Esplorando Bova, mini-documentario

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Bova è Aspromonte. Bova è Bovesìa. Bova è Storia.

Ogni città è espressione del proprio territorio.

Questo assioma vale maggiormente per alcuni centri abitati che interpretano nel profondo la storia, le tradizioni e la cultura nate in loro e in seguito proiettate verso l’esterno: è questo il caso di Bova.

Giunti in città siamo stati accolti da un pannello che sfoggia con orgoglio un titolo decisamente meritato: il Turing Club Italiano. Questo ha conferito a Bova la bandiera arancione. Un titolo attribuito ai borghi con meno di 15.000 abitanti che sviluppano la cultura dell’accoglienza, valorizzano le risorse locali e rafforzano l’identità con il territorio.

Si tratta, quindi, di un riconoscimento importante per un territorio che dovrebbe riporre nel turismo l’arma principale di rivalsa economico-sociale.

Passeggiando per le vie del piccolo paese si comprende a pieno i motivi che hanno condotto a questo importante traguardo.

Il bello trapela dall’ordine con cui è conservato il borgo e soprattutto dagli scorci davvero sensazionali.

Da questo angolo di Calabria è possibile apprezzare le pendici dell’Aspromonte che si addolciscono progressivamente in monti, colli e vallate fino a scomparire sotto le onde crespe del mare.

Da quassù tutto sembra vicinissimo, anche se lontano.

Si ha l’impressione che tendendo la mano si possa toccare la spiaggia che si intravede all’orizzonte e l’occhio rimane incredulo per quanta porzione di territorio riesca ad abbracciare in un solo batter di ciglia.

Bova è Aspromonte!

È Aspromonte nelle dorsali appenniniche che si sviluppano irregolari.

È Aspromonte nei colori dell’autunno e nelle nubi pomeridiane.

È Aspromonte nel tempo che sembra qui scorrere più lento che in qualsiasi altro luogo.

È Aspromonte, infine, nelle strutture dell’Ente Parco che si ergono quasi ad avamposto del territorio.

Bova è, poi, Bovesìa!

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Con questo termine si indica un’ampia porzione di regione in cui si parla ancora il greco di Calabria. Si estende da Brancaleone a Melito e all’interno fino a Roccaforte del Greco, Africo Vecchio e Staiti.

L’idioma ellenofono qui rivive nel Museo dedicato, nei nomi delle vie e nei pannelli, a documentare un legame profondo con una lingua antica e misteriosa.

Bova è, infine, Storia!

Nonostante la frequentazione del luogo sia estremamente remota, le vestigia più antiche visibili sono quelle medievali e post medievali. A poca distanza dal museo della lingua greco calabra si trova il palazzo Nesci Sant’Agata riconoscibile dal caratteristico arco e dalla merlatura.

Superato l’arco si apre uno scorcio straordinario con il Municipio in primo piano e il campanile della Chiesa di San Leo, patrono della città, che si staglia subito dietro.

Il Municipio è stato costruito ai primi del Novecento sui resti del palazzo Marzano del quale rimane solo la cappella di famiglia consacrata all’Immacolata e oggi adibita a punto di informazioni per turisti.

Accanto alla piazza del Municipio si trova la motrice di una locomotiva 740 Ansaldo Breda del 1911. Si tratta di un monumento all’emigrazione che fin dai primordi del regno d’Italia ha caratterizzato così pesantemente la Calabria e tutto il Mezzogiorno.

Su uno dei muri che definisce lo spazio dove si trova la locomotiva, sono infisse delle musulupare, altro simbolo identitario di Bova. Sono forme in cui veniva fatto cagliare il formaggio e, secondo la tradizione, destinate ad essere consumate nel giorno di Pasqua.

Le tradizioni di Bova rivivono, infatti, anche nella gastronomia. Durante la nostra visita abbiamo fatto una sosta per gustare la lestopitta: uno dei piatti tipici bovesi realizzato con un impasto basilare di farina e acqua farcito a piacere. Un piatto completo di cui rammentiamo con piacere il sapore.

Abbiamo ripreso la nostra esplorazione continuando ad attraversare il borgo e raggiungendo altri luoghi di interesse come la chiesa di San Rocco, la chiesa del Carmine, la cattedrale e tutti gli scorci unici che il borgo ha da offrire.

I ruderi del castello

La nostra esplorazione si è conclusa ai ruderi del castello. La fortificazione fu costruita in epoca Normanna, purtroppo la pesante spoliazione ha lasciato visibile solo la rocca sui cui l’edificio era stato eretto.

La punta più alta del borgo, nel cuore di ciò che fu il castello, è oggi occupata da una grande croce che si staglia ben visibile anche da molto.

Ai piedi della croce si può godere di un panorama mozzafiato: in lontananza spunta il profilo inconfondibile di Pentedattilo, i ruderi del castello Ruffo e ai piedi di quest’ultimo il corso dell’Amendolea nel punto di confluenza confluenza con la fiumara di Condofuri.

Il tempo a nostra disposizione è scaduto.

Il sole sta tramontando e le nubi si addensano sopra le nostre terre, ma non dimenticheremo le immagini nitide e gli scordi del borgo nemmeno una volta che Bova sarà rimasta alle nostre spalle…

Articolo a cura di Giovanni Speranza

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Author: Maria Cristina Condello

Maria Cristina Condello ha conseguito la laurea Magistrale in "Informazione, Editoria e Giornalismo" presso L'Università degli Studi Roma Tre. Nel 2015 ha conseguito il Master di Secondo Livello in "Sviluppo Applicazioni Web, Mobile e Social Media". Dal 2016 è Direttore Responsabile della testata giornalistica ntacalabria.it

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