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Sabato 13 Dicembre, alle ore 10:00, presso la chiesa di Santa Maria di Grecìa a Gallicianò, frazione di Condofuri, si terrà una liturgia in rito greco ortodosso per celebrare l’arrivo delle festività natalizie. Nella bellissima cornice del paese definito l’acropoli della Magna Grecia, per via della presenza del più alto numero di parlanti la lingua greco calabra, si ricorderà il significato del Santo Natale, nel giorno in cui il calendario ortodosso commemora la memoria della martire Lucia e quella di San Nicola di Oppido, un santo italo greco vissuto in una delle ultime diocesi di rito greco dell’Italia Meridionale: Oppido Vecchia, l’antica Sant’Agata dei Bizantini.
Come ogni anno la chiesa di Santa Maria di Grecìa, attente i prelati ortodossi, ormai presenti in Calabria nella gestione di molti monasteri sparsi soprattutto nella provincia reggina.
L’attività della chiesa orientale nella nostra regione risale alla fine degli anni Novanta, a seguito della creazione della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta, ufficializzata dal Patriarca Ecumenico Bartolomeo I il 22 ottobre 1991. In Calabria sopraggiunse all’indomani della riscoperta del patrimonio culturale greco calabro, sostenuta alla fine degli anni ’60, da un alcuni studiosi, quali i proff. Domenico Minuto e Franco Mosino, all’epoca docenti del liceo classico di Reggio Calabria. Nel 1968, i due ricercatori intrapresero un percorso pedagogico con alcuni alunni originari di Gallicianò, i quali mostravano di comprendere termini del greco antico mai studiati, tuttavia conosciuti poiché comunemente utilizzati nei rispettivi ambiti familiari. Approfondimenti, e sopralluoghi scaturirono la scoperta della spiritualità dei Greci di Calabria, fino ad allora sottovalutata, rispetto al grande interesse suscitato invece dalla lingua grecanica. Gli studi nelle aree più grecizzate della provincia jonica di Reggio Calabria rivelarono come alcune tradizioni religiose, considerate spesso mere superstizioni, corrispondevano invece ad usanze della tradizione bizantina, con profondi significati spirituali. Per precisa volontà dell’arcivescovo di Reggio Calabria, Mons. Ferro, furono avviati contatti tra l’Arcidiocesi reggina e il Collegio Greco di Roma, cui seguirono visite di giovani studenti greci, guidati da padre Giacomo Engels, benedettino di rito bizantino del monastero belga di Chevetogne. Si pensava, infatti, che il ristabilimento della liturgia italo-greca avrebbe potuto offrire ai Greci di Calabria la forma più congeniale per vivere il cristianesimo, ristabilendo una tradizione secolare che aveva nel tempo segnato l’identità delle piccole comunità ellenofone dell’Aspromonte Meridionale. Tra il 1969 e il 1974, padre Giacomo riuscì a celebrare le prime liturgie bizantine nei centri di Gallicianò, Chorio di Roghudi e Bova, coinvolgendo un numero sempre maggiore di persone, che si tradussero, in breve tempo, nella fondazione dei primi luoghi di culto di rito bizantino in Calabria, come la skiti di San Cipriano a Cannavò. Questi tentativi di “recupero” dei Greci di Calabria dell’antica tradizione spirituale, suscitarono l’interesse degli ortodossi di Grecia, che con reciproche visite e scambi culturali portarono in Calabria religiosi del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, tra i quali, il compianto padre Kosmàs, monaco del Monte Athos, a cui si deve la rifondazione del monastero di San Giovanni Theristìs, a Bivongi. La loro attiva presenza nel territorio portò alla concessione di luoghi di culto da parte della Chiesa Cattolica, grazie anche alla creazione di un clima ecumenico che incentivò il restauro di antichi centri di culto italo-greci, come la chiesa San Giovannello a Gerace e l’abazia di San Giovanni Therestìs a Bivongi. Seguì la fondazione di nuovi monasteri a Seminara e Melicuccà, la creazione della parrocchia greco-ortodossa di Reggio e la visita in Calabria del patriarca Ecumenico Bartolomeo I nel 2001. Ma ad incentivare la vita ortodossa nella provincia reggina non fu solo il desiderio di recupero della tradizione perduta. Infatti, l’ondata migratoria dell’Europa dell’Est, che ha investito la regione nell’ultimo decennio, ha trasformato i centri di culto ortodossi in eccezionali laboratori di integrazione sociale, favorendo l’insediamento a Reggio Calabria della Chiesa Ortodossa Rumena, nella cui giurisdizione ricade oggi il monastero di San Giovanni Therestìs a Bivongi. Attualmente, sempre più numerose sono le attività le azioni a sostegno del dialogo interreligioso tra la chiesa greco-ortodossa e la chiesa cattolica. Il recente incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, induce infatti a profonde riflessioni sul ruolo assunto dall’Aspromonte Greco, all’indomani dello scisma del 1054, quando le comunità di rito greco della Calabria, si ritrovarono tra due nuove realtà ecclesiali – non più in comunione tra loro -, legate per tradizione e cultura all’Oriente e per giurisdizione all’Occidente. In questo quadro storiografico del tutto anomalo le comunità italo greche della Calabria Meridionale hanno giocato un ruolo chiave, avvicinando sempre più l’Oriente cristiano all’Italia grazie al dialogo costante con la Chiesa di Roma. Non è quindi casuale se ancora nel terzo millennio la provincia di Reggio Calabria si qualifica come luogo di incontro tra l’Oriente e l’Occidente, terra fertile per far crescere un messaggio ecumenico nel pieno rispetto delle differenti tradizioni spirituali. E su questa scia che poggia le basi l’intervento di promozione dell’evento di Gallicianò da parte dell’Associazione culturale Cumelca, Redazione Tv di Sud 656, mafiaNO e AIAB Calabria, associazione italiana per l’agricoltura biologica della Calabria
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