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Anche Legambiente , a conferma di una posizione determinata e intransigente portata avanti da anni , ha presentato alla Capitaneria di Porto le proprie puntuali e articolate osservazioni , relativamente alla richiesta avanzata dalla Società SEI tesa ad ottenere in concessione per la durata di anni cinquanta di una zona di demanio marittimo in località porto di Saline Joniche. Il documento di contestazione depositato reca la firma di Nicoletta Palladino , presidente del circolo reggino, nonché di Nuccio Barillà della Segreteria Nazionale e Lidia Liotta Coordinatrice del Comitato Scientifico regionale dell’ associazione.
La richiesta della SEI – secondo Legambiente- è ingiustificata e da rigettare in quanto innanzitutto è finalizzata all’utilizzo del porto quale terminal al servizio di una centrale termoelettrica a carbone che manca dell’indispensabile, preventivo provvedimento di autorizzazione unica per la sua costruzione e gestione. In realtà, il complesso e controverso iter autorizzativo relativo a tale progetto non solo è ben lontano dall’essere concluso ma si è scontrato con una serie di fattori che mettono in forte dubbio la possibilità che esso possa concludersi in modo positivo per la Società richiedente. In ogni da parte della Capitaneria, chiamata a decidere, va tenuto conto come l’ autorizzazione di compatibilità ambientale, oggetto di numerosi ricorsi davanti al Tar del Lazio, sia solo una parte dell’iter autorizzativo che prevede ancora, tra l’altro, la Conferenza dei Servizi presso il Ministero dello Sviluppo Economico prima della decisione finale. In tale occasione – si dice certa Legambiente- la riconferma consequenziale della negata intesa da parte Regione Calabria farà naufragare il progetto, nel quale è compreso l’uso come terminal carbonifero del porto per il quale ora viene chiesta inopportunamente e intempestivamente la concessione finalizzata. Su altro versante, il recente referendum svoltosi in Svizzera impone a Repower, che della SEI è socio di maggioranza, l’uscita dall’investimento giudicandolo anche economicamente inaffidabile e ponendo una seria ipoteca sulla realizzabilità della Centrale e, quindi, sulla reale necessità di ottenere la concessione delle aree che sono state richieste “a servizio della Centrale” stessa.
Per quanto riguarda i motivi di fatto e di diritto di opposizione all’autorizzazione del progetto il Circolo reggino fa riferimento al Ricorso per motivi aggiunti presentato dinnanzi al Tar del Lazio da Legambiente unitamente a WWF e Greenpeace, che viene allegato al documento e che riassume in sé tutte le già note motivazioni di opposizione contenute anche nel precedente ricorso presentato dalle stesse associazioni ambientaliste.
Di quel ricorso, Legambiente ,nelle osservazioni presentate alla Capitaneria, si limita ad evidenziare la parte riguardante lo studio d’incidenza. Pur trattandosi di un obbligo di derivazione comunitaria (Direttiva Habitat), per un’area sottoposta a vincolo come quella di Saline, questo studio – obbligatorio e preventivo – risulta essere carente e addirittura mancante nella documentazione presentata dalla SEI, tanto che la stessa Commissione VIA ne ha chiesto l’aggiornamento. In particolare la Direttiva comunitaria Habitat, impone che debba essere tenuto conto l’ “effetto cumulativo”, prescrivendo tassativamente che “qualsiasi piano o progetto anche non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”. Attività come la centrale a carbone e l’uso come terminal del Porto oggetto della richiesta di concessione non possono essere, dunque, secondo Legambiente, autorizzate in mancanza della certezza che essa sia priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità del detto sito. ponendosi in contrasto con le direttive comunitarie, nazionali e regionali. Il Circolo Legambiente di Reggio Calabria, nel chiedere alla Capitaneria di Porto il rigetto della richiesta di assegnazione alla SEI dell’area demaniale richiesta, osserva che la