Esplorando le aree archeologiche di Reggio Calabria

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Aree archeologiche di Reggio Calabria, ecco un nuovo appuntamento di Esplorando dietro casa

Reggio Calabria… l’antica Rhegion fondata da coloni calcidiesi attorno al 730 a.C., bagnata dalle acque dello stretto di Messina e celebre per l’incantevole lungomare.

Le sue strade sono oggi affollate di uomini assorti nelle loro vite e di chiassose autovetture che gracchiano nel traffico caotico.

Una grande città, dal grande passato e dalla gloriosa storia il cui ricordo purtroppo sbiadisce con il passare del tempo; eppure basterebbe poco per rinnovarne la memoria, sarebbe sufficiente cercare le impronte che la storia ci ha lasciato.

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A causa della sovrapposizione della città moderna su quella antica le testimonianze archeologiche di Rhegion si presentano frammentate in contesti isolati e distanti fra di loro.

Il visitatore che volesse seguire un itinerario tematico fra un sito e l’altro difficilmente potrebbe barcamenarsi fra palazzine e viali senza una visione di insieme.

Con questo racconto vogliamo presentare le aree archeologiche di età greca e romana visitabili nella città reggina e introdurre alcune delle problematiche che da tempo storici e archeologi cercano di dirimere.

Per concedere maggiore spazio alle antichità classiche abbiamo deciso di lasciare fuori da questo racconto alcune delle più celebri attrattive della città, poiché cronologicamente superano il limite da noi prefissato, e per facilitare la presentazione abbiamo organizzato le tematiche in paragrafi.

Le mura

Quando Nausicaa presenta ad Ulisse la città dei Feaci, nel libro sesto dell’Odissea omerica, si intuisce che l’atto cardine della fondazione di una polis era il ‘dividere’. Durante la fondazione di una città la prima operazione da compiere era suddividere lo spazio urbano in privato, pubblico e sacro.

L’andamento delle mura è l’elemento che maggiormente può aiutarci a capire qual era il limite dello spazio urbano. Purtroppo la ricostruzione del tracciato delle mura è uno degli argomenti più controversi dell’archeologia di Rhegion. Oggi è possibile visitare solo tre tratti delle antiche mura reggine: le mura di Trabocchetto, le mura di Collina degli Angeli e le mura della via Marina.

I tratti più antichi sono quelli di Trabocchetto e Collina degli Angeli, dove insistono tutt’oggi i mattoni crudi messi in opera presumibilmente tra VI e V secolo a.C.; successivamente i mattoni crudi furono inglobati in un rifacimento più tardo caratterizzato da cortine di grossi blocchi di arenaria squadrati databili nel IV secolo a.C.

Il tratto della via Marina, invece, conserva solo la fase ellenistica. Qui le mura erano costituite da cortine di blocchi isodomi in arenaria databili presumibilmente attorno al IV secolo a.C. Anche su questo tratto, però, sono visibili rifacimenti più tardi riconducibili al periodo medievale.

È possibile definire con certezza l’andamento delle mura a Nord ed a Ovest sulla base dei tratti visibili e di quelli noti dagli archivi della Soprintendenza, ma oggi non più visitabili.

Purtroppo né le fonti storiche né quelle archeologiche forniscono dati per comprendere l’andamento delle mura a Sud e a Est, ciononostante tre studiosi hanno proposto altrettante ipotesi.

Emilia Andronico, Tropea Barbaro e Francesco Arillotta, in basi ai loro studi e alle loro considerazioni, hanno elaborato tre proposte diverse relative allo sviluppo delle mura di fortificazioni.

Tuttavia, allo stato attuale della ricerca, non ci sono elementi per preferire un’ipotesi all’altra.

È auspicabile che in futuro nuovi rinvenimenti archeologici possano finalmente far chiarezza su questo aspetto della città antica.

Le necropoli

Se le mura di Rhegion lasciano alcuni interrogativi insoluti, lo studio delle necropoli non è da meno. A causa della natura dei rinvenimenti si è sempre creduto che le necropoli di Reggio Calabria fossero composte da piccoli nuclei isolati.

Le concentrazioni più consistenti sono state identificate nell’area compresa fra il Museo e Piazza del Popolo e lungo il quartiere di Santa Caterina.

Il visitatore che oggi volesse vedere una tomba in situ dovrebbe recarsi in Via Domenico Tripepi dove vedrebbe spuntare dai ciuffi d’erba un sepolcro a camera con volte a botte scoperto nel 1957, come ricorda il pannello sottostante.

Oppure potrebbe recarsi negli scantinati del Museo Nazionale dove sono state conservate alcune deposizioni, aperte al pubblico in occasioni particolari.

Qui è possibile apprezzare una tomba a camera che ospita al suo interno due lettini in laterizi dove i defunti erano deposti, una tomba cosiddetta “a libro” e una tomba “alla cappuccina”.

Infine, recandosi in via Colombo, è possibile visitare un’altra tomba dell’antica Reghion. Si tratta di una deposizione realizzata con i blocchi delle mura reimpiegati, quindi quando le mura di fortificazione non erano più utilizzate a scopo difensivo.

Mettendo insieme i singoli nuclei di necropoli scoperti dall’Ottocento ad oggi è possibile identificare una fisionomia più unitaria, che lascia ipotizzare che le necropoli si sviluppassero in grande aree dedicate lungo le via di accesso alla città. Questa teoria, ipotizzata in un recente convegno, è attualmente in corso di approfondimento.

Le aree sacre

L’unica area sacra di Rhegion attualmente visitabile è quella nota come Griso La Boccetta situata in via Torrione. Tra la fine dell’Ottocento e il corso del Novecento nell’area è stato identificato un sistema di piccoli edifici, detti oikoi, di cui uno absidato.

