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Riceviamo e Pubblichiamo
da Roberto Galati, Associazione Ferrovie in Calabria
“Una semplice escursione, una delle tante dell’Associazione Ferrovie in Calabria, immersi tra natura e binari, lo scorso sabato si è improvvisamente trasformata in una nuova battaglia di civilità. Siamo partiti infatti con l’intento di percorrere a piedi alcuni tratti della linea ferroviaria Soveria Mannelli – Marzi, oggi sospesa all’esercizio e che, come ben noto, rappresenta la parte centrale della ferrovia a scartamento ridotto Catanzaro Lido – Cosenza di Ferrovie della Calabria. In realtà, l’idea di percorrere a piedi uno dei tratti ferroviari più sconosciuti – ma non per questo, come vedremo, meno interessentati – della nostra regione, è nata lo scorso 5 aprile, in occasione della Quarta Maratona Ferroviaria di Co.Mo.Do (Confederazione della Mobilità Dolce), in conclusione del Mese della Mobilità Dolce e delle Ferrovie Non Dimenticate. Come ricorderà infatti chi ci segue, durante la Maratona Ferroviaria abbiamo percorso per intero la Catanzaro Lido – Cosenza, effettuando anche il famigerato trasbordo in autobus da Soveria Mannelli a Rogliano, necessario ormai da sei anni a causa dell’interruzione per frane del tratto ferroviario omonimo. Dall’autobus, oltre a renderci conto che effettuare via strada un percorso del genere è a dir poco improponibile (45 minuti di percorrenza in più rispetto al treno, un’ora e 40 minuti contro 55 minuti, senza contare sballottamenti e potenziali rischi nel periodo invernale), abbiamo constatato che la tratta Soveria Mannelli – Rogliano rappresenta probabilmente, dopo la Ferrovia Silana, uno dei percorsi ferroviari paesaggisticamente più belli di tutto il Sud, e forse anche d’Italia.
Da qui, perciò, nasce l’idea di percorrere a piedi parte di quei 31 km di ferrovia, purtroppo flagellata da frane e smottamenti… e anche dall’incuria di anni ed anni.
Trentuno chilometri che riteniamo necessario far conoscere a tutti i calabresi, non solo per la loro bellezza e la loro storia (vedremo più avanti alcune curiose particolarità), ma perchè sono l’esempio lampante di come la mancanza o l’abbandono di infrastrutture ferroviarie, causi una spirale negativa di crollo demografico, crollo dell’economia e quindi ulteriore abbandono dei centri abitati da parte della popolazione.
La battaglia di civiltà, perciò, ha come obiettivo primario quello di evitare la morte di quei piccoli (o divenuti tali) centri abitati precedentemente serviti dai treni, e che chiaramente non hanno trovato nel bus un mezzo sostitutivo altrettando veloce, comodo, sicuro e frequente. Ci riferiamo ai comuni di Vaccarizzo, Bianchi, Colosimi, Scigliano, Pedivigliano e Carpanzano, tutti rimasti isolati tra il 2009 ed il 2010, a seguito dell’interruzione della Soveria Mannelli – Rogliano, dal 2014 per fortuna ripristinata da Rogliano a Marzi.
Tantissimi abitanti, specie giovani lavoratori e studenti universitari, una volta venuto a mancare il collegamento ferroviario che garantiva una mobilità rapida e sicura verso Cosenza, Rogliano, Soveria Mannelli ed anche Catanzaro, hanno chiaramente optato per un trasferimento di residenza più o meno fisso, nello stesso comune sede del luogo di studio/lavoro, andando via via a depauperare un rinnovo generazionale che già era stentato da anni. Minori abitanti, quindi minore commercio, minori entrate fiscali per i comuni, maggiore abbandono di abitazioni e di luoghi pubblici in centri che, se fossero in altre regioni, sarebbero probabilmente un gioiello di turismo e valorizzazione della loro variegata storia, economia e cultura. Ecco che cosa significa perdere una ferrovia. E si badi bene: questa non è una riflessione “made in Ferrovie in Calabria”, ma sono constatazioni estremamente preoccupanti degli stessi abitanti ed amministratori locali di questi comuni. Amministratori locali che però, non dimentichiamo, potrebbero far sentire di più la voce del loro malcontento nei confronti della Regione Calabria ed anche delle istituzioni nazionali…
Ma non è sicuramente questa l’occasione per polemizzare sulle modalità di azione dei territori, e dopo questo preambolo in verità un po’ lungo, passiamo al nostro reportage di sabato scorso, incentrato principalmente sugli eventi franosi che hanno interessato la linea ferroviaria, ed ovviamente sulle bellezze e sulle potenzialità di questo percorso.
