuito del teatro. Sembrerebbe una pièce, ma non è così: è la vita. Accompagnata, passo passo, da una malattia genetica: la fibrosi cistica.
«Tu respiri senza pensare/io penso solo a respirare…» – Il diaframma di una persona affetta da FC diventa il centro della sua giornata. E’ un respiro rotto dai colpi di tosse il suo. E’ un respiro che deve nutrirsi di aerosol, fisioterapia respiratoria e antibiotici. In continuazione. Tutti i giorni, per tutto il giorno. E’ un respiro ostacolato che costringe a frequenti ricoveri in ospedale.
Il respiro ritorna spesso durante la serata: «Tu respiri senza pensare/io penso solo a respirare…», sono alcuni dei versi letti. Come le altre parole, colpiscono soprattutto i ‘sani’. Non per attribuirgli colpe che non hanno, ma per invitarli ad apprezzare e preservare ciò che sembrerebbe scontato. E prestare un po’ del loro tempo alle storie invisibili. Le storie di chi con la fibrosi cistica ci convive per tutta la vita.
La fibrosi cistica – La malattia genetica più diffusa nelle popolazioni caucasiche sembra giocare con la cabala. Un portatore sano ogni venticinque, trenta persone per un totale di tre milioni di italiani che non sanno di poter trasmettere il gene alterato al proprio figlio. Un bambino malato ogni 2500 nati. Quattromila pazienti in Italia, destinati, stando alle proiezioni dei dati in arrivo, a diventare il doppio. Di questi, 133 in Calabria. Sono i numeri snocciolati dal dirigente medico del centro regionale di Soverato, Giuseppe Tuccio. Il dottore taglia corto: «Si cura, ma non si guarisce».
Un gene mutato – il CFTR – e le ghiandole producono secrezioni (muco, sudore,lacrime ) dense perché povere di acqua. I dotti e i canali del corpo umano vengono intasati e, così, la fibrosi cistica colpisce i polmoni, il pancreas, il fegato. In altri termini, chi ne è affetto, non respira bene, è colpito da continue bronchiti, non cresce bene perché non assimila gli alimenti. Per questo, le sue giornate sono scandite da aerosol, antibiotici, fisioterapia respiratoria, assunzione di pastiglie per digerire. Il danno è progressivo, si può arrivare all’insufficienza respiratoria, nei casi più gravi si ricorre al trapianto di polmoni. La fibrosi cistica conduce alla morte, anche se, negli ultimi anni, l’aspettativa di vita è migliorata.
La ricerca procede su più fronti, ma è ancora lontana dallo sconfiggere definitivamente la malattia. Per questo, fare in modo che possa proseguire diventa essenziale.
Guido Passini – «Non ho mai lasciato niente per strada: ho fatto tutto quello che mi andava di fare». Esordisce così Guido Passini: un toccasana per la vita di tutti i giorni. Disegnatore e progettista di segnaletica stradale, nel tempo libero si dedica a una delle sue passioni: la poesia. Che diventa un modo per ritrovare il respiro.
Dopo la pubblicazione di alcune sue poesie in diverse antologie – tra queste I poeti romagnoli d’oggi e Federico Fellini – due progetti editoriali. «Senza Fiato nasce quasi per caso, dopo la morte di un ragazzo affetto da FC – racconta Guido – tutti compiangevano questa persona e nessuno a domandarsi il perché si muore di FC o a darsi da fare per saperne di più». Da qui, dall’esigenza di far conoscere, l’idea di una raccolta di poesie e componimenti intorno alla malattia. Io, lei e la Romagna è il personale viaggio di Guido tra la paura e il coraggio, l’abbattimento e la rinascita, la malattia e la vita piena. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, sono parole intrise di vita e combattività. Il ricavato della vendita dei libri viene devoluto alla ricerca.
Guido si mette a nudo, condivide le sue sensazioni, risponde alle domande. Il suo motto la dice tutta: «Non mi arrendo, indosso nuove ali e ricomincio a volare».
Le altre testimonianze – Guido non è il solo a raccontarsi. Rotto il ghiaccio, i presenti in sala intervengono. Tra loro, altri pazienti e i loro familiari. C’è Jessica, qualche mese fa è stata sottoposta a un trapianto di polmoni: «Non è più la fibrosi cistica a dirigere la mia giornata sono io che decido cosa, come e quando». C’è la mamma di Francesca, la voce tremante, ringrazia l’equipe del centro di Soverato, una seconda famiglia per i pazienti. C’è Rosa, «noi affetti da fibrosi cistica – puntualizza – non passiamo tutto il tempo a disperarci o a soffrire. Ridiamo, scherziamo, come tutti gli altri». C’è la mamma di Thomas, trova la forza di dire grazie a chi le sta intorno, suo figlio non ce l’ha fatta.
Gli intervenuti – L’incontro ha ricevuto il sostegno del comune, rappresentato da Giancarlo Tiani e dal Lions Club di Soverato. Oltre al presidente, Nicola Lentini, hanno partecipato Marina Reda, Gaetano Di Salvo e Domenico Donato. Per il presidente dell’associazione regionale Calabria per la lotta alla fibrosi cistica, Giulio Vrenna, il centro di Soverato, istituito per legge, deve proseguire e ampliare le proprie attività.
In tempi di rientro sanitario, la struttura non può essere rubricata alla voce ‘risparmio’.
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