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Alessandra Gozzi: “Il signor Carmine Manna ci inviò una lettera in cui diceva di essere addolorato e di volere la verità”. E sul figlio dice: “Era al suo primo giorno di attività. L’ho visto entrare con un palloncino in mano e capofila, ci salutava tranquillo”.
Stamattina presso il tribunale di Cosenza si è svolta l’udienza per il processo della morte del piccolo Giancarlo Esposito, deceduto nella piscina di Cosenza il 2 luglio del 2014. A deporre davanti al giudice Enrico Di Dedda, che da oggi ha sostituito nel processo il giudice Marco Bilotta, la mamma, Alessandra Gozzi, che ha ricostruito gli ultimi momenti di vita di suo figlio.
La donna ha risposto alle domande dei difensori. “Giancarlo era al suo primo giorno di attività nella struttura – racconta la Gozzi – l’ho visto entrare con un palloncino in mano e capofila, ci salutava tranquillo, quello è stato l’ultimo istante che ho visto mio figlio vivo”.“Io – continua la mamma – quella mattina ero un po’ apprensiva ma ricordo bene che Franca Manna, una delle imputate, mi rassicurò dicendo che loro facevano questo lavoro da vent’anni”. Rassicurati io e mio marito siamo andati via, dopo un’ora ho ricevuto la telefonata che mi diceva che Giancarlo stava male. Arrivata in ospedale non mi facevano entrare nella stanza del pronto soccorso, ma vedevo tutti piangere e sentivo dire che aveva bevuto acqua. Quando sono riuscita a vederlo per qualche minuto Giancarlo era cianotico. Da quel momento è iniziato il nostro calvario”.
Rispondendo alle domande dell’avvocato della famiglia Francesco Chiaia, la mamma del piccolo ha ricordato che una settimana dopo la tragedia ha ricevuto una lettera da Carmine Manna che «era addolorato per quanto accaduto e che anche lui voleva sapere la verità e capire che cosa fosse successo. Ha detto che capiva che cosa provassimo perché anche lui ha un bimbo della stessa età di nostro figlio, che pure si chiama Giancarlo». Il giudice ha disposto l’acquisizione agli atti della lettera. Durante l’udienza è stato ascoltato anche Amedeo Pingitore, psicologo e psicoterapeuta, che ha seguito la zia del piccolo dopo il tragico evento. E, infine, è stato sentito l’ingegnere Michelangelo D’Ambrosio consulente che ha visionato le immagini di videosorveglianza della piscina.
Nel corso della deposizione del consulente c’è stata un’irruzione di un giornalista, Gabriele Carchidi che, su ordine del giudice , è stato immediatamente allontanato dall’aula. Carchidi ha inveito contro Marcello Manna, difensore di Carmine Manna uno degli imputati. L’udienza dopo qualche minuto di sospensione è ripresa con la deposizione del consulente D’ambrosio.«Devo premettere – ha detto – che il sistema di videosorveglianza era datato e non di qualità quindi le immagini non erano ottimali per cui abbiamo rilevato poche informazioni. Dalle immagini si vedeva comunque che i bambini, alle nove e qualche minuto, entrano in un locale di primo accesso e vengono disposti sulle panchine dove stanno per una mezz’oretta, forse per prepararli, con loro ci sono due adulti. Ho visto entrare tre gruppi di circa 24, 25 bambini in fila indiana e che attraversavano una tenda, da li in poi non si è visto più nulla.”L’avvocato Sabrina Rondinelli, difensore di Carmine Manna, prende la parola e chiede a D’ambrosio se nel video si vedono gli istruttori accanto ai bambini. D’ambrosio risponde che nel video si sono visti due istruttori accanto al gruppo ma non riusciva ad identificarli. L’udienza è stata rinviata al 12 aprile per la continuazione delle deposizioni dei testimoni della parte civile
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