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di Mimmo Musolino
Chi si aspettava la classica presentazione di una opera letteraria di un giovane scrittore calabrese, alla sua prima pubblicazione, organizzata in una sala illuminata da lampade psicodeliche e poltrone in raso rosso, ha potuto, invece, ritrovarsi seduto su una panca in legno di quercia aspromontana in uno dei vicoli più caratteristici del pianeta: Pentedattilo.
Una piccola tabella attaccata sul muro accanto alla porticina d’ingresso in stile antico con la scritta: Biblioteca delle donne e della legalità “Daniela Longo”. La viuzza in un baleno si animava dalla presenza e partecipazione di molti amici della cultura, ricevuti con un largo e sincero sorriso da parte del giovane melitese Francesco ”Ciccio“ Iriti, autore del libro “E’ un mondo difficile“.
Tutto ciò in perfetta sintonia e coerenza con lo stile di questo libro. Niente sponsor, niente case editrici, niente fanfare; tutto nella massima semplicità e naturalezza come nella essenza più intima e sincera di questa opera letteraria, nata dalla libera fantasia ed esperienza di Francesco Iriti, senza linee rigide e tempi da seguire e pastoie di nessuna natura. Ad introdurre l’incontro è stato il personaggio che è stato, ed è il cuore pulsante dell’antico Borgo, Giuseppe “Peppe“ Toscano che dall’altra parte antica e storica di Melito, il Paese vecchio, si è trasferito a Pentedattilo, e qui ha iniziato un lungo percorso di impegno per valorizzare questo meraviglioso Borgo.
Senza poter nascondere una intima emozione “Ciccio“ o (“Cisko“?) ha raccontato come ha avuto l’idea di scrivere questo libro che parte dalle origini nel suo borgo incantato (Pentedattilo?) fino alla sua “emigrazione” nella grande città, Milano (o forse Dublino), e poi il ritorno alle sue origine mai represse o tradite. Ogni tanto su quella viuzza dall’aria magica e coinvolgente si posava sulla nostra pelle qualche svolazzo di cenere residua a testimoniare il gravissimo pericolo che ha vissuto questo antico Borgo sfiorando una nuova tragedia.
E come se spuntassero da quelle rocce antiche e dalle multiformi sembianze, come appese sulle nostre teste, spuntavano le immagini e le parole intinte di poesia di Cisko, del fratello Marco, morto giovanissimo, la mamma Aurora, il padre Carlo, mastro Michele il “secondo padre”, la sorella Alessandra, le urla disperate della povera Elisa in preda al martirio della violenza fisica e morale, che evocava la tragedia degli Alberti e degli Abenavoli consumatosi nel Castello degli Alberti muto testimone, proprio accanto a noi, di antichi e sanguinose racconti e leggende.
E poi il suo primo grande amore, Camilla e conseguente cocente delusione e atroce distacco; gli amici, Renato e Giulia, i segreti e i pensieri di donna Ciruzza vedova attaccata al ricordo del marito ed icona di una “falsa“ fedeltà dovuta a retaggi mentali- culturali, duri ad essere sconfitti, e quasi vittima di una atroce beffa; e Marcella, Carolina e altri personaggi che anche se non protagonisti non sono mai secondari in quanto tutti loro hanno una dimensione di forte caratterizzazione umana.
Tutti questi personaggi, che sembrava parlassero alle persone presenti spuntavano, con i loro visi dalle espressioni arcane, increduli e sognanti, all’improvviso da quel palcoscenico fantastico e dal quel gioco di luce e di ombre formato da quelle rocce da favola e misteriose.
L’autore, come in un gioco raffinato di battute reciproche, ha scambiato impressioni e commenti sul suo romanzo con il numeroso e soprattutto qualificato, di elevata statura culturale, pubblico presente. Sembrava che un leggero alito di vento e le ombre della sera che calavano su Pentedattilo si mimetizzassero nei personaggi cari a Cisko come compagni di un misterioso e lungo viaggio.
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