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Riceviamo e pubblichiamo da “Insegnanti calabresi”
“Inizialmente stabilirono che non ci poteva essere progressione di carriera tra i docenti, perchè noi nasciamo professori, all’inizio della carriera, e moriamo professori con la pensione.
E allora in mancanza delle progressioni, a differenza del resto della PA, per il comparto scuola, decisero di adottare gli scatti ‘d’anzianita’.
Eliminando questi, è come se un insegnante prendesse 1300 euro per tutta la vita.
Allora hanno pensato di introdurre il merito al posto degli scatti d’anzianità per giustificarne il taglio, ma il merito incentiverebbe i bei voti per gli studenti, pratiche di ruffianeria col dirigente, dividerebbe i lavoratori, favorirebbe la corruzione e svaluterebbe i titoli di studio.
Ciò che spacciano per valorizzazione del merito, in realtà si é rivelato un escamotage per mantenere i contratti bloccati e gli scatti fermi, dando l’illusione dell’incentivo.
Della serie : uno su mille ce la fa. Il tutto secondo il principio del “divide et impera” per spaccare l’unità dei lavoratori e rendere sempre più ininfluente il loro potere di rivendicazione.
Non si deve pensare che gli insegnanti o, in genere, i dipendenti pubblici siano persone che godano di chissà quali privilegi, perché non è affatto così.
I privilegi stanno altrove: in dei pessimi governanti, corrotti dai poteri forti che ci vogliono divisi.
Il sistema di valutazione è in gran parte incorporato in pratiche quotidiane e informali, sottratte a luoghi decisionali democratici, rappresentativi e trasparenti.
In questa opacità si annidano e si diffondono i germi dell’autoritarismo.
Ciò che acuisce il servilismo italico è il meccanismo operativo della competitività: cioè di quella guerra di tutti contro tutti, per affermarsi a spese degli altri, quel credere che in questa guerra tra poveri é la sopraffazione sull’altro che ci possa salvare, che è la riproposizione – nei rapporti interpersonali, nei meccanismi di promozione sociale, negli avanzamenti in carriera, nella selezione delle classi dirigenti – della concorrenza tra imprese. Il Presidente del Consiglio di turno, lo sa bene.
Se si assegna agli Istituti il compito di trattenere i “docenti migliori” succederà quello che succede nelle scuole private dove non vengono certo assunti i docenti migliori: Un tale potere discrezionale in un paese come l’Italia dove le raccomandazioni sono all’ordine del giorno implicherebbe soltanto la clientelarizzazione della categoria. E poi quali sono i docenti migliori ? Quelli che trovano consenso tra gli alunni e i genitori?
Anche le prove invalsi, come parametro di misurazione delle performance degli studenti, non misurano nulla, perché avulse dalla realtà e dalla pedagogia della scuola italiana: non misurano i ragazzi nell’evoluzione dei processi cognitivi, creatività e nel pensiero critico. Ogni anno circa due milioni e duecentomila studenti vengono sottoposti a questionari – in gran parte a risposta chiusa – che dovrebbero offrire una misura “oggettiva” delle competenze offerte dal sistema di istruzione nazionale. Lo stesso strumento è stato adottato anche per valutare gli studenti: i test, infatti sono una delle prove dell’esame di terza media”.
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