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“I tragici fatti tragici di cronaca recentemente accaduti, uno dei quali ha condotto una giovane donna al suicidio, ci fanno comprendere ancor di più – afferma l’ Avv. Margherita Corriere, Presidente Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani, Sezione Distrettuale di Catanzaro – che lo sviluppo incessante delle tecnologie digitali può costituire una diabolica trappola, con effetti a volte drammaticamente imprevedibili, senza una idonea educazione digitale. E’ fondamentale avere la consapevolezza che la “rete” lascia tracce indelebili nel tempo, la cui accessibilità finisce fuori dal nostro controllo; tale processo si acuisce con i Social Media, dove, raccontandoci, non siamo per nulla in una stanza a interloquire con i nostri amici, bensì “su un palcoscenico senza confini“. A tal proposito, afferma la prof.ssa Giaccardi “viviamo di fatto come in un palazzo di vetro, dove tutti vedono tutti”.
Non possiamo, però, far sì che Internet e i social, da strumento di comunicazione diventino mezzi di mercificazione delle nostre vite e motivo di costante violazione della privacy. Oramai, reale e virtuale sono sempre più integrati da una continua e maggiore pervasiva connettività, il cui processo è accelerato in maniera iperbolica dal moltiplicarsi delle connessioni mobili e delle relative applicazioni tecnologiche, che ormai sembrano essere diventati parti inscindibili di ognuno di noi. Da una parte, la tecnologia non può divenire così pervasiva da condizionare le nostre vite e, soprattutto, violare la privacy di ognuno, come dall’altra parte non può creare individui così robotizzati da essere motivati solo dal pubblicare tutto quello che può far ottenere più visualizzazioni o “like”, prescindendo dal rispetto per l’altro, dalla sua dignità di persona, dall’inviolabilità della sua vita e dei suoi sentimenti. A tal proposito, si era avuta la Risoluzione dell’ONU approvata nel novembre del 2013 sul tema della privacy nell’era digitale, con la quale si invitavano gli Stati membri ad attivarsi per prevenire le violazioni del “diritto umano alla privacy”.
Ma ancora oggi non si è risolto granché e le tante tragedie provocate da un uso improprio della rete lo testimoniano. Oggi urge soprattutto che sia promossa l’educazione digitale già dalle scuole primarie e che venga garantita una formazione permanente degli educatori (famiglia e scuola) sui rischi della tecnologia e sul rispetto degli utenti in quanto persone e soggetti di diritti: il tutto al fine di scongiurare che le nuove tecnologie, così utili e importanti, possano diventare strumenti potenzialmente lesivi della dignità delle persone, mercificata da un irrefrenabile scambio di file, dove l’individuo diventa solo mero oggetto in balia della rete in una perversa gara al sensazionalismo. Ai giovani devono essere trasmessi dalle agenzie educative quei valori fondamentali, che conducono al rispetto e all’attenzione per i propri simili nella consapevolezza che usare computer, smartphone, postare commenti sui social, esporsi con continui aggiornamenti di stato e pubblicare le proprie foto o dei video personali e di amici, sono azioni che devono essere effettuate nella piena consapevolezza di non violare i diritti di nessuno e di proteggere i propri e altrui dati sensibili.
D’altra parte, ricordiamo che molestie, minacce, stalking, diffamazione sono sanzionate penalmente e, addirittura, in forma aggravata, se realizzate attraverso i social network. Cerchiamo di salvaguardare le nuove generazioni e non facciamoli diventare dei consumatori passivi delle nuove tecnologie, ma educhiamoli sin da piccoli ai concreti valori, al rispetto dell’altro, alla condivisione non solo di post, ma soprattutto di sentimenti con i loro simili nel mondo reale, facendo comprendere loro i rischi sempre più invisibili che si corrono nel mondo virtuale. Urge una consapevolezza digitale diffusa nella nostra società come migliore deterrente contro i fenomeni quali la violenza in rete, il cyber bullismo, la diffamazione e lo stalking via web. Necessitano, pertanto, degli interventi pubblici non estemporanei, mirati e che abbiano come destinatari soprattutto i cosiddetti “nativi digitali”, che devono comprendere come la rete non sia terra di nessuno, dove poter dire e fare di tutto in maniera arbitraria, bensì uno spazio pubblico dove vigono regole da rispettare”.
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