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Ieri, 29 gennaio 2016, alle ore 17.10, presso il salone IRSSEC, Piazza Municipio a Bova Marina, si è celebrata la Giornata della Memoria insieme alla scrittrice Nadia Crucitti, che ha parlato del suo libro “Berlino 1940. La Convocazione” edizioni “Città del Sole”. Al tavolo dei relatori, l’Autrice, l’Assessore alla Cultura di Bova Marina, Dott.ssa Maria Luisa Ollio e l’Editrice Antonella Cuzzocrea. Ha moderato l’evento Francesca Martino; è intervenuto brevemente anche il Sindaco di Palizzi, Arturo Walter Scerbo. Assente, a causa di un imprevisto, il Sindaco di Bova Marina, l’Avv. Vincenzo Crupi.
“Come può – ha affermato l’Assessore alla Cultura di Bova Marina, Dott.ssa Maria Luisa Ollio – un uomo arrivare a trattare un suo simile come una bestia? […]. L’importante secondo me è che certi valori non vengano meno, i valori di tolleranza, di rispetto reciproco”; poi ancora l’Assessore: “Nadia descrive nel suo libro come l’arte, la cultura venisse influenzata dal pensiero nazista dominante“.
La parola è passata successivamente all’Autrice, Nadia Crucitti che ha presentato all’uditorio il suo libro, la storia di un uomo, Veit Harlan, sceneggiatore, regista, attore teatrale e cinematografico tedesco, nato a Berlino il 22 settembre 1899 e morto a Capri il 13 aprile 1964, divenuto una delle figure chiave della cinematografia tedesca del Terzo Reich. Crucitti ha raccontato di una Nazione che preferì non vedere l’orrore della dittatura evitando di scegliere.
“Questo libro – afferma Nadia Crucitti – racconta la storia, il percorso artistico di Veit Harlan che non era un antisemita, infatti la prima moglie era una attrice ebrea, lo stesso suo figlio che per i primi 25-30 anni non l’ha voluto vedere, Thomas, diceva che suo padre non era antisemita però aveva affilato il coltello per colpire gli ebrei, tutto questo per superficialità, per voglia di emergere, per fama. Harlan cominciò come attore di teatro, bravo attore, poi passò alla regia, nel frattempo salì al potere Hitler. Goebbels diventa un suo intimo amico […] ma non si può essere amici di chi sta al potere perché poi quando si fanno delle scelte, ti obbligano a fare quello che vogliono loro, cosa che ha fatto Goebbels. Goebbels intanto sapeva che si potevano manipolare gli animi attraverso i mezzi multimediali, come la televisione, il cinema, la radio, i giornali; la Germania aveva migliaia di giornali indipendenti ma sono stati tutti eliminati finché ad essere venduto era solo il giornale del partito. Un altro giornale importantissimo, in negativo, che incitava all’odio, era il giornale di Julius Streicher, Der Stürmer, che era di quanto di peggio ci potesse essere: ogni giorno in prima pagina c’erano ebrei stupratori, corrotti, ladri, assassini e a Berlino chi non poteva comprare il giornale li leggeva nelle colonne, perché venivano affissi. I libri di scuola dei bambini, i fumetti raffiguravano immagini di ebrei. […].
Harlan è arrivato e sente di poter scegliere, è amico di Goebbels, va a cena e a pranzo con Hitler, le famiglie si frequentano, lascia la moglie e si mette con una attrice svedese e poi da lì arriva la batosta, la “convocazione“: Goebbels lo convoca perché deve girare il film Jud Süss”.
Quando l’ascesa al potere di Hitler si fece dilagante, molti degli artisti che vivevano in Germania emigrano perché ebrei, altri fuggirono per rifiutare la dittatura. L’attore – regista Veit Harlan invece, sebbene inizialmente comprendendo l’intento di Goebbels, Ministro della Propaganda nazista, preferì rischiare la vita rifiutandosi pur di non fare il film, alla fine rimase per narcisismo, per superficialità, perché credeva che “l’artista potesse creare rimanendo estraneo al suo tempo, senza subire condizionamenti politici e pesanti compromessi“. Goebbels lo obbligò a girare nel 1940, in pieno conflitto bellico, Jud Süss, vero e proprio strumento di propaganda della persecuzione contro gli ebrei.
Per l’autrice Crucitti “se non c’è etica, non c’è arte e soltanto i classici danno una formazione etica, danno armonia, formano alla pace“. Veit Harlan rientrava nella categoria dei vanesi, dei narcisi e sebbene il suo Jud Süss fu definito dal giovane Michelangelo Antonioni “potente, incisivo, efficacissimo, ripreso in maniera impeccabile, fin troppo”, rimane, altresì, simbolo infame della cinematografia antisemita.
Dopo aver ricordato le dinamiche dell’orrore dell’Olocausto Crucitti ha affermato: “Non credo nella colpa collettiva, di tedeschi uccisi ce ne sono stati moltissimi; il clima in tutta la Germania era fatto di terrore quotidiano, molti si sono adattati, se c’è un potere così assassino ci sia adatta. Hitler aveva sfasciato i rapporti tra le famiglie“.
Nel corso dell’incontro è stato proiettato anche un breve filmato, grazie al quale l’editrice Antonella Cuzzocrea ha fornito nuovi spunti sul libro e sul periodo in questione; ha evidenziato come Nadia Crucitti sia riuscita a indagare le modalità con cui è venuta a crearsi una dittatura, come è nata, com’era l’humus di quel periodo che risulta importante per poter narrare il nazismo da una particolare angolazione. “Questa è anche la bellezza del libro” afferma Cuzzocrea.
“L’idea di scrivere questo libro – sostiene infine l’Autrice – nasce dall’aria che si respirava a casa; mio padre, ufficiale italiano, fatto prigioniero dai tedeschi e deportato anch’egli in un campo di concentramento è sopravvissuto ma non se ne parlava molto. Avevo, poi, questa curiosità: ma i tedeschi erano tutti così? Si è scoperto in realtà che non erano tutti nazisti in Germania: molti sono morti. E’ importante il Giorno della memoria, per non dimenticare, per non rischiare che la storia si ripeta“.
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