Calabria, a rischio il settore dei call center

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“Eravamo stati facili profeti, purtroppo, alcuni anni fa, quando ponevamo alcune considerazioni sulla crescita esponenziale che si aveva nella nostra regione di Call Center dediti all’attività di outsourcing. Per cui ritenevamo, già allora, che necessitava un costante monitoraggio mediante l’istituzione di un “Osservatorio” , certi che se non si sarebbero stabilite delle regole o ancora meglio, non si fosse proceduto a coinvolgere sinergicamente Regione, l’Inps, Dpl , Ufficio dell’Entrate e parti sociali, aventi lo scopo di verificare e controllare l’affidabilità delle tante aziende che in Calabria andavano a svolgere tale attività, usufruendo peraltro di incentivi regionali messi a loro disposizione diretti allo sviluppo occupazionale, col tempo la concorrenza fra di esse ( dumping ) e “allegre” gestioni, avrebbero fatto saltare il sistema Call Center.

Oggi siamo qui a rappresentare, quanto da noi paventato e, ce ne duole, nonostante avessimo più volte denunciato e chiesto incontri necessari a evitare la drammatica situazione di crisi in cui oggi versano alcune di esse in Calabria.

Se da una parte le difficoltà sono accentuate dalla crisi economica , dall’altra si assiste allo sviluppo di una concorrenza tra gli operatori committenti (Telecom, Wind, Vodafone, Fastweb, ecc.), tanto agguerrita quanto miope, basata sulla logica dei prezzi e non sulla qualità dei servizi, che si ripercuote drasticamente sul costo del lavoro, quindi sui lavoratori.

Una giungla quella dei Call Center, con aste al ribasso, delocalizzazioni, aziende fantasma che sorgono e scompaiono, ma nonostante la situazione caotica nel mondo del lavoro questo è l’unico settore che ha generato occupazione per giovani e donne soprattutto al Sud e che oggi a causa della delocalizzazione rischia di venir meno in modo veloce e traumatico. Non sono bastati i notevoli investimenti fatti per sostenere e rilanciare l’occupazione, ora è necessario che anche le grosse aziende pubbliche e partecipate ( Enel, Eni, Inps) contribuiscano a creare lavoro,esse ne hanno un obbligo etico e non prestare il fianco a questo stillicidio.

In questo scenario oggi si destreggiano nella nostra regione le più “significative” per numero di addetti aziende in outsourcing quali: Infocontact , Almaviva, Visiant, Abramo C.C. Koll&Koll. Alcune di esse hanno già fatto ricorso a varie forme di ammortizzatori sociali (solidarietà, cassa integrazione, ecc.) e delocalizzando. Se gioco forza bisogna accettare tali scelte dettate dalla necessità di limitare i danni è opportuno un distinguo verso chi nel loro statuto hanno contemplato di non ricorrere alla delocalizzazione delle attività (vd. .Almaviva) in altri stati (vd. Romania, Albania,Tunisia,ecc).

I nostri sforzi sono rivolti affinché esse, in un momento di forte congiuntura economica,debbano, anche a costo di un loro sacrificio (ben ricompensato in passato) garantire i livelli occupazionali mantenendo fede agli impegni assunti in passato.

Il ruolo che l’Ugl Telecomunicazioni calabrese svolge è già di per sé gravoso sotto vari aspetti, ma diventa impossibile, se non si riesce a dare una risposta ai tanti giovani che hanno riposto una speranza in un salario di poche centinaia di euro e che ora vivono nell’angoscia di veder sfumare le loro giuste aspettative. Quello che non possiamo accettare è che talune situazioni di criticità non dipendano esclusivamente dalla crisi ma da gestioni diremmo “infelici” generate da scarsa attenzione o gravi omissioni.

La Ugl Telecomunicazioni ha degli obblighi morali verso i tanti giovani, per cui ritiene che vi siano margini entro i quali possano trovarsi soluzioni, per non ridursi a mero spettatore, per cui sollecita la classe politica calabrese ad attivarsi per predisporre qualsivoglia iniziativa che possa essere da deterrente per limitare al minimo la crisi del settore.

Quella stessa politica che tanto ha ricevuto e che non può in un momento di grave recessione lavarsene le mani, ma da subito attenzionare la “vicenda Call Center” unico sbocco occupazionale nella nostra regione, per scongiurare che tantissimi giovani possano “arricchire” il precariato e aggiungersi a quel 40% di disoccupati o inoccupati in Italia. Sarebbe opportuno puntare sulla creazione di una “Zona Franca” in Calabria che consenta: la riduzione dell’Irap, la defiscalizzazione dei costi per le aziende e l’istituzione di un organo di controllo.

Bisogna agire immediatamente in tutti i modi possibili, prima che il sistema Call Center imploda e impoverisca ulteriormente una regione che da tempo, lentamente, si avvia ad una desertificazione occupazionale”.

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