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L’industria della moda e del tessile è responsabile del 10% delle emissioni globali di anidride carbonica e del 20% dello spreco di acqua. E c’è di più, se si pensa che le piantagioni di cotone coprono solamente il 2,4% delle coltivazioni mondiali, ma che utilizzano più pesticidi di qualsiasi altra coltura. Va da sé che per risolvere problemi quali lo spreco dell’acqua e l’utilizzo eccessivo di fertilizzanti inquinanti è necessario che le aziende del settore elaborino nuovi piani di azione.
Goel lancia Cangiari
Allo stesso tempo, anche ai consumatori è richiesto un piccolo sforzo quotidiano. Secondo un articolo pubblicato dalla piattaforma di shopping online Lyst, sono sufficienti 5 semplici accorgimenti per rendere un guardaroba più eco-friendly: riutilizzare, riciclare, ridurre, preferire la produzione locale e scegliere brand certificati per l’impegno verso la tutela ambientale.
Uno di questi è senza dubbio Cangiari, che pone al centro del proprio impegno l’ambiente e le persone. Sì, perché oltre ad utilizzare materiali e filati biologici, il brand di moda etica ha scelto di puntare sulla sostenibilità ambientale. Ma anche su quella sociale, impiegando lavoratori appartenenti a categorie svantaggiate. Il progetto fa infatti parte del gruppo cooperativo Goel (termine biblico che rimanda alla figura del liberatore). Si tratta di un consorzio che si occupa di tutelare e migliorare le condizioni delle classi sociali emarginate. Dal 2003, anno della sua fondazione, fino a oggi, Cangiari è costantemente cresciuta, arrivando a fatturare circa 6,5 milioni di euro all’anno. E ha dato lavoro a 200 persone tra dipendenti e collaboratori e producendo 5300 capi di fascia alta ecosostenibili.
Il marchio Cangiari
Cangiari è il primo marchio di alta moda etica ed ecosostenibile, ed è totalmente made in Calabria. Le sue collezioni di moda bio e cruelty free sono tessute interamente a mano nel cuore della Locride, terra incastonata tra le meraviglie naturalistiche dello Jonio e dell’Aspromonte, troppo spesso salita agli onori della cronaca per vicende legate alla criminalità organizzata e al malaffare.
Per certi versi ha tutte le sembianze di un miracolo quello messo in atto dal brand, nato nei primi anni 2000 all’interno della cooperativa sociale Goel. Spingendosi ben oltre i confini calabresi, nel 2016 le splendide creazioni Cangiari hanno solcato le passerelle internazionali della prestigiosa Arab Fashion Week. I capi di alta moda ideati e prodotti dalla comunità creativa guidata dalla stilista Mariapaola Pedetta sono stati premiati durante lo speciale evento Eco Fashion, tenutosi a Dubai e patrocinato da Adidas e Stella McCartney.
La mission
Fin dalle origini la mission di Cangiari (che in dialetto locale significa cambiare) è stata quella di riprendere possesso del territorio. E di farlo seguendo i principi dell’etica e della sostenibilità, temi sempre più cari ai consumatori, e specialmente alla generazione dei millennials. Secondo una recente indagine, nel 2018 le ricerche in rete con parole chiavi riconducibili alla moda ecosostenibile sono aumentate del 47%.
La produzione di Cangiari si rifà alle antiche tecniche calabresi di tessitura a mano, tramandate in filastrocche contenenti le complesse sequenze con cui lavorare i 1800 fili del telaio. Per ridurre l’impatto ambientale, la catena produttiva impiega tessuti e colorazioni bio, naturali e sostenibili, certificati in base agli standard GOTS.
Il fortunato percorso e i risultai raccolti insegnano che cangiari il modo di fare moda si può, già dalle prime fasi di produzione. E che se questo avviene partendo da un contesto a volte difficile come quello calabrese, allora dovrebbe essere possibile anche nel resto del mondo. Case di alta moda, designer emergenti o marchi noti del fashion business devono accettare la sfida per cambiare rotta, tutelando responsabilmente ambiente e lavoratori.
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