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Si consuma a Condofuri l’ennesima tragedia di un’estate che si avvia rapidamente verso i titoli di coda. Un’altra giovane vita spezzata, un’altra famiglia sprofondata nel dolore e tanti interrogativi che rendono ancora più amara la vicenda, una delle tante che colorano di tinte fosche la stagione estiva da nord a sud.
La giovane vita interrotta bruscamente in un caldo pomeriggio di metà agosto è quella di A.A. trentaquattrenne residente a Reggio Calabria, rientrato nella località della costa ionica reggina in occasione delle vacanze.
La morte del giovane ripropone un triste copione che lascia il vuoto unito a tanti interrogativi che in questi giorni agitano i familiari comprensibilmente annichiliti dal dispiacere, un sentimento che abbiamo cercato di ricostruire assieme alla cronologia degli eventi attraverso il racconto della madre e del fratello al cui sfogo abbiamo dato spazio.
A parlare nella propria abitazione di Condofuri marina ricostruendo le concitate fasi dell’accaduto è il fratello dello sfortunato giovane, presente al momento del decesso: “Mio fratello – dice il giovane – era rientrato da poco in casa dopo una passeggiata in campagna e dopo qualche minuto dal suo rientro mentre eravamo seduti in soggiorno l’ho visto cambiare colore, avendo capito subito che si trattava di un malore ho cercato di soccorrerlo ma nel giro di qualche istante la situazione è precipitata e mio fratello si è accasciato al pavimento.
Preso dal panico ho cercato di rianimarlo praticandogli un massaggio cardiaco dopo di che sono uscito sull’uscio di casa a chiamare aiuto incollandomi al telefono e digitando i numeri di emergenza, prima il 118 poi in successione il 113 ed il 112. Dopo avere chiamato anche mia madre ed alcuni parenti subito accorsi, con loro abbiamo cercato invano di contattatore i numeri di emergenza per circa 25 lunghissimi minuti, digitandoli da apparecchi diversi, senza ricevere alcuna risposta”.
Ed è proprio su questo particolare che si concentra il racconto del fratello al quale si unisce ben presto anche quello della madre. “Non è concepibile – aggiunge la madre – che per oltre venti minuti nessuno risponda ad un numero di emergenza, anche perché una volta ottenuta la risposta ed allertata la prima ambulanza vicina, la stessa è giunta sul posto in tempi rapidissimi, potendo purtroppo solo costatare l’avvenuto decesso di mio figlio”.
Il racconto dei congiunti dello sfortunato giovane è rotto dalla commozione. “Vogliamo solo capire come sia possibile una cosa simile, vogliamo capire se Alessandro si sarebbe potuto salvare, vogliamo a questo punto soprattutto richiamare all’attenzione chi di competenza affinchè simili tragedie non abbiano a ripetersi”.
È lapidaria e decisa la madre nelle sue conclusioni: “vorremmo solo che qualcuno si degnasse di spiegarci se e come si possa verificare che i numeri d’emergenza deputati agli interventi d’urgenza possano suonare invano per oltre venti minuti”. Tanti interrogativi ancora senza risposta, tante domande le cui risposte di certo non restituiranno l’ennesima vita spezzata ma forse potrebbero contribuire a salvarne tante altre.
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