Da
tempo la Calabria è in condizioni di arretratezza. Il reddito
annuo per abitante, di 15 milioni di lire, è meno della metà
di quello del Nord; il tasso di disoccupazione, circa il 12%,
è il doppio della media nazionale, quasi il quadruplo dell'Italia
settentrionale.
Molti
sono gli elementi che penalizzano la regione. Una morfologia
che lascia ben poco spazio all'agricoltura e che rende disagevoli
le comunicazioni e costosi i trasporti; una posizione geografica
estrema, che raccorda la Calabria con due altre aree industrialmente
deboli, la Sicilia e la Campania, dalle quali quindi non può
essere incentivata; una storia che dall'epoca romana in poi
è sempre stata caratterizzata da isolamento e da emarginazione,
non risolti né dallo stato borbonico né dallo stato nazionale.
Anche
in epoca recente l'intervento pubblico ha mancato la realizzazione
del “polo di svilippo” che doveva essere costituito dal centro
siderurgico di Gioia Tauro, programmato per risolvere i problemi
economici della regione sin dagli anni Settanta. Nel contempo
si è avuta una forte emigrazione e via via hanno perso peso
le attività tradizionali – l'agricoltura, la pastorizia, l'artigianato
– senza che vi nascessero, per iniziativa locale o per intervento
esterno, imprese industriali.
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