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“Questa mattina, appena uscito, di fronte la piazza centrale del paese che mi ospita, prospiciente la Chiesa, ho trovato un’ambulanza col parabrezza rotto. Ho pensato si trattasse dell’ennesimo atto vandalico e invece mentre mi avvicinavo a scorgere meglio, quello che all’inizio mi sembrava una protesta contro il vandalismo era invece un vero e proprio atto di denuncia. Si trattava infatti di un’ambulanza Ukraina mitragliata dai russi a Karkiv.
Da calabrese che considera per culture antropologicamente affini i popili dell’est a quelli di calabria, da Bovese adottivo che come cittadino ha visto quel comune tra i primi in Calabria a dare sostegno ai profughi Ucraini, e per la comunità dell’est europa che presta degnamente la sua manodopera da noi, specie le donne, devo dire che mi sono impressionato non poco. Non posso che come calabrese dell’area grecanica, intriso di cultura socialista non scrivere e non manifestare il mio dire sul pacificmo e sulle drammatiche fasi belligeranti dell’epoca nostra.
Sul come ci sia arrivata da noi, non so dire, ma credo che essa abbia avuto il placet delle istituzioni e della magistratura, considerato che per la convenzione di Ginevra, non si possono bombandare scuole, ospedali, ambulanze. Chi con atto di guerra fa tutto ciò violandone la convenzione, commette un crimine bellico. Può essere sia arrivata col placet della croce rossa internazionale che è organismo internazionalmente riconosciuto in sede Onu. Tuttavia, oltre il fatto che possa costituire prova o meno di un crimine di guerra, su cui valuteranno le magistrature competenti e le commissioni di inchiesta non posso non tacere sull’impressione che il mezzo esposto come atto di denuncia mi ha suscitato. Mi ha impressionato come cittadino italiano, che si riconosce nella Costituzione che ripudia la guerra come strumento di offesa tra i popoli. Detta in altre parole più terragne, il ripudio è oltre il semplice rifiuto, è il rifiuto con il senso del ribrezzo, così intesero la guerra i nostri padri costituenti, la cui maggiorparte ne aveva viste ben due. Il mio pensiero è andato anche alla striscia di Gaza, anche lì si bombardano ospedali, scuole, a tutto danno di un popolo che reclama lo stato sovrano di Palestina. V’è, e non si può fare a meno di constarlo, un diritto alla autodeterminazione dei popoli. E’ così in Palestina, molto probabilmente è così anche in Donbass e a Donesk.
Anche il sottoscritto ha il ripudio della guerra, in poche parole mi fa ribrezzo. Però sono nato razionalista e mi sforzerò di fare una analisi, tendente alla verità. Che Putin abbia invaso un paese Sovrano, che era a casa sua è vero. Che lo stesso Putin sia stato militarmente cinturato e imbrigliato ai prori confini con le mitragliatrici puntate sull’uscio è vero anche questo. Che in Ukraina, il governo Zelensky non spiccasse per eccessi di socialdemocrazia, e di progresso è vero altrettanto, non dimentichiamo la propaganda Filonazista del battaglione Azov, anche questa è una questione incontrovertibile. Ed ancora, che l’Ucraina voglia aderire all’Europa è anche vero, e come Europeo convinto, se gli Ucraini vogliono entrare in un’Europa dei popoli non ci vedo nessun problema. Il problema che è alla basa, è che l’Europa è sempre più un accordo tra governi e sempre meno una Europa dei suoi stessi popoli. Non era questa l’europa sognata da Mazzini, Spinelli. Non era sicuramente l’Europa di Von Hayek odierna, ma era l’Europa di Keynes l’economista che aveva previsto lo scoppio della seconda guerra mondiale dopo il trattato di Parigi. Keynes rimase inascoltato salvo poi salvare la stessa Europa con un modello Economico che fece scuola e che oggi pare sorpassato dal primato dell’economia sulla politica. Un tempo la guerra era la continuazione della politica con altri mezzi, poi la finanza fu la continuazione della guerra con altri mezzi, e oggi assistiamo alla guerra come la continuazione della finanza mondiale con mezzi diversi. Chiarito questo, sappiamo bene che l’occidente si regge su un’economia sganciata dal reale, l’unica cosa che lega l’economia occidentale al reale è l’effetto consolidamento, ovvero lo stato di guerra mondiale permanente, senza il quale la bolla finanziaria fittizia tracimerebbe il castello di carta generando miseria mai vista, al momento ci si accontenta dell’individualismo, dello spopolamento, della desertificazione e della distruzione antropologica delle comunità che sono inutili a questa fase suprema di congiuntura economica. A questo invece fa da contraltare l’est, che vorrebbe un’economia paradossalmente basata, proprio loro che hanno sostanzialmente ripudiato Marx, sullo stimolo della domanda e il ruolo arbitro dello Stato, praticamente un ritorno a Keynes. Il problema di questi stati purtoroppo è che sono talmente vasti, che per storia, cultura antropologica, religiosa, giuridica,spinte separatiste, sono autocratici, ovvero non concepiscono la democrazia così come in occidente.
