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Riceviamo e pubblichiamo un comunicato del Coordinamento Associazioni Area Grecanica NO CARBONE:
“STOP CARBONE è il messaggio lanciato con una scritta di 70 metri dalla ciminiera della ex Liquichimica di Saline Joniche da una spettacolare azione dei climber di Greenpeace. Dall’area greca calabrese l’ennesimo appello al Governo nazionale per chiedere il definitivo abbandono delle fonti fossili. L’Italia si è impegnata da tempo a difendere il clima nei summiti internazionali, ma alle parole non sono seguiti i fatti. La politica energetica nazionale strizza l’occhio alle rinnovabili, ma di fatto non blocca la continua corsa delle fonti fossili. Greenpeace contribuisce così a tenere accesa la luce dei riflettori sul caso grottesco di Saline Joniche, dove ancora si gioca una partita assurda che in molti, dopo la decisione del Consiglio di Stato, considerano e spacciano per chiusa, ma che in realtà rimane ancora apertissima.
In questi ultimi mesi il Coordinamento delle Associazioni dell’Area Grecanica ha sollecitato più volte la Regione Calabria affinché gli impegni presi venissero concretizzati, ma a fronte della mozione approvata in sede di Consiglio regionale in data 28 giugno c.a. con la quale è stata impegnata la Giunta regionale a confermare il dissenso della Regione “alla costruzione della centrale a carbone a Saline Joniche, anche in assenza di esplicita richiesta del Ministero, con provvedimento motivato, che deve specificatamente tenere conto delle risultanze dell’istruttoria ed esporre in modo chiaro e dettagliato le ragioni del dissenso dalla proposta ministeriale di intesa, indicando, al contempo, proposte alternative di destinazione dell’area interessata, corredata dall’indicazione delle necessarie coperture finanziarie, facendo anche ricorso alle risorse comunitari oggetto del POR Calabria 2014/2020, provvedendo a costituire inoltre una task force che includa tutte le “sensibilità “ espresse anche dal mondo dell’associazionismo, nonché adotti ogni provvedimento ritenuto utile e conducente al fine di scongiurare il pericolo della costruzione della centrale a carbone e sostenere per quell’area una destinazione d’uso coerente con quelle che sono le vocazioni del territorio”, ad oggi non è stata adottata nessuna delibera. Atteggiamento gravissimo soprattutto in vista del referendum del 4 dicembre prossimo che, tra l’altro, vuole esautorare le Regioni in materia di energia. Ciò vuol dire che la competenza legislativa sull’energia non sarebbe più materia concorrente e rientrerebbe esclusivamente nelle mani dello Stato se vincesse il “SI”.
Chiediamo pertanto ancora una volta alla Regione Calabria l’adozione della delibera di Giunta e la richiesta di apertura del procedimento autorizzativo davanti al MISE affinché si proceda con la conferenza dei servizi in seno alla quale la stessa Regione potrà finalmente motivare il suo NO contro la costruzione della centrale a carbone a Saline, diritto ribadito peraltro recentemente dal Consiglio di Stato. Contestualmente chiediamo ancora una volta alla Regione Calabria, alla Città Metropolitana dello Stretto e alle amministrazioni locali competenti, la riconversione dell’area ex-Liquichimica da industriale a agricolo-turistica, di fare chiarezza circa la compravendita dei terreni che insistono su tale area, la bonifica dell’intero sito ancora invaso dall’amianto e la pianificazione partecipata di tutte le azioni da intraprendere affinché tutte le lodevoli parole che quasi quotidianamente vengono spese sull’area grecanica si materializzano in fatti concreti perché di spot elettorali e di passerelle politiche ne abbiamo abbastanza”.
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Sconcertante questa ennesima azione demagogica e fuorviante.
Bisognerebbe che qualcuno di buona volontà modificasse quella scritta per dire:
“Stop al Carbone vuol dire addio a benessere e sviluppo”.
Documentatevi ed andare a chiedere ai tedeschi che producono circa 280 TWh di elettricità con il Carbone, mentre i furbi e ricchi italiani, solo 40 TWh. E non pare che i tedeschi non tengano alla propria salute ed al loro ambiente.
Qualcuno dice che siamo ancora il 2° Paese manifatturiero d’Europa.
Evidentemente qualcosa non quadra, vero?