La prima tappa è stata Decollatura (lì i treni per fortuna circolano!), dove abbiamo incontrato il nostro nuovo associato Giovanni Petronio, attivista di lunga data per quanto riguarda il rilancio della ferrovia Catanzaro – Cosenza. Assieme a lui ci siamo quindi recati nei pressi della prima frana, sita attorno al km 42, tra la fermata di Celsita e la stazione di Scigliano – Pedivigliano. Di strada, abbiamo “incrociato” la graziosa fermata di Coraci, tra l’altro riprodotta in un noto diorama, dall’amico modellista Mario De Prisco.
Inizialmente, abbiamo percorso a piedi anche il tratto Celsita – Coraci, rilevando alcuni smottamenti di lieve entità ed alcuni alberi caduti sulla sede ferroviaria. Tra Celsita e Scigliano, invece, oltre ad alcuni lievi abbassamenti della sede ferroviaria, insiste purtroppo la frana che ha provocato i maggiori danni in assoluto, su tutto il tratto interrotto. Frana che si trova appunto al km 42, a poco più di 1 km di distanza dalla stazione di Scigliano-Pedivigliano, e purtroppo lo scenario di fronte a cui ci si trova, è desolante. Del rilevato ferroviario non è rimasto praticamente nulla (sono stati ovviamente smantellati anche i binari), se non la micropalificazione per il contenimento del terreno rimasta “appesa”. La prima impressione che si ha, è quella di uno “scivolamento” dell’intera montagna partendo quasi dalla sommità, che tra l’altro ha provocato gravi danni anche alla soprastante viabilità stradale, in ogni caso tornata da tempo percorribile, seppur con le dovute cautele. Un dissesto così grave, perciò, avrebbe necessitato di interventi distribuiti su tutta l’area in scivolamento, e non esclusivamente sul rilevato ferroviario che, come prevedibile, è stato spazzato via con tutti i micropali. Chiaramente, non possiamo fare a meno di sottolineare che, a poca distanza, si trova un’imponente area disboscata selvaggiamente, che se unita agli incendi, all’abbandono del territorio ed alla mancata realizzazione di opere di contrasto al dissesto idrogeologico, rende l’idea del perchè, sempre più spesso, avvengono questi fenomeni nella nostra regione. E pensare che a volte, una semplice serie di muretti a secco unita al terrazzamento dei terreni, riusciva a salvare abitati, strade e ferrovie per decenni!
Effettuato il sopralluogo al km 42, dove saranno necessari importanti interventi (e forse una variante) per ripristinare il tracciato ferroviario, ci dirigiamo quindi verso Carpanzano, dove ad attenderci troviamo il nostro amico Pasquale Fabiano, dipendente di Ferrovie della Calabria e consigliere comunale di quello che probabilmente è tra i centri abitati più antichi del cosentino. Pasquale, che ha avviato la propria carriera proprio sulla tratta ferroviaria oggi interrotta, ci ha ribadito, da amministratore locale che da tempo si batte per questa causa in ogni sede, l’importanza del trasporto su rotaia per il comune di Carpanzano, oggi rimasto isolato quasi totalmente da Catanzaro e Cosenza, e ostaggio di una viabilità stradale assolutamente inadeguata e pericolosa, specie se percorsa con autobus. Ed i numeri, purtroppo, parlano chiaro. Dal 2011 ad oggi, lo spopolamento ha subìto una forte accelerazione, ed una delle figlie di Pasquale, studente all’UNICAL, non avendo più la possibilità di viaggiare con mezzi pubblici in tempi accettabili, è stata costretta a divenire l’ennesima fuori sede con casa in affitto, pur abitando “in linea d’aria” a pochissima distanza da Cosenza!
A proposito di peculiarità naturalistiche e storiche: assieme a Pasquale, abbiamo visitato rapidamente una parte di Carpanzano, constatando la bellezza di questo piccolo comune incastonato sulle pendici della Vale del Savuto. Il nostro amico ci ha segnalato inoltre che, dalla ferrovia, è possibile vedere anche un bellissimo ponte romano sul Savuto, facente parte dell’antico percorso della Via Popilia, oltre ad alcune particolarità inedite lungo il percorso ferroviario.
