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“Lo sfruttamento del lavoro nero, soprattutto in agricoltura e soprattutto con manodopera extra comunitaria, rappresenta – sostiene Sebi Romeo, capogruppo del Partito Democratico al Consiglio regionale della Calabria – uno dei fenomeni su cui la criminalità organizzata fa affidamento per i suoi guadagni illeciti e per imporre la propria presenza sui territori. Una vera e propria piaga che si alimenta grazie alla crisi del comparto agricolo e che negli ultimi anni si è allargata in modo esponenziale, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno. L’intervento legislativo approvato nei giorni scorsi dal Governo, e che verrà illustrato domani dal ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, a Rosarno, insieme al presidente della Giunta regionale, Mario Oliverio, rappresenta uno strumento per ridare dignità ai lavoratori italiani e stranieri di cui il nostro Paese era in attesa da ormai troppo tempo. Un disegno di legge approvato in pochissimi mesi, grazie all’efficace azione politica dei ministri Orlando e Martina, che prevede, tra le altre cose, l’inasprimento delle pene e il riconoscimento delle responsabilità per i datori di lavoro consapevoli dello sfruttamento; la confisca dei beni per i soggetti interessati, preservando le attività aziendali e l’occupazione dei lavoratori, e l’estensione del fondo anti-tratta per le vittime del caporalato.
Un intervento legislativo dentro cui ritengo si integri perfettamente la proposta di legge che ho portato all’attenzione dell’assemblea legislativa calabrese la quale, con voto unanime, l’ha resa legge nel febbraio scorso, recante disposizioni in materia di tutela della sicurezza e alla qualità del lavoro, al contrasto e all’emersione del lavoro non regolare. Tra gli obiettivi dell’intervento normativo vi è stato certamente l’intento di superare il mero piano dell’affermazione dei principi, ai quali si è fermata la produzione legislativa delle poche altre Regioni che hanno dedicato attenzione al tema del caporalato, ponendo l’accento sull’organicità della proposta.
Nei giorni scorsi, il giornalista Stefano Liberti e Fabio Ciconte, co-fondatore di Terra! Onlus, analizzando l’ottima legge sul caporalato varata dal Governo, ponevano alcuni quesiti a cui credo possa rispondere proprio la legge regionale calabrese. Sulla trasparenza della filiera, per esempio, il comma 3 dell’articolo 10 bis (Responsabilità sociale delle imprese) LR 3/16 promuove l’adozione del marchio etico, inteso come elemento distintivo della Regione Calabria, del quale possono essere concessionarie le aziende socialmente responsabili, per rendere identificabili sul mercato i prodotti ottenuti e commercializzati, secondo gli indici di congruità che definiscono il rapporto tra la qualità e la quantità dei beni e dei servizi offerti dai datori di lavoro e la quantità delle ore lavorate . Marchio etico che punta anche a sviluppare una maggiore sensibilità tra i cittadini e a promuovere le attività delle imprese di produzione e di commercializzazione che non si avvalgono di lavoro nero.
Per agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, invece, l’art. 10 ter (Disposizioni specifiche per il settore agricolo) prevede l’istituzione, presso i centri regionali per l’impiego, di elenchi di prenotazione, gestiti anche con procedura telematica, per il settore agricolo, su base provinciale/territoriale, nei quali possono confluire volontariamente tutti i lavoratori disponibili alle assunzioni presso le imprese agricole. Lo stesso articolo, al comma 3, al fine di sottrarre la funzione di trasportatore al caporale, prevede che gli enti locali possano sottoscrivere convenzioni con le aziende di trasporto pubblico locale e con i rappresentanti delle organizzazioni dei produttori e della grande distribuzione, allo scopo di assicurare l’accompagnamento del lavoratore fino al luogo della sua prestazione lavorativa. Ulteriore leva su cui fa perno la legge regionale consiste nel potenziamento dell’azione ispettiva e nel favorire un sistema premiale per gli imprenditori che perseguano finalità di sviluppo economico rispettando gli indici di congruità. Due leggi, dunque, quella nazionale e quella regionale calabrese, che si integrano perfettamente e che insieme possono costituire uno strumento fondamentale nella battaglia che ci vede schierati contro ogni forma di sfruttamento del lavoro e dei più deboli, sulle orme dei più identificativi valori della sinistra”.
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