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L’Area Grecanica oggi fra antiche radici e turismo sostenibile
Area Grecanica? Isola Ellenofona? Dov’è il Territorio Grecanico Reggino? Ma i confini ed i territori coincidono con la presenza della lingua? A queste semplici domanda sicuramente corrisponde invece una serie più complessa di risposte.
Territorio Grecanico Calabrese Reggino: cosa e’?
Amministrativamente l’Area Grecanica coinvolge, da Occidente ad Oriente, i territori dei comuni di:
- Melito
- San Lorenzo
- Bagaladi
- Roghudi
- Roccaforte del Greco
- Condofuri
- Bova Marina
- Bova
- Staiti
- Brancaleone
- Africo.
Naturalmente quest’organizzazione politico-amministrativa non rispecchia quelli che sono i confini linguistici. E cioè quelli fra i siti dove ancora resiste l’idioma parlato e quelli dove l’ellenofonia è estinta.
Culturalmente la risposta su dove sia l’area grecanica si presenta molto più complessa. Ad esempio, sul confine occidentale, Cardeto, provatamente ellenofona sino al 1920 si trova esclusa dai confini “amministrativi”, la vicina Bagaladi, probabilmente non ellenofona o per lo meno in tempi recenti, si trova inclusa dai confini amministrativi medesimi.
L’esempio potrebbe estendersi anche a Palizzi, a Staiti, a San Lorenzo, a Brancaleone, etc. In questa prospettiva forse sarà bene distinguere un’Area Culturale Grecanica da quella che oggi è l’Isola Ellenofona.
L’Isola Ellenofona
Il greco di Calabria è conosciuto dalle fasce generazionali anziane di Bova. In modo frammentario da quelle di Amendolea e di Condofùri, in un modo più diffuso generazionalmente a Gallicianò ed a Roghudi Nuovo. Si può considerare scomparsa in tutti gli altri siti. Interessante il fenomeno di Bova Marina dove permane un piccolo ma significativo nucleo ellenofono.
Il Territorio Grecanico invece…
I confini dell’Area Culturale sono a questo punto ben più vasti. Se vogliamo inserire tutti i siti che fino a tempi recenti, fra XIX e XX secolo erano ellenofoni partiamo dalle porte di Reggio Calabria sino a tutto l’Aspromonte jonico e sino, probabilmente, alla stessa Locride.
Se invece, sulla scia di quanto messo in luce da Rohlfs, vogliamo riferirci a tutta l’area ellenofona ancora all’inizio dell’Età Moderna allora l’Area Culturale Grecanica arriverà facilmente fino all’Istmo di Catanzaro.
In questa prospettiva l’Isola Ellenofona è veramente l’ultima testimonianza vivente di un mondo linguistico che è stato comune e che oggi più che mai è importante riscoprire e salvaguardare.
Fra sentieri arcaici e possibilità del nuovo turismo
La difficoltà storica degli spostamenti nell’area grecanica si “leggono” tutt’ora nel suo paesaggio. Un altipiano solenne ed aspro, ricco di fiumare e di calanchi, di colline dalla fioritura dolcissima e policroma e di coste franose come lame implacabili pronte a colpire. E’ un paesaggio che non può non scuotere il viaggiatore sia nei suoi aspetti bizzarri come:
- Ta Vrastarucia
- Le Caldaie del Latte
- I Rrocca tu Ddracu (la Rocca del Drago).
O per i paesaggi infiniti che dai Campi di Bova, appena dopo il Passo della Zita fanno perfettamente vedere l’Etna e la Sicilia nelle giornate quando lo scirocco tace. Nonostante le poche strade dell’oggi, questo paesaggio per secoli è stato percorso esclusivamente a piedi o a dorso d’asino anche se gli ultimi cinquant’anni hanno portato trasformazioni radicali nella geografia antropica dell’Area Grecanica. Senz’altro il modo di abitare, di spostarsi e con esso tutta la vita economica è completamente cambiato.
