Risorgimento:
le tappe dell'unificazione italiana Dopo il fallimento della
prima guerra d'indipendenza contro l'Austria (1848-1849),
il processo di unificazione dell'Italia proseguì a partire
dal 1859 – anno in cui scoppiò la seconda guerra d'indipendenza
– e si concluse nel 1870 con la conquista di Roma. Il 17 marzo
1861 il Parlamento, riunito a Torino, sanciva la nascita del
Regno d'Italia. Dopo l'unità, la Calabria fu teatro dell'episodio
dell'Aspromonte (1862), quando Garibaldi e i suoi volontari
vennero fermati dall'esercito italiano prima che muovessero
su Roma
In
Calabria è documentata la presenza dell'uomo fin dal Paleolitico
e pure per le successive epoche rimangono molteplici reperti,
sempre più significativi per la prima età del Ferro e che
hanno nella necropoli di Torre del Mordillo il loro più completo
sito archeologico. Alle popolazioni protostoriche che popolavano
le coste della Calabria si sovrappose la presenza di coloni
ellenici, a partire dall'VIII secolo, avanguardia di un movimento
di emigrazione permanente che nei due secoli seguenti toccò
l'apice: sorsero così le fiorenti colonie della Magna Grecia,
quali Reggio, Sibari, Crotone. Le zone interne furono intanto
occupate dai bruzi, da cui derivò il toponimo adottato in
età classica per designare il territorio odierno della regione,
con esclusione della penisola salentina, chiamata Calabria.
Nelle
guerre sostenute dai romani contro Pirro e Annibale, le genti
calabre si schierarono con i cartaginesi, riuscendo così a
rinviare di qualche decennio il loro passaggio sotto il dominio
di Roma. Inserita nella regione augustea chiamata Lucania
et Brutium, la Calabria rimase ai margini della storia dell'impero
romano, per poi acquisire identità e sviluppo sotto Teodorico
e durante la prima diffusione del monachesimo.
L'occupazione
longobarda separò le province settentrionali, annesse al Ducato
di Benevento, da quelle meridionali, ma nell'885, tornata
sotto il governo di Bisanzio, la regione riottenne la sua
unità, e si aprì all'influenza della cultura greco-bizantina
e del monachesimo di san Basilio. I normanni, insediatisi
nel 1060, operarono la conversione della Chiesa locale al
rito latino e alla fedeltà pontificia.
Tra
il Basso Medioevo e l'età moderna, svevi, Angioini e Aragonesi,
che si succedettero nel governo della Calabria, inserita nel
Regno di Napoli, esercitarono funzioni pressoché esclusivamente
fiscali e militari, lasciando di fatto il governo della società
locale nelle mani del ceto nobiliare, composto perlopiù di
grandi signori feudali. Anche i Borbone, al potere, con l'interruzione
napoleonica, dal 1735 al 1860, confermarono una linea di continuità,
che ebbe tuttavia una parziale smentita nella seconda metà
del Settecento: dopo il devastante terremoto del 1783, si
avviarono infatti tentativi di riforme antifeudali e antiecclesiastiche,
orientati a dare sviluppo all'agricoltura e ai commerci, e
a far crescere la società civile.
Cattolica
di Stilo Rifugio di monaci bizantini al tempo delle persecuzioni,
la Calabria ospita numerosi edifici con pianta a croce greca
corrispondenti al tipo della chiesa bizantina. Una delle più
note, risalente al IX secolo, è la Cattolica che domina la
città di Stilo. La chiesetta, con tre absidi e cinque cupole,
è qui fotografata in mezzo alla tipica vegetazione mediterranea.John
Heseltine/Corbis
Nel
periodo della repubblica giacobina di Napoli (1799) in Calabria
furono reclutate le bande legittimiste del cardinale Ruffo,
protagoniste del moto reazionario che stroncò l'esperienza
repubblicana. Durante il governo di Gioacchino Murat, la Calabria
espresse uno spiccato atteggiamento antifrancese. Restaurati
i Borbone nel 1814, in Calabria si formarono le prime associazioni
repubblicane, attive nei gruppi massonici e quindi nelle società
mazziniane. Lo sbarco di Garibaldi a Melito di Porto Salvo,
il 20 agosto 1860, diede impulso a un'insurrezione antiborbonica
che fiancheggiò e sostenne l'azione militare dei Mille. Dopo
l'unità (vedi Risorgimento) la Calabria fu teatro dell'episodio
dell'Aspromonte (1862), quando Garibaldi e i suoi volontari
furono fermati dall'esercito italiano prima che muovessero
su Roma. I gravi problemi di un'economia arretrata vennero
pienamente alla luce nell'ultima parte del secolo, grazie
anche alle analisi e alle denunce di diversi intellettuali
meridionalisti (Fortunato, Villari, Salvemini). Ma furono
ancora i colpi inferti dagli eventi naturali a portare in
primo piano i problemi della regione, come si vide dopo il
terremoto del 1908 (40.000 vittime nella sola città di Reggio),
ultimo di una serie di cinque sismi nell'arco di dieci anni.
Vedi anche Questione meridionale.
Durante
la seconda guerra mondiale lo sbarco degli Alleati nel settembre
del 1943 servì a mettere la regione al riparo dai conflitti
militari e dalla guerra civile. Negli anni della repubblica
l'emigrazione, fenomeno che datava dalla fine dell'Ottocento,
riprese consistenza, dirigendosi ora verso le zone industriali
del Nord Italia. Allo stato si rivolgevano attese e richieste
di interventi a sostegno dell'occupazione e del reddito; in
un clima di sfiducia, esplose una sequela di azioni pressoché
insurrezionali durante la rivolta di Reggio del 1970 ("boia
chi molla"): l'obiettivo immediato era di ottenere la
qualifica di capoluogo regionale, in alternativa a Catanzaro,
ma la protesta esprimeva un malessere più radicato, tipico
di una regione che si sentiva lasciata ai margini dello sviluppo. |