Dalla stazione di Carpanzano, dotata ancora di uno storico (seppur inattivo) apparato centrale a leve “Max Judel” per la manovra di scambi e segnali, ci avviamo quindi verso la seconda frana di una certa rilevanza, posta attorno al km 33, quindi lato Cosenza. Da qui, sarà, un lungo entra-esci da gallerie brevi e più lunghe, circondati da un paesaggio mozzafiato. A poca distanza dalla stazione, infatti, la ferrovia corre già su una sorta di balcone affacciato sulla Valle del Savuto. La vista si perde sul fiume, e dall’altro lato della vallata intravediamo addirittura la A3, dove automobili e tir sembrano formichine in silenziosa corsa con i propri carichi di provviste! Volgendo lo sguardo un po’ più in basso, la vista si sposta dai comunque affascinanti e “quasi storici” ponti autostradali in calcestruzzo, al bellissimo ponte di epoca romana di cui ci aveva parlato Pasquale. Il tutto, mentre ci troviamo quasi senza accorgercene, proprio sopra l’altrettanto bellissimo ponte in pietra e mattoni, ormai centenario, su cui è posata la ferrovia. Tre epoche a confronto! La ferrovia, tra l’altro, in questo tratto è già dotata di traverse biblocco in cemento armato, e rotaie da 50 kg/m. Un armamento di tutto rispetto, a differenza di quello che abbiamo invece incontrato tra Coraci e Scigliano, dove si trovano ancora le vecchie traversine in legno.
Rimaniamo ulteriormente stupiti dalle buone condizioni della linea, quando entriamo in alcune gallerie la cui volta è stata totalmente messa in sicurezza alcuni anni fa, forse addirittura subito dopo la sospensione della ferrovia! Sembra quasi di passare dentro una piccola galleria ferroviaria ad alta velocità, di certo non con un secolo di vita!
Attraversiamo una colata di detriti caduta sui binari poco prima di un’ennesima galleria, sempre accompagnati da un paesaggio quasi mistico, ed eccoci al cospetto della frana che stavamo cercando.
In questo caso, ci troviamo di fronte ad una situazione un po’ meno “tragica” del previsto. Il muro di contenimento con i relativi gabbioni che era stato costruito subito dopo il primo evento franoso, è stato gravemente danneggiato dal progredire del dissesto. Con un semplice sopralluogo visivo non è possibile trarre conclusioni, chiaramente, ma l’impressione avuta è che il movimento franoso si sia in realtà stabilizzato, del tutto o in parte. Sono già presenti numerosi arbusti ed alberi quasi d’alto fusto, ben consolidati in un terreno che non sembra si sia più spostato. Tra l’altro, probabilmente dopo il crollo del muro costruito ex-novo, si era tentato di creare una sorta di variante, guadagnando spazio attraverso la riduzione della parete rocciosa posta lato Cosenza, quasi all’uscita della galleria. Probabilmente tali interventi si sono poi fermati a causa della sopraggiunta crisi finanziaria di Ferrovie della Calabria, che imperversava proprio in quel periodo, e dall’avvenimento del secondo evento di dissesto già visionato a Scigliano, che ha portato l’azienda ad attendere tempi migliori… per rimettere in sesto tutto il tratto interessato dalle frane.
In questo caso, viste le condizioni generali non gravissime e gli interventi che erano stati già avviati, riteniamo che a differenza di quanto accaduto tra Celsita e Scigliano, si potrebbe intervenire in tempi relativamente brevi e con poca spesa, per dare nuovamente continuità alla linea ferroviaria. Ma passeremo tra qualche rigo alle nostre proposte di intervento più o meno immediato.
Il nostro sopralluogo, infatti, non si è concluso alla frana, ma su segnalazione di Pasquale Fabiano, il nostro cammino tra boschi e binari è proseguito, fino alla stazione successiva a Carpanzano, che è Parenti, posta immediatamente dopo il maestoso viadotto sul fiume Savuto. Lungo il cammino, dal quale ad un certo punto si è iniziato ad intravedere persino Rogliano sul versante opposto, ci siamo imbattuti in nuove, incredibili, peculiarità di questo tracciato ferroviario. Iniziamo da due affascinanti gallerie consecutive, sulle quali chiavi di volta dei portali lato Catanzaro, si trovano in altorilievo due figure quasi inquietanti! La prima, è un volto apparentemente femminile dai caratteri, come si suol dire, un po’ “spiritati”. Sulla galleria successiva, invece, c’è raffigurata sempre sulla chiave di volta, una clessidra alata.
Si tratta di casi probabilmente unici della rete ex FCL (per lo meno quella calabrese), visto che normalmente sulle chiavi di volta si trova o l’anno di costruzione del manufatto, oppure nulla del tutto. Non riusciamo a spiegarci il perchè siano state scelte proprio quelle due gallerie (di cui una soprannominata dai ferrovieri “galleria du Babbu”), site in un luogo assolutamente impervio e raggiungibile solo via ferrovia: l’unica – più o meno – certezza che possiamo dare, a seguito di ricerche, è che entrambe le figure (il volto potrebbe essere quello del dio Saturno, spesso associato alla clessidra) rappresentano simboli massonici legati all’implacabilità del trascorrere del tempo, che nel caso della clessidra però, è figurato come ciclico e ripetibile all’infinito…semplicemente invertendo l’oggetto.
