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La crisi del comparto del bergamotto continua a colpire il territorio, mentre le speranze di un ristoro da parte dell’assessore Gallo, richiesto da Copagri, si affievoliscono a causa dei tempi burocratici e del prodotto ormai stramaturo sugli alberi. L’iter per il riconoscimento dell’IGP subisce rallentamenti a causa dei ricorsi al TAR, avanzati da chi non vuole perdere il monopolio del settore.
Se ne parlerà oggi alle ore 17:00, presso l’aula magna dell’Istituto “Euclide” di Bova Marina (RC), nel convegno “Il bergamotto di Reggio Calabria è davvero oro verde?”, organizzato dal Rotary Club Melito Porto Salvo Area Grecanica Capo Sud. Tra i relatori, Rosario Previtera, presidente del Comitato promotore dell’IGP “Bergamotto di Reggio Calabria”, e gli interventi di Giuseppe Falcone, Enrico Ligato e Giuseppe Mangeruca.
Giuseppe Falcone, rappresentante di Anpa Calabria – Liberi Agricoltori per l’area grecanica e membro del Comitato dei bergamotticoltori reggini, ribadisce il suo sostegno all’IGP e al comitato promotore.
“Già mesi fa avevo previsto che il prezzo del bergamotto sarebbe crollato sotto i 35-40 euro al quintale, e oggi, laddove si riesce a venderlo, si arriva a malapena a 30 euro. Le industrie lo rifiutano, mentre chi avrebbe dovuto tutelare il settore si è voltato dall’altra parte. Attualmente, circa 50.000 quintali di bergamotto restano invenduti, non per sovrapproduzione, ma perché la stessa quantità è già stata destinata alla trasformazione nei mesi scorsi, proveniente da altre zone come il Crotonese, il Cosentino, la Piana reggina e perfino la Puglia, a prezzi stracciati. Si tratta di un danno economico enorme: il valore complessivo stimato è di appena 1,5 milioni di euro, contro i 4 milioni che si sarebbero ottenuti nel 2024. Alcune cooperative della Piana di Gioia Tauro, che acquistano per conto degli industriali reggini, hanno già avvisato i conferitori che dovranno dimezzare i prezzi e modificare le fatture emesse con relative note di credito. È una crisi nella crisi, che penalizza ancora una volta la parte più debole della filiera.”
Falcone sottolinea inoltre l’importanza dell’IGP come strumento di tutela:
“L’IGP avrebbe permesso di affrancarci dall’industria, proteggere il territorio e aprire il mercato del fresco verso l’Europa, dove grandi catene e cooperative di acquisto sono interessate. Inoltre, la recente sentenza del TAR Lazio del 24 marzo non blocca l’iter dell’IGP, come alcuni vogliono far credere. Il ricorso dell’avvocato Pizzi contro il Ministero dell’Agricoltura e la Regione Calabria impone solo che il Ministero risponda ufficialmente al Consorzio della DOP, senza avviare alcuna istruttoria sulla DOP stessa. Già il 29 ottobre scorso, in una riunione ufficiale, il Ministero aveva chiarito che il Consorzio della DOP non aveva la giusta rappresentatività. Successivamente, il 28 febbraio, si è svolto l’ultimo step dell’iter: la Riunione di Pubblico Accertamento presso la Cittadella. Ora aspettiamo solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Disciplinare approvato dell’IGP.”
Falcone conclude con una critica alla strategia di chi frena il riconoscimento dell’IGP:
“Il vero obiettivo di chi ostacola l’IGP è mantenere lo status quo: acquistare bergamotto da tutto il Sud a prezzi bassissimi per estrarre l’essenza necessaria all’industria, che poi viene tagliata con la chimica fino al 90%. Così facendo, la richiesta di prodotto naturale diminuisce sempre più. Per questo il mercato del fresco e il riconoscimento dell’IGP sono fondamentali per il futuro del settore.”
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