L’Aspromonte ellenofono
L’Aspromonte ellenofono nella sua dimensione arcaica era senza vere strade carrabili se non la ferrovia e la statale costiera tracciate fra la fine dell’800 ed i primi del ‘900 e con esse l’unico tortuoso percorso anch’esso carrabile da Bova Marina a Bova.
Tutto il resto somigliava ad un piccolo sistema solare nel quale una rete di mulattiere e sentieri collegava l’epicentro commerciale ed artigianale di Bova con tutto l’entroterra. Bova era così una meta obbligata per chi voleva vendere e comprare senza andare, con un lungo giorno di cammino via montagna, sino a Reggio o sulla costa sino a Bovalino. Questa situazione che potremmo definire “non carrabile” si protrasse anche per buona parte del XX secolo.
Sino agli anni ’60 era ancora conveniente andare a Reggio a piedi via montagna se non guadagnare metapòdia la marina per prendere il treno. Si pensi ad es. che Africo fu abbandonato nel ’51 che ancora non aveva la strada, che i vecchi siti di Roghudi e di Chorio furono raggiunti da una strada bianca solo nei primi anni sessanta. Così via sino al paradosso dell’oggi con Gallicianò collegata da uno sterrato piuttosto precario. Senza dubbio questa situazione d’isolamento consentì la sopravvivenza della lingua insieme con un’economia chiusa, spesso non monetaria. Un esempio per tutti è quello degli anni cinquanta/sessanta quando gli abitanti di una Roghudi senza strada compravano di tutto, dai tessuti industriali ai medicinali, barattando con prodotti della terra e della pastorizia.
Edward Lear
D’altra parte, il viaggiatore a piedi “per eccellenza” del territorio grecanico, l’inglese Edward Lear aveva potuto constatare a metà del XIX sec. che la strada finiva a Melito. E che i sentieri interni erano l’unica via di spostamento possibile. Il percorso di Lear, il cosiddetto “Sentiero dell’Inglese” è oggi oggetto di recupero eco-turististico ed escursionistico da parte di Cooperative giovanili locali. In quest’ambito si può definire pionieristico, da circa dieci anni a questa parte, il lavoro di Pasquale Valle e “Naturaliter” che ha creato una rete di ospitalità rurale sulle tracce del viaggio di Lear.
Nell’area grecanica ritorna oggi dunque il viaggio “a piedi” ma nella rinnovata veste eco-turistica. E’ un’occasione per riscoprire un tempo “lento” e soprattutto gli inimitabili profumi e panorami della montagna mediterranea.
Bova e Chora
L’importanza di Bova, centro di una vera rete di sentieri, si riflette anche nella toponomastica dell’intera area. Il nome “convenzionale” di Bova/Vua nell’area grecanica è i Chora, il paese “per eccellenza”, l’insediamento più rilevante in un’area di piccoli borghi agro-pastorali.
“Pame stin Chora” è modo comune in grecanico per dire “andiamo a Bova” intendendo dunque Chora come “capoluogo territoriale”. In greco moderno, infatti, la parola Chora assume anche il significato di “comprensorio”, “territorio”.
Diverso è il caso del toponimo Chorìo molto diffuso nella zona. Esso proviene dal bizantino Chorìon, villaggio. In tutta l’area grecanica, i vari Chorio assumono il carattere di piccole frazioni associate ad una località “madre”:
- Chorio di Melito,
- Chorio di Roccaforte,
- il popoloso Chorio di San Lorenzo,
- Chorio di Roghudi.
Cosa leggere su ambiente, territorio e sentieri?
Molto serio e ben fatto il lavoro di documentazione e divulgazione che riguarda anche l’Area Grecanica contenuto nel libro:
- F. Bevilacqua – A. Picone Chiodo, Il Parco Nazionale d’Aspromonte, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 1999
Per “camminare” nell’Area Grecanica (trekking, escursioni, eco-turismo).
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