L’impero russo è passato dallo Zar Romanov a Stalin, poi a putin senza fasi parlamentari, diversamente non avrebbe retto, idem la Cina. Con la sola differenza che sia il maoismo, che il bolscevismo dava una parvenza di democrazia fantoccia attraverso il sistema dei soviet o dei consigli dei contadini. La frase di Putin è emblematica: “chi pensa che il bolscevismo sia stato un errore non ha cuore, e chi pensa che possa ritornare non ha cervello!” In effetti è vero, ma solo in parte. Per anni in occidente il progresso di un mondo fatto di equità e giustizia sociale era sostenuto nell’ideale della rivoluzione russa leninista, come seconda fase della rivoluzione francese. Erano gli unici due esempi storici presi a modello, altri non vi erano. Con Lenin, che a un certo punto ammette che il materialismo storico non è un dogma, e che forse marx qualcosa l’aveva errata, almeno nelle previsioni. Cadeva così il vangelo marxista alla luce della prassi rivoluzionaria. Il problema era, che il terrore di quella rivoluzione in Occidente fungeva da deterrente nelle democrazia occidentali, impegnati a pompare soldi di stato per garantire con i suoi apparati politici benessere e frenare le spinte di adesione al bolscevismo russo. Non mi addentro qui in fasi di analisi, anche di cronaca, di quel sistema che merita ampia e più vasta discussione. Il problema più grosso, almeno per un riformista democratico come me è solo uno, non puoi garantire il progresso economico perequativo in occidente, solo per il terrore di uno stato gigantesco come l’urss, se non guardi a cosa succedeva in URSS. Ovvero: non puoi pretendere che la spesa pubblica sia politicamente basata sull’etica del non consenso comunista, è come dire che si stava bene quando in Urss invece di grano si producevano atomiche. Non poteva funzionare così, star bene noi, per vedere soffrire i russi, che come si sa, producevano merci di scarsa qualità o addirittura non le producevano affatto. Le mitiche calze di nylon per le donne dell est sono state un mito di quel sistema fallito economicamente, e che eccelleva solo nella fisica e nella meccanica militare e spaziale, oltre che scolastico. Crollato quel sistema, l’occidente si è impegnato con i suoi risvolti etici a fare la stessa cosa, in maniera diversa, lasciare che il mercato governasse il mondo senza intrusioni politiche, valoriali. Fine della storia. Il risultato? Perdita dalla funzione civile e statale del sistema scolastico, perdita del senso della patria, perdita della tradizione dei popoli, isolamento individuali, nascita dei nuovi diritti, perdita del concetto di perseità e inseità delle masse, che non lottano più per il loro progresso, ma semplicemente per il loro senso del desiderio. La domanda che mi pongo è questa, che senso di progresso è lottare per i diritti civili delle comunità con diverse inclinazioni sessuali, se poi quegli individui della stessa comunità ottengono le unioni civili ma sono condannate al precariato?
