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La popolazione del Cantone di Grigione in Svizzera, chiamata alle urne per esprimere la preferenza sul referendum ambientale, ha espresso la propria contrarietà alla partecipazione pubblica di investimento in centrali a carbone. Ne consegue che la società Repower, controllata per il 58% dal Cantone non potrebbe più partecipare al progetto del gruppo SEI per la costruzione della centrale a carbone che dovrebbe sorgere a Saline Joniche.
Il risultato del referendum svizzero viene in aiuto alle mie numerose denunzie parlamentari, fatte a partire dal 2008, tendenti ad evidenziare non solo il grave e dannoso impatto ambientale che la realizzazione della centrale comporterebbe su uno dei pezzi più belli della costa reggina calabrese, ma anche le anomalie e la mancanza di chiarezza che celano gli interessi che hanno portato la SEI a predisporre tale progetto, tra l’altro apparso molto superficiale fin dalla sua fase iniziale.
Il territorio di Saline Joniche, grazie alla presenza dell’ex Liquichimica, è stato per molti anni simbolo negativo di scelte miopi e di investimenti falliti e, pertanto, dovrebbe poter diventare simbolo positivo di uno sviluppo rispettoso della storia e del senso dei luoghi, capace di creare “buona” economia e lavoro pulito e di qualità: cosa impossibile con la costruzione di una centrale a carbone di oltre 1.200 Mw.
Che ci siano vergognosi interessi dietro il progetto in questione lo rivelano anche le ultime dichiarazioni della Repower, la quale, nonostante l’esito referendario, confermerebbe i propri programmi. Interessi che vengono evidenziati anche da parte delle cosche della ‘ndrangheta, così come emerso in qualche inchiesta della DDA reggina.
D’altra parte non va infatti sottaciuto che per la realizzazione della centrale di Saline sarebbe stata impegnata un’ iniziale ingente cifra di un miliardo di euro, cui si aggiungerebbero 500 milioni di investimento per le infrastrutture, più 1,7 milioni all’anno per i costi di esercizio.
Se nonostante l’esito del referendum svizzero non si dovesse bloccare la Repower, rimarrebbe solo l’intervento della Magistratura chiamata, tra l’altro, a verificare come la SEI sia riuscita ad impossessarsi di parte dell’area dell’ex Liquichimica, area che per anni è stata fonte di speculazioni varie.
Non possiamo consentire che venga ulteriormente depredato, contro la nostra volontà, uno dei pezzi più belli della costa reggina calabrese.
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