Solo 4 Regioni su 20 prevedono organismi di garanzia degli
interessi dei consumatori-utenti; le carte dei servizi sono
adottate solo dal 57% delle aziende del settore e nel 68%
dei casi non contemplano la conciliazione come procedura di
tutela; nel 37% dei casi i tempi medi di risposta ai reclami
dei cittadini superano il mese e mezzo per arrivare fino a
60 giorni. Il tutto a fronte di un incremento tariffario,
dell’acqua potabile, del 20,3% da gennaio 2000 ad oggi,
secondo dati Istat.
E’ il quadro
poco edificante del settore idrico italiano a piu’ di
10 anni dalla riforma del settore (legge Galli 36/94) realizzato
da Cittadinanzattiva e Confconsumatori in collaborazione con
Consumers’ Forum. I dati raccolti segnalano tre questioni
allarmanti: lo stato di profondo degrado della nostra rete,
le forti differenze tra diverse zone del Paese e i ritardi
accumulati per decenni. Siamo il Paese che consuma piu’
acqua in Europa ed il terzo nel mondo dopo Usa e Canada. Cio’
nonostante, un terzo degli italiani non ha sufficiente, ne’
regolare accesso all’acqua potabile.
Per assenza di manutenzione,
la percentuale delle perdite della rete acquedottistica in
Italia e’ la piu’ alta al mondo con picchi in
Molise, Puglia, Calabria, Basilicata, nell’hinterland
napoletano, in Abruzzo, in Sicilia e in Sardegna. Sul fronte
della depurazione le cose non vanno meglio: oltre un terzo
dell’acqua consumata non viene depurata, e quasi un
quarto non e’ nemmeno allacciata alla rete fognaria
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