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ROCCAFORTE DEL GRECO- «Nutrire sentimenti confusi, di odio e amore, nei riguardi del paese in cui si è nati- affermò Mario La Cava ne Il Piemontese che adottò il Sud- è cosa che può accadere in tutte le latitudini: se si è altrove, si sogna il ritorno; se poi si rimane, si vorrebbe fuggire via».
La Calabria è una delle regioni in cui quest’ambivalenza dell’animo umano più si manifesta e a Roccaforte del Greco ha segnato la fine di un’intera comunità. Dato che il pregiudizio e la supposizione di colpevolezza accompagna noi calabresi, inviata Conchita, le specifico che non vi deve essere identità alcuna, di lombrosiana memoria, tra l’essere calabresi e il comportarsi da ‘ndranghetisti.
Dovrebbe essere ormai risaputo che il rischio di ‘ndrangheta esiste a Roccaforte del Greco quanto in un paese remoto del Nord ma si continua volutamente, e l’articolo dell’inviata Conchita Sannino de la Repubblica lo conferma, a infliggere le accuse più pesanti e pressanti a tutta la popolazione, nessuno escluso, di un borgo che ha vissuto periodi nefasti tempo fa ma che ne paga tutt’oggi le conseguenze.
I roccafortesi sono consapevoli ormai, che basta vivere in Calabria per essere sospettati e giudicati malavitosi, che basta essere amministratori di un paese “Grecanico” per vedersi mandare una commissione d’acceso nei comuni e violentare la sovranità popolare, per vedersi sciogliere un comune per infiltrazione è sufficiente che vi sia il dubbio di un possibile, anche in termini astratti, condizionamento passato, presente o futuro dell’amministrazione. Basta partecipare ad un matrimonio, ad un funerale, o addirittura prendere un caffè per essere segnalato ed etichettato come un presunto malvivente.
Alla luce dei fatti la libertà in Calabria non esiste, la libertà tanto sbandierata da quello stesso stato che con la mafia ha trattato, che impartisce con gli scioglimenti lezioni di moralità senza averne le adeguate qualità morali per poterlo fare, che recita la favoletta per la quale “la legge è uguale per tutti”, salvo poi distruggere, come riportano le cronache nazionali, le intercettazioni di Napolitano con Mancino dimostrando quanto sia parziale la giustizia in Italia.
A nessuno salterebbe in mente di affermare che la delinquenza in Calabria non esista, però non si può neanche fare di tutta l’erba un fascio, come ha dimostrato di fare l’inviata Conchita Sannino nell’articolo pubblicato sul numero del 31 Maggio 2013 de “La Repubblica”. Com’è possibile che un fatto oggettivo come l’astensione al voto nel paese di Roccaforte del Greco venga qualificato come astensionismo vendicativo suggerito dalla ‘ndrangheta e in tutt’Italia come sfiducia della classe politica? Com’è possibile che il pregiudizio così evidente e stereotipato prevalga sul buon senso?
Mi sapreste spiegare perché in Calabria rubare una gallina è associazione mafiosa finalizzata a delinquere e la stessa azione al nord è ladroneria? Perché in un paese del nord con assessori arrestati, tangenti, mazzette a iosa non è stato sciolto il comune e nell’Area Grecanica si sguinzagliano commissari e gli scioglimenti sono la regola? Perché al Nord sono tangenti e al Sud “pizzo”, quando la filosofia e il disegno e’ criminale in entrambi i casi? Solo quando avviene al Sud vi è lo scrupolo di inserirlo quello “stampo mafioso”.
Qui ormai non c’è nessun reato che non faccia capo alla ‘ndrangheta, tutti dunque secondo la Sannino siamo ‘ndranghetisti. Ritengo doveroso rispondere alle molte accuse, che di seguito riporto e alle quali puntualmente replico, del reportage approssimativo e ingiurioso dell’inviata Sannino. «Ci sono solo vecchi- dice la Sannino– che salgono cauti e bambini che corrono troppo a Vunì, il paese che dorme, e che ha chiuso allo Stato».
Ho 24 anni e, come molti altri ragazzi che vivono in paese, non mi ritengo vecchia. Mentre l’inviata Conchita si ritrovava a vagare per le strade del paese, interpretando a suo piacimento le dichiarazioni altrui, io – con una laurea alle spalle che potrebbe già darmi ampiamente da vivere se solo fossi fuori dall’Italia, e una specializzazione in atto- svolgevo quello stesso mestiere che lei, superbamente, è venuta ad insegnarmi in malo modo.
