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La “politica dei due forni” non tarda a manifestarsi anche nel centrosinistra, maggiormente in Italia dei Valori, che mentre dal nazionale urla all’eliminazione della parola province dalla Costituzione, dal regionale si schiera in favore del mantenimento delle province di Vibo e Crotone.
Ritengo che siano proprio tali atteggiamenti “ambigui” il segno tangibile delle effettive cause di malfunzionamento del sistema politico istituzionale calabrese e della sua incapacità di riformarsi.
Troppi interessi, troppe nomine connesse a incarichi in enti o società pubbliche, troppi incarichi da distribuire, troppi posti di lavoro da spartire tra gli adepti per accettare di buon grado l’abolizione di tutte le province, “nessuna esclusa”.
Non che l’abolizione di “tutte” le province sia risolutiva di tutti i mali e i costi legati alla politica, ma certamente costituirebbe un fatto concreto della capacità della politica di rispondere alla richiesta di credibilità e affidabilità della stessa politica che viene dai cittadini in un momento in cui proprio ai cittadini si chiede sempre di più di sostenere la crisi del sistema economico e finanziario.
A tal proposito basti solo notare come il trasferimento dei dipendenti provinciali presso altri enti, seguendo il criterio delle funzioni trasferite, produrrebbe la soppressione di tutti gli uffici duplicati (es. personale, affari generali, contratti, economato, bilancio, staff politici etc.) circostanza che già di per sé costituirebbe un risparmio consistente, in quanto i dipendenti attualmente adibiti all’esercizio di dette funzioni ben potrebbero essere destinati ad altre più proficue attività negli enti di destinazione.
L’utilizzo del personale proveniente dalle province soppresse sul territorio provinciale o regionale (nessuno pensa a deportazioni di massa dei dipendenti provinciali) sarebbe, inoltre, una vera manna per quegli enti che li assorbono, considerando le forti restrizioni alle assunzioni previste dalla legislazione più recente, alleviando così la sete di personale dovuta al blocco del turn over.
Senza contare, infine, che un risparmio consistente e soprattutto “politicamente corretto”deriverebbe dalla riduzione degli apparati politici e delle connesse spese di staff e rappresentanza degli organi istituzionali provinciali.
Credo, pertanto, che a tali considerazioni dovrebbero ispirarsi i comportamenti dei nostri rappresentanti politici, all’insegna di quei canoni di rispetto verso il proprio programma politico, grazie al quale hanno acquisito i consensi, e, quindi, verso l’interesse pubblico.
Filomena Falsetta
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