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Il Consiglio Ue Competitività ha rinviato al prossimo semestre, quando sarà la Lettonia ad avere la Presidenza, la decisione sull’ obbligo di indicazione di origine controllata contenuto nella proposta di Regolamento sulla sicurezza dei prodotti.
La presidenza italiana non è riuscita ad ottenere le giuste misure per proteggere e valorizzare la produzione del Made in Italy, per tutelare le 596.230 del settore, che danno lavoro a 16.274.335 addetti, di cui per il 58% si tratta di micro e piccole imprese fino a 20 addetti.
Se coloro che ci rappresentano in Europa non sono riusciti a difendere l’identità delle nostre produzioni e il nostro patrimonio manifatturiero, come potranno farlo gli altri? Se non siamo noi italiani i primi a far veicolare il messaggio dell’importanza dei nostri prodotti, come potranno farlo gli altri Paesi Europei?
L’Europa deve riconoscere le nostre potenzialità e unicità e per questo è necessario l’obbligo di indicare il marchio ‘made in’ sui prodotti perché sia garantita la piena tracciabilità, come già avviene negli USA, in Giappone, Canada e Corea, e il diritto dei consumatori di avere la corretta informazione sui prodotti che acquistano.
Non da ultimo, non si può sottovalutare il fenomeno della contraffazione, che vale 200 miliardi nel mondo e 7 miliardi in Italia, che si può combattere solo attraverso un’azione congiunta nazionale ed europea; e proprio l’identificazione dell’origine dei prodotti poteva essere il primo passo di questa battaglia.
Il Presidente nazionale, Giorgio Merletti, ha denuncito una situazione paradossale : “L’Italia ha perso una grande occasione per difendere la manifattura italiana e i propri lavoratori autonomi insieme ai loro dipendenti e collaborato”
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