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Roghudi si trova all’interno del’impervio entroterra calabro. Nell’area geografica che risulta dall’unione tra quella aspromontana e quella grecanica. Questo luogo presenta ancora delle eccellenze proto-urbane di bellezza e rarità paragonabili a quelle delle perle in mare aperto.
Roghudi vecchio
Il vecchio abitato di Roghudi può essere considerato come una delle perle ancora intatte dell’area ellenofona della Calabria. Questa è senza altro l’impressione che avverte chi arrivi a Roghudi per la prima volta, scorgendo il promontorio roccioso che spacca il letto della fiumara e sul quale si innestano. Come formazioni naturali della roccia stessa, le abitazioni, ormai desolate, frutto di una antica modalità di insediamento.
Secondo il grande linguista e glottologo tedesco Gerard Rohlfs (1892-1986) l’etimologia di Roghudi deriva dall’aggettivo richodis. In greco antico significa “aspro, ruvido”. E in effetti quale toponimo più azzeccato per indicare un insediamento lineare di crinale, raggiungibile dopo lunghi, tortuosi e angusti percorsi (sia che si voglia intraprendere la strada provinciale che da Melito giunge a Roccaforte e poi permette di scendere fino a Roghudi, sia che si scelga di partire da Bova Marina per salire fino a Bova, continuando, attraverso i Campi di Bova, fino alla medesima meta) e che di certo doveva risultare impenetrabile agli assalti stranieri all’epoca della sua fondazione, che con molta probabilità è contamporanea a quella di Amendolea, di cui fu per lungo tempo casale. Nei secoli di quasi totale isolamento in cui si è trovato, Roghudi ha conservato quasi del tutto intatta la verginità del territorio, che non ha subito forti trasformazioni.
Conformazione del sito
Come precedentemente accennato, ciò che affascina il visitatore di Roghudi è proprio la peculiare conformazione orografica del sito. Un crinale secondario del monte Cavallo che si protende, con le sue rocciose asperità, direttamente sui letti bianchi delle fiumare che lo delimitano, l’Amendolea e il vallone Furria, suo affluente. L’insediamento umano si è conformato sulla cresta di questo crinale, insinuandosi lungo il percorso naturale e dando origine a una edificazione lineare a nastro, che, vista da sud, crea un mirabile effetto a gradonata, per il disporsi delle case sempre lungo lo stesso asse, ma a quote sempre più basse, scendendo verso il vallone ghiaioso dei corsi d’acqua.
A pochi chilometri si trova Ghorio di Roghudi, il cui significato originario deriva dal bizantino chorìon, villaggio. Questo toponimo indica in tutta l’area grecanica piccole frazioni associate a una località madre. Nei dintorni di Roghudi è possibile percorrere un antico sentiero che porta in cima al monte Cavallo. La difficoltà del percorso sarà ben ricompensata dalle stupende vedute della fiumara Amendolea e dei boschi di pino laricio. Inoltre, nel tornare a Ghorio di Roghudi, non si può fare a meno di notare ancora una volta come la natura si sia divertita a modellare il territorio in modo bizzarro nel momento in cui si incontrano delle strane formaioni rocciose note appunto come la Rocca del Drago e le Caldaie del latte.
Dissesto idrogeologico
Purtroppo il dissesto idrogeologico causato dalle abbondanti piogge degli anni Settanta non ha risparmiato nemmeno queste due perle dell’area grecanica, tra cui Roghudi. Così, già nel 1972, la popolazione roghudese è stata costretta a riparare altrove (Melito, Bova, Reggio). Fino alla nascita di Roghudi Nuovo, oggi sito di lato al territorio di Melito Porto Salvo.
L’isolamento in cui hanno vissuto per molti annni i roghudesi ha fatto sì che essi stessi siano divenuti custodi dell’antica lingua dei greci di Calabria. Non a caso infatti il comune di Roghudi è stato uno dei primi tra quelli dell’Area Grecanica ad attivare lo Sportello Linguistico che, ai sensi delle leggi nazionale e regionale n. 482/1999 e n. 15/2003, è teso a tutelare e a potenziare il patrimonio linguistico e culturale della minoranza grecanica.
di Lilli Tripodi
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