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Rocche Prastarà. Vivo in Calabria e il mio lavoro mi conduce spesso in località remote, impervie, difficili da raggiungere e sconosciute ai più. In quei luoghi è nato il mio progetto.
Le rocciose coste tirreniche che cadono a picco sul mare. Le lunghe e “californiane” spiagge della riviera jonica, gli innumerevoli tornanti delle strade di montagna che risalgono l’Aspromonte, le verdi riserve naturalistiche. Le caratteristiche fiumare che alternano piene e siccità in un’antitesi grottesca, paradigma esaustivo di una regione paradossale: sono tutte sfumature dello stesso territorio.
Un territorio difficile e troppo spesso noto per mesti episodi di cronaca.
A contatto con la “natura della periferia”
Eppure a contatto con la “natura della periferia” riesco a cogliere l’essenza più profonda di questa regione, infatti vedo con occhi differenti ciò che mi circonda. Con questo spirito è nato “Esplorando dietro casa”: mostrare agli altri ciò che io vedo nella mia terra, nella nostra terra.
Dapprima “Esplorando dietro casa” era solo un canale youtube con uno stile in itinere e, come argilla morbida, libero di essere plasmato a mio piacimento. Dappresso si è aggiunto il blog e la narrazione si è fatta più definita, così, infine sono approdato a questa rubrica sul quotidiano on-line “ntacalabria”.
La nuova rubrica su NtaCalabria
Ogni quindici giorni visiteremo una località e racconteremo la sua storia in un Vlog.
I ruderi di un castello, la facciata incrinata di un monastero, gli scorci naturalistici offerti dai punti panoramici, il mormorio delle acque fra i ciottoli arrotondati delle fiumare: ognuno di questi elementi entrerà nella nostra narrazione.
Rocche Prastarà
Quest’oggi visitiamo le Rocche di Prastarà, nel comune di Montebello Jonico (RC).
Il nostro avvicinamento alle Rocche Prastarà è stato segnato dai colori caldi dei mandorli in fiore e dalla inalterabile quiete, che si respirava man mano che ci si avvicinavamo alle Rocche.
Attraversando i terrazzamenti abbiamo goduto degli scorci paesaggistici che l’area offre: la linea di costa che corre lunga da Saline a Melito. Rivolgendo lo sguardo verso l’interno, lo spettacolo mozzafiato di Pentedattilo. Un’amalgama di abitazioni di pietre e mattoni fra le rocce appuntite della Mano del Diavolo.
Scalati alcuni tornanti siamo giunti ai piedi delle Rocche. Siamo rimasti folgorati dall’eccezionale colpo d’occhio che queste particolarissime formazioni geologiche suscitano allo spettatore, infatti si stagliano alte, solenni e mute ed ancora imponenti. Come un gigante, indifferenti come una bella donna impossibile da conquistare.
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Non c’è da sorprendersi se il luogo sia stato scelto come location di alcune scene del film del 1952 “Il brigante di Tacca del Lupo” diretto da Pietro Germi.
Il film trattava il tema controverso del Brigantaggio e per la prima volta fu data un’interpretazione critica di quella che di fatto fu una guerra civile fra i piemontesi e il popolo del Mezzogiorno.
Alla ricerca del monastero di Sant’Elia
Abbiamo dunque proseguito alla ricerca del monastero di Sant’Elia che la tradizione ubica ai piedi delle Rocche. Si narra infatti che Sant’Elia, durante uno dei suoi numerosi viaggi in Oriente, ebbe in visione Gesù, il quale gli avrebbe chiesto di fondare un monastero presso un particolare monte.
Rientrando in Occidente, Sant’Elia ritenne di riconosce quel monte nelle Rocche Prastarà e sottopose il suo fedele discepolo Daniele a una prova di ubbidienza.
Il santo chiese al discepolo di gettare il salterio in un luogo acquitrinoso per poi ritrarlo asciutto, Daniele obbedì e a poca distanza fu fondato il monastero.
Alcuni storici locali ritengono di poter identificare il “luogo acquitrinoso” citato dalla leggenda con il pantano di Saline Joniche.
Seppure le testimonianze di frequentazione dell’area siano antichissime, difficilmente l’edifico identificato dalla tradizione con il monastero di Sant’Elia può essere considerato tale. Negli anni Ottanta del Novecento sono state effettuate numerose segnalazioni di rinvenimenti in superficie di materiale ceramico protostorico e utensili in ossidiana.
È più verosimile che si tratti di un luogo di romitaggio, com’è stato suggerito da altri studiosi locali, di una chiesetta o un altro edificio sacro che fu un punto di riferimento per le zone limitrofe.
Infine abbiamo visitato l’Eremo: un ricovero ricavato in una concavità delle Rocche. Chiuso da un muro a secco composto da blocchi di pietra sbozzata: un’opera perfettamente in armonia con la quiete che si respira nelle Rocche di Prastarà.
Articolo a cura di Giovanni Speranza
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Queste rocche sono le rupi di Mucissà?
bellissimo…complimenti ….