Detto questo. L’ukraina, ha un problema di governo nazionalista di destra? Si. Lo stesso problema che ha l’Europa. Se vorremo accoglierli nella comunità degli stati, è necessario che rompano con le ideologie storiche nazistoidi di Bandera. Non ha senso accogliere un altro Orban nella comunità degli Stati Europei che sono sempre meno gli stati degli Europei. Abbiamo già la bega della Le Pen in Francia e della AFD in austria. Tra l’altro non riesco a capire il motivo per cui non lo si possa dire a Zelensky che a quanto pare vive di complesso della vittima, solo perché è stato menato per primo. Non abbiamo fatto entrare in Europa la Turchia per la questione di cipro, per il mancato riconoscimento dell’eccidio armeno, e per la conversione in moschea della basilica di Santa Sofia, eppure egli è alleato Nato quanto noi. Seconda questione. La guerra fredda, ebbe la sua massima distensione quando Gorbaciov e Regan, raggiunsero, tra loro privatamente impegnando i rispettivi Stati, a non puntarsi i missili contro, e a creare intorno alla Russia zone neutre cuscinetto. Il patto mai scritto, rimase fin quando costoro, da uomini di Stato condussero la linea politica. Quel metodo di comportamento responsabile, e privato, tra uomini di due grandi potenze venne meno quando vennero meno le loro cariche. Da lì nessuno, coltivò con senso di responsabilità la proroga di quel patto. Iniziarono gli americani col bombardamento della Serbia, dove fummo vicini alla guerra mondiale, nessuno dice che in quella occasione venne bombardata l’ambasciata Cinese, con i cinesi che andarono su tutte le furie. Poi si iniziò l’opera di demolizione e di embergo degli stati mondiali più avvini alla russia, Venezuela, Cuba, Iran, Libia di Gheddafi, Siria,deposizione di Thomas Sankara, e l’annesione al patto atlantico delle ex repubbliche sovietiche (complice anche il sistema Della Glastnost di Gorbaciov). Fino a oggi. Morale della favola: tra Russia e Ukraina siamo nel mezzo di una guerra tra due nazionalismi, e opposte visioni economiche del mondo. Con un dato di fatto: l’occidente non riesce a fare il mea culpa, sui disastri sociali arrivati dopo l’abbandono dell’economia di Keynes e l’abbraccio di Von Hayek, coltiva il perenne rifiuto del progressismo ammantato di paura socialdemocratica ancora convinto che si tratti di pericoloso bolscevismo, e nello stesso tempo quella economia fa sparire la classe medie, che scivolando nel baratro non vota a sinistra perché impaurita, non vota al centro perché non c’è più , riesce a votare i populismi e i nazionalismi di destra convinta, illusoriamente che vi possa esssere ancora uno Stato Forte, che non c’è e non ci sarà, perché vi è il primato dell’economia sulla politica. Solo che la classe media non lo sa, o finge di non saperlo, sottopena domani di trovarsi in crisi economica, peraltro ha ancora i traumi del 2008. Come nase la questione delle repubbliche separatiste. Nasce come ogni guerra, dalle contraddizioni economiche.
Quei territori di fatto sono ricchi di materie prime di natura estrattiva, sotto il regime sovietico creavano occupazione e grazie ai governatori provinciali del pcus, e le loro captatio benevolenzie sul presidente Urss ottenevano servizi. Con l’indipendenza alcune sono diventate improduttive, altre sono oggetto di delocalizzazione di multinazionali, che non fanno altro che generare precariato, sfruttamento senza rendere i servizi sociali che l’urss garantiva. Putin, vedasi il precedente della crimea, di quelle materie prime ha bisogno, e ha subito promesso il ritorno dei servizi collettivi, quello che gli stati occidentali non garantiscono più. Forti del passato di occupazione sovietica sono partite le spinte filorusse, forti anche delle loro culture, l’ukriana aveva infatti proibito l’uso della lingua russa in quelle zone. Si è arrivati così allo scontro. E la foto di quell’ambulanza forata che vedete. Come uscirne? Si dia il diritto a quei popoli di autodeterminarsi, si crei una zona cuscinetto est ovest, si riprendano i rapporti economici e di dialogo. La guerra finirebbe domani se si indicesse un plebiscito referendario nel Donesk e nel Donbass, con quale Stato preferiscono stare, e si dia in caso di vittoria democratica filorussa il diritto di asilo a tutti coloro che, in quelle zone, non si sentono russi per motivi politici o culturali. Non è una calata di braghe con Putin, è piuttosto il ripudio della guerra come mezzo di offesa, sarebbe la vittoria della democrazia. Costa di più un plebiscito sotto l’egida internazionale o il fiume di Miliardi dati agli Ukraini per difendersi, col rischio di provocare un conflitto mondiale? Riflettere.”
Contro la guerra, e per la solidiarietà tra popoli delle nazioni, sempre, oggi come nel 1914.
Principato Domenico- partito socialista italiano
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