Ciminà, Reggio Calabria

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di Lilli Tripodi

Sulla fondazione di Ciminà si tramandano due leggende tra loro del tutto discordanti. Il primo filone narrativo sostiene che Ciminà sia stata fondata da popolazioni cristiane albanesi e greche in fuga dalla città di Costantinopoli in seguito all’assalto turco del 1453. Secondo questa stessa leggenda le suddette genti si stabilirono sul declivio del monte Tre Pizzi, non solo per difendersi da ulteriori invasioni saracene, ma anche per la sua ricchezza di pascoli, di fertili campi e di ricchi boschi. Stando ancora a questa tradizione, il nome della cittadina deriverebbe dal greco kyminà, per indicare un luogo che abbonda di cumino, una pianta erbacea delle Umbellali con fusto sottile e ramoso alto 30-40 cm, fiori in ombrelle e frutto allungato dai semi aromatici (usati in cucina per conservare i cibi o per fare un liquore chiamato kumeel) e medicinali, e volgarmente conosciuta come ciminaia. Un’altra leggenda tramandata dagli anziani di Canolo narra, invece, che il toponimo di Ciminà, e quindi la sua fondazione, sia connessa a uno dei fratelli Mina, profughi della Locride durante le invasioni barbariche del X secolo, e precisamente a Francesco, detto “Cicciu”, da cui Ciminà. Il centro abitato di Ciminà offre ancora oggi viva testimonianza del suo passato. Nella parte più alta del paese si trovano, infatti, le tipiche abitazioni ciminesi costruite con un tipo particolare di tufo che conferisce alle abitazioni il tipico riflesso violaceo, raramente ravvisabile in altri luoghi della Calabria. Nel complesso tutto il nucleo abitato si svolge attorno alle due chiese principali, quella di S. Nicola di Bari, con una atipica struttura a quattro navate, e quella dell’Addolorata, su una collina posta a 312 m s.l.m., con alle spalle i primi rilievi aspromontani, tra cui il monte Tre Pizzi (770 m), il monte Petrotondo (808 m), il monte Pinto (871 m) e il monte Antoniello (951 m), e dirimpetto alla vallata della fiumara Condojanni. Una vasta porzione del comune di Ciminà costituisce parte integrante del Parco Nazionale dell’Aspromonte, di cui presenta uno straordinario esempio di flora. Infatti, a Ciminà si può osservare l’alternanza di tre fasce fitoclimatiche tipicamente aspomontane: la prima, caratterizzata da lecci e arbusti di ginestra, è quella del lauretum, immediatamente a ridosso del centro abitato; in corrispondenza del monte Tre Pizzi trova dimora la seconda, quella del castanetum, con lecci cedui o ad altofusto; la terza è quella del fagetum e dell’abete bianco, visibile nella zona di Piano Moleti. L’alternanza di queste diverse connotazioni vegetali è uno dei vantaggi di cui si può usufruire percorrendo i percorsi naturalistici ciminesi come quello che collega Ciminà, il monte Tre Pizzi, il Piano Moleti, il monte Pinticudi, Crasto, Cascate dello Schippo, per fare ritorno, infine, a Ciminà. Questo percorso, che è anche il più lungo e il più difficoltoso della zona, offre inoltre la presenza di punti panoramici dai quali si può osservare tutta la costa della Locride e altre tracce storiche, come i ruderi della chiesa dei SS Pietro e Paolo, distrutta dal terremoto del 1908. Un’ulteriore risorsa ciminese, legata alla sua tradizione pastorizia, è, invece, la produzione del caciocavallo di Ciminà, Prodotto Agroalimentare Tradizionale che il visitatore potrà degustare negli agriturismi del posto.

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Author: Lilli Tripodi

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