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Premio “Città di Raiano” a Nicola Garcea. Lo SPI CGIL Abruzzo e il Centro Studi e Ricerche Vittorio Monaco hanno indetto per l’anno 2018 la IX edizione del CONCORSO NAZIONALE DI POESIA IN DIALETTO Vie della memoria – Vittorio Monaco.
Premio “Città di Raiano”
Il 29 settembre, a Raiano, si è svolta la cerimonia di premiazione da parte della giuria presieduta dal prof. Marcello Teudonio. Lo stesso, ha espresso grande soddisfazione per il livello e il valore formale e dei contenuti delle poesie esaminate sul tema della memoria del lavoro e della vita sociale. Nel clima di cordiale collaborazione, intellettuale e umana resa possibile dal lavoro dei coordinatori del concorso Mimì D’Aurora e Marco del Prete; tra i 20 finalisti la giuria ha assegnato i primi tre premi rispettivamente a Vito Moretti, Chieti; ed ancora, Corrado Zanol, Capriana (Trento); Germana Borgini, e poi Santarcangelo di Romagna (Rimini) e il Premio Città di Raiano a Nicola Garcea, Cesena. Hanno avuto la menzione speciale della giuria: Egle Taverna, Gorizia e Mario D’Arcangelo, Casalincontrada (Chieti). Ciascun autore ha inoltre partecipato con tre opere scritte in lingua dialettale e al concorso sono giunte adesioni da 14 regioni d’Italia.
Nicola Garcea
Tra i 4 finalisti provenienti dell’Emilia Romagna, Nicola Garcea, che ha presenziato anche in rappresentanza dello SPI CGIL di Cesena, è stata una simpatica eccezione per la sua poesia “Arigano da Calabria” e “Ijjhiu sapia ca tu sapivi e cosi” scritte in dialetto di “santunofru”, cioè di Sant’Onofrio (Vibo Valentia) sua terra di nascita e d’infanzia, da dove la sua famiglia migrò nel 1965 in Piemonte. A Torino è cresciuto, ha studiato e ha insegnato nelle scuole elementari fino al 1989, anno in cui si trasferito e ha insegnato nelle scuole di Cesena. In seguito, segretario territoriale del sindacato CGIL Scuola fino al 2017. Ora, iscritto allo SPI CGIL, ha più tempo da dedicare alla sua passione di sempre; la poesia in dialetto ed anche in lingua nazionale e all’associazionismo per la valorizzazione culturale di Roversano; evidenziando così l’attaccamento alla sua Calabria di origine e alla sua Romagna di elezione.
Arigano da Calabria di Nicola Garcea
M’arricordu ca vrusciava u suli
E tu ma’ injhianasti du Farnitu
Lu sentero stortu.
Mprima alivari
Poi spallassi e cerzi
Janestri, spini hjiuri di bruhjera.
A naschi larghi nci sciala lu nasu
Ca lu mari spirava di luntano
E l’ariganu scindia dintra a lu cori.
Spezzatu dito a ditu,
Ligatu a mazzi
Sarvandu i iuricidji
Portasti a casa nu panaru chjinu.
Deci jiorni li tenisti appisi
Fora a lu caddu, a notti nta casa.
Poi scòtuli, sgràtuli fogghje cu li hjuri
E a’ figghji toi ci pripari nu vasu.
Quandu ca passau la Cruci ‘i settembri
A uno a uno ‘ ndi venisti a salutari.
E mo ca lu spargiu sulli pumadora
A casa c’imbriaca ‘i poisia
C’addura tutta quanta ‘i terra mia.
L’origano della Calabria
Mi ricordo che scottava il sole
E madre, salisti del Farnito
il tortuoso sentiero
Dapprima gli ulivi
Poi biancospini e querce
Ginestre, siepi di more e poi fiori di brughiera
A narici aperte è festa per il naso
Perché soffiava da lontano il mare
E l’origano entrava nel cuore.
Spezzato con due dita,
Legato a mazzi
Conservando i fiorellini
Ne portasti a casa un cestino pieno.
Per dieci giorni l’hai tenuti appesi
Fuori al caldo, e di notte in casa.
Infine scuoti, sfreghi foglie e fiori
E per ogni figlio ne prepari anche un vaso.
Dopo la Santa Croce di settembre
Sei venuta a trovare ciascuno di noi.
E ora che lo spargo sui pomodori
La casa si inebria di poesia
Che profuma tutta della mia terra.
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