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Pentedattilo è, con ogni probabilità, la più celebre e caratteristica ghost town della Calabria.
Anche ad un occhio distratto non potrebbe sfuggire l’inconfondibile profilo e le case abbarbicate sulla nuda roccia a comporre uno scorcio da cartolina squisitamente italiano.
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Fra queste rovine è pulsante il fascino proprio dei luoghi abbandonati e, come un enigma insoluto, aleggia nell’aria l’eco sinistro dell’eccidio degli Alberti.
Un’enorme mano protesa verso il cielo
Il borgo è cinto da particolarissime formazioni geologiche che rammentano le dita di un’enorme mano protesa verso il cielo.
È stata propria la morfologia del luogo a suggerire il nome del borgo dal greco “penta-daktylos”: cinque dita.
Pentedattilo è una ghost town davvero particolare. La storia della frequentazione del sito è antichissima e senza soluzione di continuità fino agli anni 60 del Novecento quando il borgo, per effetto dello spopolamento, fu abbandonato.
Ciononostante il fascino di Pentedattilo è stato tanto magnetico da consentire la sua stessa rinascita.
Alcune botteghe, specializzate nella vendita di prodotti tipici, hanno riaperto intorno agli anni 80; vari edifici sono stati recuperati e percorrendo le viuzze del borgo è possibile incappare nella biblioteca o in locali adibiti a laboratori di varia natura.
Tuttavia a pochi passi dagli edifici recuperati insistano i ruderi delle abitazioni che non sono mai stati interessati dai lavori di ricostruzione: l’effetto che ne deriva è straniante e fa salire in bocca il sapore acre dell’amarezza per un’occasione colta solo in parte.
Pentedattilo e i turisti
L’afflusso di escursionisti e turisti nel borgo è costante: non è raro incrociare pullman pieni diretti alla città fantasma stranamente animata e piena di vita.
L’interesse verso il pittoresco paese è sempre rinnovato grazie anche a iniziative interessanti come il “Pentedattilo Film Festival”: una rassegna internazionale di cortometraggi.
Nel cuore del borgo si trova la chiesa dei Santi Pietro e Paolo.
L’aspetto attuale dell’edificio, in stile neoclassico, è riconducibile alla ricostruzione post terremoto del 1783.
Tuttavia la sua origine è molto antica, secondo alcuni la prima fondazione è avvenuta in epoca bizantina.
La chiesa, a navata unica, è riconoscibile per il caratteristico campanile a base quadrata decorato con ceramiche policrome.
La Strage degli Alberti
Non possiamo lasciare Pentedattilo prima di aver raccontato l’episodio più noto legato a questo luogo: la Strage degli Alberti.
Si tratta della storia di due famiglie rivali finita, come nelle peggiori tragedie shakespeariane, nel sangue.
Secondo molti una maledizione… degna di una Ghost Town.
Per narrare questa vicenda ci siamo recati nel castello.
La fortificazione oggi è un rudere, tuttavia i pochi lacerti murari ancora in piedi lasciano intuire la grandezza del passato.
La struttura doveva già esistere nell’IX secolo; se ne ha, però, notizia certa solo a partire dal Duecento.
Qui si è consumatala Strage degli Alberti.
La genesi della vicenda si deve alle forti tensioni legate ai confini comuni dei loro possedimenti fra la famiglia degli Alberti, marchesi di Pentedattilo, e la famiglia degli Abenavoli, baroni di Montebello Ionico.
Matrimonio programmato fra…
Tensioni destinate ad appianarsi in virtù del matrimonio programmato fra Bernardino Abenavoli e Antonietta Alberti.
Tuttavia il matrimonio combinato subì un’imprevista battuta d’arresto: in occasione di un altro matrimonio, fra Lorenzo Alberti e Caterina Cortez, uno degli invitati, Don Petrillio Cortez conobbe Antonietta Alberti e se ne innamorò.
Don Petrillo, figlio del Viceré, chiese la mano di Antonietta al fratello Lorenzo che acconsentì.
Venuto a sapere del fidanzamento, Bernardino Abenavoli decise di lavare l’onta nel sangue.
Nella notte del 16 aprile del 1686, Bernardino con un gruppo di sicari si introdusse nel castello di Pentedattilo e massacrò Lorenzo Alberti e gran parte degli occupanti del maniero.
Il sangue e le urla squarciarono la notte.
Gli abitanti del borgo fuggirono in preda al panico, ignari dell’eccidio che si stava consumando.
Fra i pochi superstiti al massacro ci furono Antonietta Alberti e Don Petrillo Cortez, entrambi catturati e scortati nel castello degli Abenavoli a Montebello Ionico: qui, tre giorni dopo la strage, Bernardino sposò Antonietta.
Quando la notizia dell’accaduto giunse al Vicerè, fu organizzata una spedizione militare per salvare il figlio Don Petrillo.
Gli esecutori della strage degli Alberti furono tutti catturati e giustiziati.
Solo Bernardino riuscì a fuggire grazie alle sue amicizie, ma la sua sorte non fu particolarmente felice.
Fu ucciso qualche anno dopo sul campo di battaglia fra le fila dell’esercito austriaco dove aveva trovato rifugio dopo il tremendo delitto che aveva commesso.
Antonietta Alberti, che vide il proprio matrimonio con Bernardino annullato poiché contratto con la violenza, finì i suoi giorni in un convento di clausura.
In seguito ai tremendi accadimenti di quella notte, sono stati coniati molti appellativi sinistri per Pentedattilo.
Fra i tanti ricordiamo “mano del diavolo” che allude alla morfologia del luogo e alle disgrazie che in esso si consumarono… una città fantasma divenuta un’attrattiva su modello delle originali ghost town americane.
Voltandoci per un ultimo sguardo abbiamo colmato i nostri occhi con quell’amalgama di abitazioni, costruite in pietre e mattoni fra le rocce appuntite della mano del diavolo.
Articolo a cura di Giovanni Speranza
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