All’interno della galleria sulla quale è raffigurata la clessidra, troviamo un’altra sorpresa: addirittura una piccola fontana con tanto di vaschetta di decantazione ricavata nella roccia…e bicchieri di plastica lasciati da qualcuno che probabilmente è passato già prima di noi.
E non finisce qui: incredibile il casello costruito su un terrazzamento, posto proprio di fianco ad una galleria. Sul lato opposto, si trova ancora un lavatoio, originariamente alimentato dall’acqua intercettata da qualche cantoniere, da una bellissima cascatella sita a poca distanza dai binari.
Il nostro tragitto si conclude, quasi all’imbrunire, nella fermata di Parenti incastonata nella natura più incontaminata. In questo caso, la piccola stazione (dotata ancora di binario di incrocio, con scambi azionati tramite impianto a filo), si trova ad addirittura 15 km dall’omonimo centro abitato! Nonostante tutto, fino a pochi anni prima della sospensione della linea, era abitata da un’addetta di Ferrovie della Calabria, che l’aveva trasformata in un giardino curatissimo…
A causa dell’ora tarda, il nostro tragitto non è proseguito: la stazione successiva a 4 km di distanza, Marzi, ci avrebbe regalato nuovamente le rotaie “molate” dal passaggio dei treni, terminando infatti il tratto di ferrovia interrotto.
Sulla via del ritorno, abbiamo riflettuto su quello che si potrebbe fare in tempi relativamente brevi, in attesa che diventino disponibili i 10 milioni di Euro di fondi nazionali contro il dissesto idrogeologico, che la Regione Calabria ha preventivamente destinato proprio al ripristino definitivo della Soveria Mannelli – Marzi. Fondi che verrebbero ovviamente utilizzati per rendere nuovamente percorribile l’attuale tracciato, in attesa che si definisca lo studio di fattibilità per la velocizzazione dell’intera Catanzaro – Cosenza.
Noi di Associazione Ferrovie in Calabria riteniamo che, viste le condizioni generali, i tratti più facilmente ripristinabili siano Marzi-Scigliano-Pedivigliano (con ripristino del tracciato nei pressi della frana al km.33), e quello da Soveria Mannelli a Colosimi. Questo tratto, di cui non abbiamo accennato fino ad ora, è stato tra l’altro sospeso all’esercizio solo nel 2012, poichè era necessario un controllo delle condizioni del viadotto di Vaccarizzo. Controllo che, probabilmente, è stato effettuato, visto che alcuni passaggi di materiale rotabile per esigenze di esercizio, su questa tratta, sembra siano avvenuti anche successivamente al 2012…
In questo modo, il tragitto effettuato con autobus, si ridurrebbe esclusivamente al percorso Colosimi – Scigliano-Pedivigliano, molto meno lungo e complicato dell’intero Soveria Mannelli – Rogliano di 100 minuti! Inoltre, in tal modo rimarrebbero “escluse” dal servizio ferroviario solo le fermate di Celsita e Coraci, obiettivamente poco fruibili e da sempre poco utilizzate.
E ovviamente, non dimentichiamo che questi ripristini, per quanto di brevi percorsi, significherebbero anche restituire il collegamento ferroviario con Catanzaro, ai centri di Colosimi, Bianchi e Vaccarizzo, e quello per Cosenza ai centri di Scigliano, Pedivigliano e Carpanzano, che ricordiamo essere nella totalità dei casi, comuni a rischio isolamento nei mesi invernali. Il treno significherebbe, inoltre, maggiore sicurezza per i cittadini che non sarebbero più costretti a viaggiare in auto o autobus su strade oggettivamente pericolose, specie durante i mesi freddi, e maggiore propensione a rimanere nei propri centri abitati, evitando costosi affitti a Catanzaro o Cosenza per lavoratori e studenti, e quindi ulteriori spopolamenti.
Senza dimenticare che, una volta ripristinata per intero la Soveria Mannelli – Marzi, un servizio ferroviario turistico, magari con locomotiva a vapore e vetture d’epoca, rappresenterebbe un’attrattiva unica, viste le tantissime bellezze e peculiarità del territorio attraversato.
Chissà, magari un giorno sarà proprio il “nostro” Brutia Express, trainato dalla vaporiera FCL 353, il primo treno che tornerà a varcare il confine ferroviario a scartamento ridotto, tra la provincia di Cosenza e quella di Catanzaro: il tempo non è scaduto. Serve solo che qualcuno giri quella clessidra rappresentata sulla galleria, e faccia ripartire la storia, dando un nuovo futuro ad una ferrovia secolare, che ha ancora tanto da dire e da dare alla nostra amata Calabria”.
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