realizzazione della Centrale a carbone è una infrastruttura che, oltre ad essere un cattivo investimento sul piano economico e a comportare solo svantaggi alla salute umana e alla sicurezza pubblica, sarebbe la peggiore soluzione per il waterfront di Saline J., andando in contrasto con le scelte di utilizzo dell’area, a partire dal porto, che si muovono in altra direzione rispetto a scelte di politiche industriali dissennate e pericolose per la collettività, che legittimamente aspira a un cambiamento di scenario. Peraltro il porto di Saline J., che allo stato è classificato come commerciale e non industriale dal Masterplan della portualità regionale, è al centro di numerosi progetti tesi alla sua valorizzazione ai fini turistici, all’interno di una complessiva destinazione in tal senso di gran parte dell’area. Semmai il problema non più rimandabile, è fare in modo che queste soluzioni siano concretamente realizzate. Per quanto riguarda lo stridente contrasto tra carbone e sviluppo turistico, Legambiente confuta la presunta compatibilità sostenuta dalla SEI dell’utilizzo turistico dell’area con la presenza del terminal carbonifero portuale e della Centrale a carbone. A tal proposito osserva come sia stata la stessa compiacente Commissione di Valutazione VIA del Ministero dell’Ambiente a giudicare che ql’ assurda teoria di “compatibilità” fosse nella sostanza troppo azzardata per essere condivisa, affermando che carbone e turismo non vanno d’accordo e che “non si ritenga probabile che la realizzazione della Centrale in progetto possa diventare un motore di sviluppo turistico”.
Il Circolo reggino di Legambiente sottolinea positivamente che nel QTRP (Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico) della Regione Calabria, principale strumento programmatorio e pianificatorio del territorio regionale non è indicata in alcun modo l’ipotesi di realizzazione della Centrale a carbone di Saline Joniche né l’utilizzo a questo fine del porto.
Infine, Legambiente, a sottolineare ancora di più il proprio interesse diretto in merito alla richiesta di concessione della SEI, fa riferimento alle proprie proposte precise di utilizzo dell’area ex Liquichimica e del porto, che sono state pubblicamente presentate il 9 giugno 2006 – ben prima dunque della presentazione del progetto di Centrale a carbone da parte della SEI – e sono state non solo convergenti con quelle di imprenditori, associazioni e comitati locali, ma riprese in parte dal “Concorso Internazionale di Idee per la riqualificazione del Waterfront di Saline Joniche. Il riferimento, in particolare, è al dossier dal titolo: “Saline: un nuovo scenario dalle ceneri di un fallimento. Da fabbrica delle truffe a fabbrica dell’ambiente” ( allegato ora alle osservazioni presentate) le cui proposte puntavano e tuttora puntano a fare di Saline J. un simbolo positivo investendo sul turismo sostenibile e sulla qualità. Il porto secondo quel pacchetto di proposte andrebbe ricostruito nella sua struttura ed utilizzato prioritariamente come porto turistico, collegandolo ad una rete di approdi, in modo da favorire gli scambi. Considerando che la nautica da diporto offre possibilità occupazionali considerevoli. La fruibilità turistica del porto metterebbe in circuito le località affascinanti della Jonica, a partire della perla straordinaria e preziosa Pentedattilo.
Alla luce di queste considerazioni, la richiesta da parte del circolo reggino di Legambiente che la domanda di concessione demaniale avanzata dalla SEI, diretta ad ottenere le aree di pertinenza portuale per realizzare il “terminal del carbone” al servizio della Centrale, sia rigettata. Inoltre la richiesta che la Capitaneria di Porto si faccia promotrice di una Conferenza dei Servizi per una valutazione più approfondita con tutti i soggetti interessati, alla quale invitare anche le associazioni dei produttori, il Coordinamento delle Associazioni dell’Area Grecanica e naturalmente le associazioni ambientaliste locali.
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