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Trasportati dal venticello della nostalgia, verso sera scendono i ricordi. E tra i tanti il cielo. Quel cielo terso di San Luca che non ho mai visto in nessun altro luogo. Era un cielo antico, più antico del tempo, verso il quale lanciavamo aquiloni dalla coda così lunga da impedire il decollo persino ad un reattore. Adesso, a distanza di tanti anni, mi piace pensare che quel cielo di San Luca era un cielo bambino, un cielo creato apposta per i bambini, le cui nuvole diventavano cavalli, fate e folletti disposti, un giorno, a scendere per giocare con noi. Poi, dopo la pioggia, l’arcobaleno era sempre meraviglia. Sorgeva, inaspettato da dietro il Serro di Papà, salutato dalle urla di gioia dei bambini e dal loro timore di vederlo sparire presto. E quante volte s’immaginava di percorrerne i sentieri! Ora tutto è cambiato, i bambini guardano sempre meno verso il cielo e sempre più verso la TV. E nemmeno il cielo sembra più lo stesso. Ed in fondo è normale: se non ci sono più quei bambini, è giusto che non ci siano più nemmeno quei cieli e quegli arcobaleni.
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