Non so che immobile visione lei abbia dei bambini ma, mi spiace deluderla, solitamente corrono troppo, giocano, urlano: è così che esprimono la loro gioia di vivere. Constato però che la sua penna corre molto più velocemente dei bambini di Roccaforte del Greco, senza però essere accompagnata da buon senso, professionalità e lucidità mentale, le uniche virtù che quel giorno dormivano a Roccaforte del Greco. Il mio paese è aperto a tutti, anche allo Stato se solo si accorgesse della nostra esistenza. «Sono gli stessi abitanti, 545 cristiani in tutto, oltre a una cinquantina tra pecore, capre e maiali, che tra qualche giorno saluteranno a distanza il commissario…».
Probabilmente lei ha particolare ammirazione per Heidi e “le caprette che fanno ciao”, ragion per cui la invito, dopo avere accertato innumerevoli imprecisioni nel suo articolo, a dedicarsi a tempo pieno alla pastorizia. «Hanno votato solo in 54 su 522, alle recenti amministrative». I votanti sono stati 61, 37 maschi e 24 femmine, e pecore, capre e maiali sono molto più di cinquanta. Con una colletta i roccafortesi hanno per lei, inviata Conchita, comprato un pallottoliere, ne faccia buon uso.
«Il commissario resterà in carica 18 mesi, poi si andrà di nuovo alle (odiate) urne. Comune vuoto, di nuovo, dopo tre scioglimenti per infiltrazioni di ‘ndrangheta. Stavolta, per astensione vendicativa». In verità si passerà dalla terna commissariale al commissario ordinario: mentre la terna commissariale rimane in carica 18 mesi più 6 aggiuntivi, se ritenuti necessari, il commissario ordinario, invece, rimane in carica fino alla prossima tornata elettorale utile. Sono talmente odiate queste urne che ne sappiamo più di lei in merito! «”Ma se non votano a Roma è normale sfiducia, e qui invece diventa un ordine di mafia?”, ti sfotte qualche testa più accesa al bar di via Roma, ritrovo per soli uomini, quasi tutti operai del vecchio carrozzone dei forestali dell’Afor, facce cotte di sole e ventri gonfi di bevute».
Nessuno sfotte affermando ciò. Il pregiudizio nei confronti dei Calabresi, di cui il suo articolo, inviata Conchita, ne rappresenta inequivocabile prova, può servire a fare uno scoop giornalistico, peraltro di basso profilo, ma non dipinge in modo alcuno la dignità, l’umiltà e l’onesta delle persone presenti o emigrate via dal paese per ovvi motivi di lavoro. La Calabria è un mondo nel quale può accadere di tutto. Altrove no vero?
Sebbene tutti i paesi abbiano i loro malviventi, nel Sud, in Calabria, lo sono maggiormente a suo avviso. Infine, veniamo alle facce cotte di sole e ventri gonfi di bevute. Le sarà forse passato per la testa, inviata Conchita, che le facce sono cotte di sole perché a Roccaforte c’è gente che lavora a tutte le ore, anche quelle in cui il sole picchia forte? I ventri saranno anche gonfi di bevute ma le menti sono lucide. Inviata Conchita probabilmente lei è astemia ma, dalla confusione manifesta presente nel suo articolo, non si direbbe. «Eccola Roccaforte. Vunì, Roccia in lingua grecanica – il nome antico e secco con cui gli anziani riconoscono questo luogo – ha dettato ancora la sua legge? “Non potendosi più scegliere uno dei loro, non hanno scelto”, analizzano gli inquirenti. Replicano loro: “Non potevamo votarlo, quello. Siamo sempre stati di sinistra, qui».
Vorrei precisare, inviata Conchita, che fino al regio decreto dell’8 maggio 1864 il paese è stato menzionato semplicemente come Roccaforte, ma, da allora, nessuno lo chiama più così perché si chiama Roccaforte del Greco. Gli abitanti lo chiamano Vunì, che corrisponde al neo-greco Bouv’ (monte). Secondo l’Alessio e il Rohlfs Roccaforte si rifa’ al termine rocca (roccia, sasso).
L’unica lista presente alle elezioni comunali era per intero composta da persone che hanno conosciuto Roccaforte del Greco e i suoi cittadini solo il mese prima delle elezioni. Potrebbe, inviata Conchita, fare i nomi degli inquirenti? Avremmo le seguenti domande da porgergli: che significa uno dei loro? Voi inquirenti votereste nel vostro di comune persone estranee, sebbene non vi siano nulla di male, e che non avete né visto né conosciuto prima? «Le donne, curve sotto la tramontana anche a maggio, alle sei si ritirano. Ma al bar i mariti ti offrono il caffè, sotto una Madonna ingiallita».
