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Pietrapennata Palizzi, ecco un nuovo episodio di Esplorando dietro casa.
È più facile per uno straniero apprezzare le bellezze della regione che lo ospita piuttosto che per colui che la abita tutti i giorni.
Sembra un paradosso inspiegabile tuttavia la soluzione è molto più semplice di quanto si possa immaginare.
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L’abitante del luogo è assuefatto dalla quotidianità. Vedere ogni giorno le stesse montagne, valloni, torrenti, sentieri e vestigia antiche lentamente sospende lo stupore e cancella lo consapevolezza della bellezza che si dispiega dinanzi agli occhi.
Solo quando un visitatore straniero, meglio ancora se illustre, si reca in questi luoghi tutto riprende la sua dimensione originale: il bello torna eccezionale e non ordinario.
Pietrapennata Palizzi ed Edward Lear
Nel 1847 l’inglese Edward Lear fu rapito da un angolo di Calabria e da quelle poche case che costituiscono il borgo di Pietrapennata.
L’inglese, il cui passaggio è ancora ricordato in alcune contrade tramite una pannellistica dedicata, fu incantato dai boschi di leccio che ritrasse nei sui disegni e descrisse con queste parole: “…boschi incomparabili bordavano la radura come parchi, o formavano dei paesaggi magnifici con i loro grigi tronchi e rami sparsi sopra rocce e valli strette! Oh, boschi rari di Pietrapennata!”.
Di tutti i luoghi che abbiamo esplorato fino ad oggi, pochi ci hanno restituito un senso di pace e armonia come la chiesa di Santa Maria dell’Alica.
L’itinerario da percorrere per raggiungere i ruderi si configura a tratti come un percorso di catarsi dello spirito attraverso quella che è chiamata valle del silenzio.
Il percorso inizia…
Questo percorso inizia parcheggiando la macchina presso il cimitero di Pietrapennata e liberandosi di questo moderno mezzo di trasporto sempre più disprezzato quanto indispensabile.
Il sentiero che conduce ai ruderi è percorribile solo a piedi e richiede circa mezz’ora di cammino, tuttavia già dopo pochi passi ci si sente proiettati in una realtà più profonda.
Costeggiando i ripidi valloni che bordano il sentiero e immergendo lo sguardo nel lussureggiante fogliame della vegetazione si viene a capo delle motivazioni che hanno condotto a battezzare questo luogo valle del silenzio: un profondo senso di pace si impossessa del viandante che placido procede lungo la via segnata dalla terra battuta.
Il percorso disegna alcune dolci curve che offrono affacci suggestivi della Chiesa, visibile anche in lontananza, e della morfologia che si sviluppa tutt’attorno fra valli strette e il mare all’orizzonte.
Dopo aver superato un rivolo d’acqua, che ruscella incessantemente fra le pietre levigate dagli agenti atmosferici, abbiamo accorciato ulteriormente la distanza che ci separava dalla chiesa.
I ruderi si facevano sempre più definiti a imponenti finché, con un ultimo sforzo, abbiamo raggiunto la nostra destinazione: la Chiesa di Santa Maria dell’Alica.
Pietrapennata Palizzi, le teorie sull’etimologia del termine Alica
Molte sono le teorie sull’etimologia del termine Alica.
Probabilmente deriva dal greco lukòs che significa bosco a sottolineare la natura remota del luogo.
Quando la chiesa fu fondata, presumibilmente nel XII secolo, presentava una pianta a navata unica e un’abside finale.
Oggi è difficile identificare l’andamento dell’abside sia a causa dell’alta vegetazione sia a causa di un ambiente quadrangolare, costruito presumibilmente tra il XVII e il XVIII secolo, che si è sovrapposto alla struttura.
Alcuni studiosi identificano quest’ambiente con la sacrestia.
Prima ancora della costruzione della cosiddetta sacrestia era stato eretto il campanile.
Si tratta di una costruzione molto slanciata ed elegante, curata nei particolari com’è possibile apprezzare dal doppio ordine e dalla cornice di mattonelle policrome.
Quest’ultimo particolare decorativo lo rende molto simile al campanile della chiesa di San Sebastiano dell’Amendolea.
La chiesa di Santa Maria dell’Alica ha custodito…
Fino alla fine dell’Ottocento la chiesa di Santa Maria dell’Alica ha custodito una statua di marmo bianco raffigurante la Madonna con Bambino e attribuita ad Antonello Gagini. Oggi la statua si trova nella Chiesa parrocchiale di Pietrapennata.
Molti sostengono che la Chiesa di Santa Maria dell’Alica sia stata in realtà un Monastero e che i rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli non abbiano lasciato molte tracce della complessità originaria della struttura.
Sembra probabile che la Chiesa rientri nella cosiddetta “via dei romiti”: un itinerario relativo al passaggio dei monaci dove sorgevano ricoveri in cui gli uomini di chiesa potevano meditare, pregare e soggiornare.
Al cospetto della vallata che si sviluppa di fronte ai nostri occhi comprendiamo la regola non scritta in base alla quale i luoghi isolati e immersi nella natura offrivano le condizioni ideali per il raccoglimento ed erano preferiti per erigere monasteri e chiese.
Pietrapennata Palizzi, una grave minaccia si affaccia su questa Chiesa.
Lo stato attuale della struttura è molto precario: si ha l’impressione che solo una forza sovrannaturale consenta a questi ruderi di rimanere in piedi contro qualsiasi legge della fisica.
Prima o poi anche questo incantesimo potrebbe svanire e l’incuria potrebbe avere la meglio…
Con questa pena nel cuore lasciamo la Chiesa di Santa Maria dell’Alica.
Sulla via del ritorno ci siamo fermati a contemplare uno straordinario tramonto sull’Aspromonte: dapprima il colore arancio che caratterizza questa fase della giornata era splendente, progressivamente si è spento fino a lasciare il passo all’oscurità più tetra.
Dinanzi a questo spettacolo non possiamo evitare di chiederci cosa avrebbe pensato Edward Lear di questi colori…
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Articolo a cura di Giovanni Speranza
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