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LE BIOTECNOLOGIE IN AGRICOLTURA
( tratto dal web )

 

Da sempre l'uomo coltiva e modifica le piante al fine di renderle sempre più adatte alle nuove esigenze. Con l'avvento delle biotecnologie questa possibilità si è enormemente ampliata e notevoli potranno essere i benefici per tutta l'umanità. Tramite il metodo del DNA ricombinante si potranno avere risparmi di tempo, terra e lavoro, consentendo ad esempio di studiare, attraverso cellule vegetali in laboratorio, ciò che fino a pochi anni fa era possibile osservare solo su colture dì centinaia di ettari coltivando in poche capsule apposite delle cellule equivalenti a milioni di piante. Con le biotecnologie si possono ottenere miglioramenti riguardo a:
- rispettare l'ambiente e l'uso delle risorse disponibili;
- tollerare le avversità (parassiti, eccessi termici, carenza idrica);
- aumentare le richieste qualitative e quantitative;
Ecco alcune delle svariate selezioni che soddisfano le sempre maggiori esigenze umane.
Accanto a mais, riso, frumento, patate, pomodori ed avena, alcuni di essi trattati con geni particolari e così resi resistenti a certe malattie e parassiti - come la dorifera per la patata - si sono ottenuti anche alimenti che resistono a particolari erbicidi. E' il caso del mais transgenico di una nota multinazionale che resiste ad un suo particolare erbicida. Abbiamo ancora piante che, cadendo in una sorta di letargo, resistono alla siccità o alla eccessiva salinità del terreno, pomodori resistenti al ghiaccio (con l'inserimento del gene per le proteine anticongelamento dei pesci d'acqua fredda) e piante in cui è stata incrementata la qualità dei loro prodotti. Oli vegetali con meno grassi saturi, frutta e verdure con più vitamine, patate con più amido (che non anneriscono dopo il taglio), con la conseguenza di assorbire meno olio nella frittura, caffè senza caffeina, sedano senza fili, colza più ricca di aminoacidi - che produce oli poveri di acido linoleico - al fine di ridurre gli odori della frittura e permette addirittura di fabbricare una plastica biodegradabile: con la prospettiva biotecnologica di arrivare a dei polimeri che consentiranno di fare a meno del petrolio. Inoltre, tramite l'inserimento di geni anti-gene, si sono ottenute verdure e frutta che rallentano la maturazione (es. pomodori, meloni e fragole) e mantengono lo stesso gusto. Si stanno cercando di ottenere piante autofertilizzanti per un migliore sfruttamento dei terreni (è il traguardo più ambito), poi uve senza semi e melanzane che danno frutto senza essere fecondate ed in qualsiasi stagione. Ciò che rallenta l'applicazione pratica di queste ricerche è il rischio ambientale del rilascio di piante (e animali) modificate geneticamente. Così come c'è preoccupazione per l'innocuità dei prodotti dell'ingegneria genetica: si teme che la pianta possa diventare infestante oppure tossica, tramite modifiche metaboliche non prevedibili, oppure possa passare il gene ad altre piante non desiderate. Inoltre l'uniformità genica può essere anche un grave svantaggio, là dove vi fosse ad esempio un virus patogeno per la pianta. Negli Stati Uniti la reazione ai prodotti modificati geneticamente per adesso è negativa, anche se la F.D.A. (Federal Drugs Administration) , che è ente preposto alla verifica della commestibilità, non li ha giudicati pericolosi: ne ha verificato il giusto contenuto nutrizionale, l'idoneità al consumo delle nuove proteine, ed il non inserimento di sostanze nocive, allergiche, ecc. L'Italia per adesso ha detto no al mais transgenico ma non ai suoi prodotti lavorati. Alcune attuali ricerche però mettono in guardia per l'aumentata diffusione di allergie, per i residui dell'erbicida negli alimenti, per l'invasività delle piante manipolate che potrebbero soppiantare le altre, determinando un aumento delle specie minacciate di estinzione, e per il foraggio manipolato riservato agli animali da macello che così entra nel ciclo della catena alimentare. Ciononostante anche le biotecnologie vegetali sembrano destinate allo sviluppo, se si vuol rispondere al sempre maggiore fabbisogno mondiale e salvare le colture contro agenti sempre più aggressivi.

Altri campi in cui le biotecnologie stanno trovando applicazione sono:
• produzione di metano tramite batteri,
• smaltimento dei prodotti di rifiuto e le biodegradazioni,
• bioinsetticidi e i biodetersivi,
• batteri per l'estrazione del petrolio,
• produzione di plastica biodegradabile e biomateriali vari.