A Roccaforte del Greco la schiena la curvano sia donne sia uomini ma questo particolare le sarà sfuggito, inviata Conchita. Non essendoci altri svaghi, finita la giornata lavorativa, le persone si ritrovano al bar a chiacchierare e giocare a carte, e le ricordo che non è reato. Qui si offre per educazione non per altri scopi biechi da lei insinuati: mi pare che abbia anche accettato, avrebbe potuto pagarsi da sé se le fosse così dispiaciuto il gesto. La Madonna, descritta in modo a dir poco pittoresco, ha per noi alto valore morale, simbolico e religioso; nel suo di articolo, inviata Conchita, invece è solo un corredo “ingiallito” utile a meglio comporre il “tetro” paesaggio di Roccaforte del Greco. Che Dio la perdoni e soprattutto la illumini! Don Armando Turoni, da lei definito il prete-ragazzino con la Qashqai, unica persona, inspiegabilmente ad uscirne illesa dalla sua feroce critica forse perché non autoctono, dovrebbe praticare su di lei un qualche esorcismo così da far venire fuori la vera giornalista che sin ora non abbiamo nemmeno intravisto.
«”E poi, siamo tutti imparentati, buoni e cattivi”, confessa Salvatore Palami».Vorremmo sapere se tale Salvatore Palami sia il protagonista di qualche suo scritto di fantascienza o è un suo amico immaginario. A Roccaforte del Greco tale signore non ha mai albergato. «Ma un altro Pietro, 60 anni, che si fa chiamare “il poeta”, accompagnatore di Gerhard Rohlfs quando il filologo tedesco saliva a Roccaforte, oggi rivendica: “Magari ci fosse la vecchia ‘ndrangheta. Ma non quella del sangue, quella del cervello. Adesso chiedono ‘u pizzu perfino al marocchino che mette la bancarella”. La vecchia ‘ndrangheta, in effetti, qui può contare su qualche fedelissimo, ma si gonfia altrove. Le ex malepiante di Roccaforte agiscono molto vicino, nel porto di Gioia Tauro, in buona parte in mano a miliardari narcos, oppure molto lontano: da Bogotà a Domodossola, da Milano alla Germania. Trapianti acquisiti, scritti in migliaia di pagine dell’antimafia, da polizia e carabinieri». Riporto, inviata Conchita, fedelmente ed integralmente cosa dice su facebook, a suon di rime, lo stimabile “poeta”: “E’ un articolo da scoop giornalistico da bassifondo, non solo l’autrice ha travisato le dichiarazioni che ha estorto agli intervistati, falsandoli a proprio piacimento, ma ha denigrato in diversi punti la realtà dei fatti sia nel merito che nel metodo, tirando in ballo anche dichiarazioni del sottoscritto non rispondenti alla realtà, del quale dovrà dare conto nelle sedi opportune.
La precarietà dell’articolo dimostra una premeditata azione denigratoria e un’ignoranza storica dei luoghi e dei fatti descritti. Peccato che un quotidiano di caratura come Repubblica mandi in giro certi corrispondenti che si affidano all’improvvisazione e contribuiscono con cattiveria ad alimentare le già precarie condizioni di sopravvivenza di questi paesi che già sopravvivono grazie alla caparbietà dei suoi cittadini e non a chi di dovere dovrebbe garantire quantomeno le più elementari condizioni di sviluppo”. Io, inviata Conchita, non aggiungo altro in merito.
«La caserma dell’Arma di Roccaforte, unico posto dove si parla italiano, tiene anche questo conto. E il resto è esistente ma (quasi) morto». Specificando che molti sono i laureati a Roccaforte che, per esprimersi, non utilizzano il “vernacolo calabrese”, deludendola per la seconda volta e stupendomi di me stessa, oltre ad essere stata ironica (troppe cose per una femmina di Roccaforte del Greco, penserà lei, dietro ci sarà di sicuro la ‘ndrangheta), oltre a parlare correttamente l’italiano, incredibilmente- questo è il vero scoop inviata Conchita- lo so anche scrivere. O forse ancora ne dubita?
M.Valentina Attinà
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COMPLIMENTI…. FINALMENTE UNA GIORNALISTA… E’ DA UN PO’ CHE NON SE NE VEDEVANO IN GIRO….
QUESTO ARTICOLO, SPERO SIA IL PRIMO, DI UNA LUNGA SAGA DAL TITOLO: COME DEMOLIRE PROFESSIONALMENTE I BUGIARDI.
VALENTINA GRAZIE A NOME DEI CALABRESI
Complimenti Valentina!!!!
…. Infastidisce e stranisce questo silenzio tombale della “cara” conchita sannino, più volte chiamata a rispondere della sua “licenza poetica nefasta” in diversi articoli su siti web, fans pages e gruppi su Facebook, compresa la sua (www.facebook.com/pages/conchita-sannino-fans-club/328409812726?fref=ts).
D’altronde, il motto del suo Fans Club Facebook potrebbe già essere sufficiente e la dice lunga di quello che è o potrebbe essere la persona: “CONCHITA SANNINO, inviato per il quotidiano La Repubblica, è autrice dello scoop sul caso Noemi Letizia, presto battezzato Casoriagate”.