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“Le cronache di questi giorni, riportano ancora una volta all’attenzione mediatica la Calabria, utilizzata come terminale di scarico e di scarto dei peggiori veleni, sentina d’Italia. Pare che le indagini svolte abbiano portato alla luce gravi irregolarità sulla depurazione di sostanze maleodoranti e velenose provenienti dalla lavorazione del petrolio negli impianti della vicina Basilicata. Migliaia di tonnellate di questi reflui tossici, spacciati per altro, venivano sversate e “trattate”nei depuratori privati di Gioia Tauro, Lamezia e Bisignano.
La Calabria si conferma la vera Terra dei Fuochi dopo gli scandali ambientali degli anni passati tra i quali ricordiamo le ferriti di zinco della Pertusola di Crotone interrate nella sibaritide, i fusti sospetti ritrovati nella piana di Gioia Tauro, l’inquinamento del torrente Oliva nell’alto Tirreno Cosentino, per non parlare dell’attualissimo problema ancora non risolto dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, dei centinaia di siti da bonificare, dell’inquinamento delle acque dal lago Alaco fino al percolato delle megadiscariche del catanzarese ed alla debacle della depurazione dei reflui con il conseguente inquinamento delle coste.
Se la magistratura, come è giusto che sia, farà il suo corso, con i suoi tempi e suoi riti, è doverosa una valutazione di carattere politico. Per decenni, gli amministratori calabresi, a vari livelli e nella migliore delle ipotesi hanno trascurato e sottovalutato la portata dei problemi, spesso delegando all’imprenditoria privata la risoluzione dei problemi ambientali, intorno ai quali, come è noto, ruotano miliardi di euro. Emblematico e paradossale è il caso di Bisignano, dove una politica locale “disattenta”, nel corso degli ultimi trent’anni ha delegato la gestione dei reflui fognari a soggetti privati che in cambio chiedevano e ottenevano la possibilità di svolgere attività di depurazione senza possibilità di controllo da parte dell’amministrazione comunale su quanto e cosa veniva sversato nell’impianto presente all’interno del territorio e di come i liquami venivano trattati.
Ricordiamo che il Sindaco è la prima autorità sanitaria del territorio e in tale veste ha enormi poteri che possono arrivare fino alla limitazione delle libertà personali come nel caso del trattamento sanitario obbligatorio ma paradossalmente non può intervenire per chiudere o semplicemente controllare un impianto di depurazione presente sul suo territorio. Del resto, la ditta che gestisce l’impianto di Bisignano è sempre uscita vittoriosa da vertenze amministrative che l’hanno vista coinvolta nel corso degli anni e d’altra parte i personaggi politici, avvicendatisi negli anni, hanno vestito, a convenienza, quando i panni degli ambientalisti e quando quelli delle concessioni ai privati.
In conclusione riteniamo che la cronaca di questi giorni, al netto delle vicende giudiziarie, dimostri una assoluta e atavica incapacità politica, a tutti i livelli, di programmare le strategie ambientali e di indirizzare le scelte per la crescita dei territori. Si è preferito, negli anni passati, ma la tendenza non sembra essersi modificata, lasciare le maglie troppo larghe in questi delicatissimi settori con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Paradossalmente l’impresa privata che gestisce la depurazione a Bisignano è tra le aziende più floride e premiate del territorio, con decine di posti di lavoro e un fatturato invidiabile.
Possibile che il lavoro in Calabria come in tutto il meridione debba essere per forza coniugato con inquinamento, veleni e miasmi? Non sono bastati gli esempi negativi e tragici della Marlane di Praia a mare, della Legnochimica di Rende, dell’ILVA di Taranto? La svolta ci sarà solo ad una condizione: sradicare in toto e definitivamente questa classe dirigente in putrefazione e sostituirla con uomini sostenuti da un valore alto e spirituale della politica presupposto fondamentale ad una crescita sociale collettiva e ad una speranza per un futuro per questa terra”.
Dott. Alessandro Perrone
Forza Nuova Calabria
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