LE BIOTECNOLOGIE NELL’ALLEVAMENTO DEGLI ANIMALI

Il fabbisogno calorico quotidiano dell’intera umanità ha un incremento progressivo, che difficilmente sarà compensato senza l’introduzione di tecniche che possano agevolare le industrie zootecniche nell’allevamento degli animali, favorendo l’abbassamento dei costi di produzione ed il miglioramento della qualità dei capi. In questo caso, le applicazioni biotecnologiche potrebbero essere di enorme aiuto anche nel tentativo di sanare il problema dell’alimentazione a livello mondiale. Il loro ruolo si concretizza in tre direzioni:
-riduzione dell’intervento farmacologico;
-diminuzione dell’impatto ambientale;
-riduzione dei costi di produzione e adeguamento a specifiche esigenze nutrizionali.
Viste in sé, queste direzioni tendono: a far diminuire i residui farmacologici negli alimenti, favorendo la selezione degli animali più resistenti e/o introducendo nuovi tipi di vaccini; a favorire un minore danno ambientale in termini di inquinamento dell’aria (odore, produzione di metano e idrogeno), della terra e delle falde acquifere, là dove gli allevamenti sono particolarmente concentrati. Le ricerche in questo campo sono rivolte a realizzare microorganismi capaci di degradare, con altissima efficienza, le deiezioni è/o influire sulla digeribilità (tramite nuovi enzimi cellulosolitici) ed utilizzazione dei mangimi, in modo da ridurre le quote di deiezione stessa.
Inoltre si sta ottenendo un miglioramento della efficienza produttiva in termini quantitativi e qualitativi: tramite l’ormone somatotropo si può avere già oggi un incremento della produzione del latte ed un risparmio sugli alimenti. Si tenta la strada per ottenere super-animali (in laboratorio sono già stati ottenuti dei super-topi ed anche salmoni giganti) e si possono moltiplicare capi pregiati tramite tecniche di clonazione.
Ancora: mucche con latte più digeribile, pecore con più quantità e qualità di lana, uova contenenti più albumina e quindi con un maggior valore nutrizionale e batteri che proteggono per un periodo più lungo, gli insaccati. Si possono attivare e fertilizzare in vitro parte degli ovociti recuperabili dalle ovaie di animali deceduti, oppure aspirare follicoli e poi, con tecniche di clonazione, avviare riproduzioni ed allevamenti più intensi degli attuali, basati sui cicli naturali. In ultimo si pensa di ottenere fermenti lattici sia di elevato valore nutritivo, nel caso fosse necessario un maggiore apporto, sia di basso contenuto calorico, per particolari diete.
La realizzazione in laboratorio di animali transgenici, è ormai quasi una routine e il problema che si pone concerne le condizioni etiche dell’impiego di questi animali quali cavie di laboratorio e, più in generale, la questione dei criteri etici della sperimentazione animale. Gli animali da nutrizione come i maiali “ingegnerizzati”, ad esempio presentano sì le caratteristiche desiderate come uno sviluppo maggiore e più rapido, un incremento del peso e dei tessuti muscolari, un miglior rapporto tra carne e grasso, una maggior resistenza alle malattie, ma soffrono di disturbi congeniti come il diabete, la distrofia muscolare, ulcere gastriche artriti ecc., evidenziando così come la tecnica del trapianto di geni sia ancora da mettere a punto.

Ma in quale misura la sofferenza, lo stress, e il danno arrecati agli animali, possono venir legittimati dall’esigenza di far progredire la ricerca genetica e biomedica? Vi è tra queste due posizioni, la possibilità di un dialogo e di un superamento sia dell’assolutismo scientifico sia dell’antisperimentalismo?


Biotecnologie ambientali

Sotto questo nome sono comprese tutte le applicazioni biotecnologiche volte alla salvaguardia delle risorse naturali, alla prevenzione dei danni ambientali, al trattamento dei rifiuti solidi, liquidi e di emissioni gassose e al risanamento delle aree inquinate.
Al momento sono ampiamente diffuse ed utilizzate a livello europeo le seguenti tecnologie:
a) trattamento biologico anaerobico di acque di scarico civili ed industriali;
b) pretrattamento anaerobico di acque di scarico;
c) digestione anaerobica di fanghi urbani;
d) digestione anaerobica di rifiuti solidi organici;
e) compostaggio di rifiuti organici;
f) trattamento di emissioni gassose mediante biofiltri;
g) biorisanamento di suoli contaminati;
Appare chiaro come attualmente le Biotecnologie Ambientali (BA) siano prevalentemente orientate a curare più che a prevenire, ma in futuro ci si aspetta uno sviluppo di esse nel campo della prevenzione.
Quelli che seguono sono alcuni esempi di BA sia nel campo del monitoraggio e del trattamento sia in quello della prevenzione.