Le strutture vanno dal VII al IV secolo a.C. mostrando come Griso La Boccetta sia stata un’aria sacra sempre frequentata durante l’intera vita della polis.

Il materiale votivo era stato depositato fin dall’età arcaica in stipi intorno agli oikoi: appare chiaro che l’area sacra doveva essere molto più grande dello spazio che oggi è stato musealizzato.

Dal sito proviene materiale molto interessante: come maschere muliebri fittili, offerenti con fiaccola e porcellino, testine e busti fittili soprattutto femminili, figure femminili nude sedute, figure femminili in trono, troni fittili, cavalieri, suonatori di lira, lucerne e molto altro ancora.

Un’altra area sacra, oggetto di scavi recenti, è meritevole di essere menzionata nonostante non sia oggi visibile: si tratta del sito di Piazza Garibaldi.

Tra aprile e giugno 2016 furono effettuati 3 saggi preventivi nel contesto dei lavori per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo.

I saggi aperti sono risultati tutti positivi e hanno restituito una canaletta di età romana; una serie di strutture murarie sia di età che greca che romana e il podio di un monumento di età romana-imperiale.

Il sito, secondo gli archeologi, accoglieva un contesto sacro.

Allo stato attuale della ricerca non è possibile aggiungere altro.

I saggi sono stati temporaneamente chiusi per preservare le strutture in attesa di un progetto di recupero.

Al momento ciò che rimane degli scavi di Piazza Garibaldi è il rifacimento dell’asfalto.

Aree archeologiche di Reggio Calabria, Gli edifici pubblici

Una delle indicazioni più enigmatiche della pannellistica di Reggio Calabria è quella relativa all’odeion. Il visitatore seguendo le indicazioni difficilmente troverebbe i resti dell’edificio.

L’arcano è presto spiegato: le vestigia antiche si trovano all’interno di un locale dell’isolato 181 tra via Torrione, via XXIV Maggio, Via Tripepi e via San Paolo.

L’odeion venne in luce alla fine di agosto del 1921 durante lavori di sbancamento.

Dell’edificio rimane un breve tratto della gradinata riconducibile presumibilmente alla cavea ed è databile al IV-III secolo a.C.

Le caratteristiche della struttura e valutazioni dal punto di vista dimensionale, fanno pensare ad un edificio per adunanze o piccoli spettacoli.

Purtroppo ancora una volta lo stato di conservazione e la sovrapposizione della città moderna ci lasciano con più enigmi di quanti non vorremmo.

Sulla Via Marina, a breve distanza dalle mura ellenistiche, si trovano i resti di un impianto termale di età romana rinvenuto verso la fine dell’Ottocento.

Dell’edificio oggi sono visibili alcuni componenti tipiche per un impianto termale: una vasca ellittica, le suspensurae, gli ipocausti e un pavimento in mosaico.

Secondo alcuni le terme sono riconducibili a una villa più grande che è stata costruita a ridosso delle mura quando queste avevano perso il loro compito difensivo.

Il quartiere artigianale

Di fronte a Piazza del Popolo, oltre la pannellistica che delimita un’area di lavoro, spunta la gru di un cantiere. In quest’area durante lavori di sbancamento sono state individuate delle strutture di epoca greca.

Un saggio di verifica ha messo in luce degli ambienti e degli apprestamenti produttivi.

Tutt’oggi è possibile identificare fra l’erba alta il fondo di un grande contenitore per derrate alimentari dettnominato pithos.

Il sito è stato interpretato come un piccolo stanziamento a scopo produttivo ed è stata proposta la datazione in età ellenistica.

Aree archeologiche di Reggio Calabria, L’abitato

Il nostro racconto si conclude a Piazza Italia.

Oggi la piazza si presenta come una normale area pubblica moderna, tuttavia alcuni lucernari lasciano intendere che qualcosa di sorprendente riposa al di sotto della pavimentazione.

Tramite scale è possibile accedere agli scavi di Piazza Italia dove i riflettori si accendono su uno spaccato straordinario di Rhegion.

Qui si apprezzano a pieno le peculiarità offerte dalla continuità di occupazione della città: gli scavi hanno messo in luce resti pertinenti a strutture di età greco-arcaica su cui si sono sovrapposte quelle di età ellenistica prima e quelle di età romana e bizantina dopo.

Fra i ruderi spicca uno splendido selciato che lascia intuire la capacità tecnico-costruttive antiche.

Non è possibile aggiungere molto altro poiché i risultati delle indagini archeologiche sono ancora inediti, tuttavia Piazza Italia costituisce uno dei contesti più complessi e meglio conservati di Rhegion.

Giunti alla conclusione della nostra periegesi fra le aree archeologiche di Reggio Calabria, il quadro che si delinea è di estrema frammentarietà, con molte domande rimaste senza risposta; eppure grazie agli strumenti di cui dispone oggi l’archeologia è possibile giungere a importanti conclusioni anche da nuove e piccole scoperte.

Proprio in questo risiede il fascino trasversale dell’archeologia che contagia ogni fascia d’età e ogni genere di professionista: giungere a un’interpretazione da pochi e frammentari indizi.

Come un detective, un detective dell’impossibile…

Articolo a cura di Giovanni Speranza

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Author: Maria Cristina Condello

Maria Cristina Condello ha conseguito la laurea Magistrale in "Informazione, Editoria e Giornalismo" presso L'Università degli Studi Roma Tre. Nel 2015 ha conseguito il Master di Secondo Livello in "Sviluppo Applicazioni Web, Mobile e Social Media". Dal 2016 è Direttore Responsabile della testata giornalistica ntacalabria.it