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Cinquanta anni fa, insieme a dei coetanei, i nostri genitori erano tra di loro amici, trascorrevamo intere giornate tra spiaggia e mare, a Brancaleone. Distese di sabbia, attraversamento dei binari per raggiungere il luogo oggetto dei desideri, mare sempre calmo, cristallino e poco profondo. Si piantava l’ombrellone, riferimento visivo per tutti, genitori e figli. Nessun servizio, acqua e cibo portati da casa. Si stava ore in acqua, come solo i bambini sanno fare. Un mare più inquinato di quello attuale, regola comune in questa parte della Calabria era l’assenza dei depuratori, non impediva di tuffarsi nelle acque di Brancaleone, Bova, Palizzi, San Lorenzo, Bianco. Il mare era la nostra stella polare. Di spiagge come a Rimini neanche l’ombra, qualche buona rosticceria, un paio di discoteche, tanti buoni bar e magnifiche gelaterie, per il resto nessun divertimento, strade cosi cosi, collegamenti ferroviari del secolo precedente, nessuna catena alberghiera internazionale presente in zona, insomma mancavano quasi del tutto i servizi. Ma era mezzo secolo fa. Di turismo se ne parlava poco, non solo in Calabria, eravamo in quegli anni agli albori della rivoluzione culturale ed economica che nei primi anni ottanta avrebbe portato milioni di persone ad iniziare a viaggiare, poi l’avvento venti anni fa delle compagnie aeree low cost. Ecco la vera novità, di quest’anno. Reggio Calabria, dopo Lamezia, vede crescere il traffico passeggeri al Tito Minniti. Opera meritoria per chi l’ha voluta, gli arrivi sono aumentati, qualche turista in più c’è. E qui sorge il problema. Al momento, senza alcuna organizzazione, se vieni a Reggio per rimanere in città, te la cavi. Se invece hai la pretesa di scorazzare in Calabria Grecanica, i nodi vengono al pettine. La arcinota mancanza di servizi, questa è una parte del problema, tanti i motivi, dalle difficoltà di fare investimenti pubblici e soprattutto privati, all’incapacità di fare rete.
Ma parlare di investimenti nel turismo presuppone che si sappia a chi si vuole rivolgere l’offerta. Turismo, tanto odiato a Venezia, del mordi e fuggi? Non ha senso, nè economicamente nè logisticamente; chi viene fino a Reggio è presumibile che lo faccia per rimanerci qualche giorno. É il momento di agire, di scegliere, di fare, individuando a priori quale si vuole sia il target dei turisti. Da anni ho il chiodo fisso, per esperienza, vivo all’estero da decenni, e sulla scorta di quanto fatto in altre regioni, dobbiamo rivolgerci ai nordici, norvegesi, danesi, olandesi, belgi, in misura minore a svedesi, finlandesi e tedeschi. Sono turisti ricchi. Non per questo vanno spennati, andrebbe invece studiato un modello di offerta turistica fatto a loro misura. Natura, storia, musei, cibo, vino, bar e gelaterie, strade, sentieri, piste ciclabili (non come quelle del capoluogo reggino). Volutamente non ho inserito in questa lista il mare, perchè i nordici lo vedono come parte del panorama, abituati a quello freddo e inospitale di casa loro, non ne sfruttano le potenzialità. Vogliono le piscine, simbolo di dolce far niente, di relax, luogo dove gustarsi un aperitivo, prendere il sole, eventualmente leggersi un libro. Abbiamo di un business plan, nel quale indicare contenuti e caratteristiche del progetto turistico. Ad oggi almeno una cosa l’abbiamo capita, i collegamenti aerei non sono un problema, e se anche lo fossero abbiamo avuto la prova che non è cosi complicato trovare le soluzioni. Ma proprio il fiorire dei voli aerei con destinazione Reggio, e Lamezia, senza poi aver ancora servizi all’altezza sul territorio, diventa parte del problema. In sostanza abbiamo messo il carro davanti ai buoi, abbiamo fatto la cosa più semplice, pagare(cosi fan tutti) le low cost per atterrare dalle nostre parti, ma il sistema grecanico al momento non ha i mezzi per avere un’offferta turistica all’altezza.
Nicola Priolo
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