Il biomonitoraggio di contaminanti ambientali

La possibilità di monitorare la presenza nell’ambiente di contaminanti chimici mediante biosensori rappresenta un esempio di un sistema integrato biologico ed elettronico. Le conoscenze di genetica e biologia molecolare ci forniscono le basi per utilizzare le risposte trascrizionali dei batteri ai contaminanti ambientali attraverso la riprogrammazione dei geni. Il gene reporter programmato per attivarsi in presenza di particolari sostanze può infatti essere riprogrammato per esprimere un prodotto con una particolare attività enzimatica o un fenotipo facilmente rilevabile con misure fisiche (es. emissione di luce) o immunologiche. In questo modo la presenza o l’assenza di un determinato contaminante viene eventualmente tradotta in una proprietà fisica misurabile; si può infatti aumentare o diminuire la sensibilità del sistema reporter aumentando o diminuendo il livello di espressione del gene.
Una classe importante di inquinanti è rappresentata dai metalli pesanti in particolare il mercurio, lo zinco, il cromo, il cadmio e il nichel. Diversi sistemi batterici che conferiscono resistenza a questi metalli sono ben conosciuti e possono pertanto essere utilizzati per costruire biosensori

Bioconversioni

Le bioconversioni sfruttano l’enorme capacità degli organismi di bonificare chimicamente una grande varietà di composti organici. Tra i prodotti ottenibili per via biologica si possono menzionare: etanolo, acidi organici, acetone, butanolo, ed anche amminoacidi, vitamine ed antibiotici. Le bioconversioni sono preferibili alle sintesi chimiche tradizionali per le seguenti ragioni:
a) Specificità di substrato: un enzima catalizza generalmente una sola specifica reazione;
b) Se sono presenti sulla molecola dei gruppi funzionali solo una specifica posizione può essere attaccata;
c) Le reazioni avvengono in condizioni blande (ambiente acquoso senza uso di solventi organici) ed ecocompatibili.
Le più importanti reazioni di bioconversione mediate da microrganismi possono essere raggruppate nelle seguenti categorie: idrolisi, formazione di nuovi legami C-C, ossidazioni, ossidrilazioni, condensazioni, isomerizzazioni. Le bioconversioni rappresentano sicuramente un esempio di BA quando vengono utilizzate per la trasformazione di composti come idrocarburi aromatici che costituiscono una delle fonti principali di inquinamento. Inoltre l’ossidazione di essi mediata da ossigenasi batterica può portare alla produzione di sostanze di grande interesse industriale nel campo della sintesi di farmaci, polimeri, coloranti, aromi, eccetera.

Biorisanamento di ambienti contaminati

E’ il processo che impiega tecniche biologiche per il recupero di acque e terreni inquinati da scarichi industriali o da petrolio. Infatti i microrganismi grazie alla loro potenzialità metabolica sono in grado di degradare una vasta gamma di inquinanti organici, come: benzine, gasolio, oli combustibili, catrame, cianuri, solventi aromatici, e composti aromatici clorurati.
Alcuni composti però risultano particolarmente resistenti all’attacco microbico. In questi casi risulta spesso impossibile selezionare dall’ambiente microrganismi in grado di degradarli: esiste però la possibilità di costruire in laboratorio ceppi microbici ricombinanti con nuove capacità degradative, ricorrendo alle tecniche del clonaggio di nuova informazione genetica.
I vantaggi dei trattamenti biologici sono: costi molto contenuti; bassi consumi energetici; terreni bonificati biologicamente attivi; scarsi rischi di inquinamento di acque e aria circostante.
Gli interventi di bonifica di siti contaminati possono essere di due tipi:
a) Trattamenti in situ: il terreno viene trattato direttamente sul posto senza essere rimosso;
b) Trattamenti on site/off site: nel primo caso il terreno viene rimosso per essere trattato in un impianto mobile sul posto; nel secondo caso l’impianto di trattamento è ubicato in un luogo distante.
Le principali tecniche di intervento in situ sono la bioventilazione e la bioinsufflazione che si basano entrambe sulla stimolazione della biodegradazione aerobica dei contaminanti.
Le principali tecniche on site/off site sono il landfarming, il compostaggio e i bioreattori, che si differenziano tra di loro per i metodi di aerazione e di miscelazione.

Esempi di processi di biorisanamento

Gli esempi più noti sono quelli relativi al trattamento di acque e suoli contaminati da petrolio a seguito di sversamenti o incidenti a carico di oleodotti o petroliere. Questo tipo di intervento è destinato a sostituire in gran parte altri tipi fisici o chimici finora utilizzati. I metodi fisici, che consistono nell’asportazione del suolo fino a mezzo metro di profondità, o nel lavaggio di spiagge e rocce dal petrolio, sono lunghi, costosi e scarsamente efficaci.
I mezzi chimici sono invece causa di seri problemi ambientali se utilizzati in acque costiere poco profonde.
La degradazione microbica degli idrocarburi è un processo ben conosciuto sia dal punto di vista biochimico che genetico, e rappresenta sicuramente il miglior approccio per rimuovere il petrolio da coste e acque poco profonde. Il più colossale intervento di biorisanamento in ambiente naturale è rappresentato dalla ripulitura di duecentomila barili di petrolio in Alaska nel 1989. Si è trattato però di un intervento basato esclusivamente sul potenziale decontaminante dei microrganismi presenti nel sito contaminato senza il ricorso a microrganismi opportunamente selezionati come invece è stato sperimentato per la prima volta in occasione di una consistente perdita di petrolio nel Golfo del Messico nel 1990.
La scelta della tipologia di trattamento deve essere fatta sulla base di diversi parametri come le proprietà chimico fisiche dei contaminanti e le caratteristiche microbiologiche del sito. Ad essi vanno affiancate valutazioni di tipo economico e di impatto ambientale.

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