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L’editoriale del direttore responsabile Francesco Iriti: Che senso hanno le commissioni prefettizie?
Di seguito la nota diramata dai carabinieri nell’ambito dell’operazione “Ultima spiaggia”:
Alle prime luci dell’alba del 18 dicembre 2014, nelle Province di Reggio Calabria, Imperia e Pesaro, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza di Custodia Cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 52 soggetti , appartenenti e contigui alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca PAVIGLIANITI, operante nei comuni di San Lorenzo (RC) e Bagaladi (RC) e territori limitrofi, responsabili a vario titolo di:
– associazione di tipo mafioso (art. 416 bis commi 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 c.p.);
– concorso in associazione di tipo mafioso (artt. 110 e 416 bis commi 1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 c.p.);
– concorso in illecita concorrenza con minaccia o violenza, aggravata dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 81 cpv., 110, 513 bis commi I e II c.p. e 7 L. 203/91);
– concorso in falsità ideologica commessa dal Pubblico Ufficiale in atti pubblici, aggravato dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 81 cpv., 110, 479 c.p. e 7 L. 203/91);
– corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, aggravato dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 319 c.p. e 7 L. 203/91);
– concorso in intestazione fittizia di beni, aggravata dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 110 c.p., 12 quinquies D.L. nr. 306/92, convertito in legge 7 agosto 1992 nr. 356 e 7 L. 203/91);
– concorso in estorsione aggravata dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 110, 629 comma 2 c.p. e 7 L. 203/91);
– truffa aggravata ai danni dello Stato (artt. 81 cpv. e 640 comma 2 c.p.);
– concorso in detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi comuni da sparo, aggravati dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso (artt. 81 cpv. c.p., 2, 4, 7 L. 895/1967 e 7 L. 203/91);
– concorso in furto aggravato ed indebito utilizzo di carte di pagamento (artt. 81 cpv., 110, 624 bis comma 2 e 12 L. 197/91);
– associazione finalizzata alla produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. n. 309/190);
– concorso in spaccio di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina (artt. 81 cpv., 110 c.p., 73 e 80 del D.P.R. n. 309/190).
Le investigazioni, avviate nel novembre del 2009, si sviluppano in prosecuzione dalle indagini svolte sempre dai Carabinieri di Reggio Calabria con il coordinamento della locale Direzione Distrettuale Antimafia nell’ambito della c.d. operazione A.D.A., che aveva focalizzato l’attenzione nel comprensorio del comune di Melito di Porto Salvo, dove è egemone la cosca IAMONTE (a sua volta coinvolta anche nell’operazione Crimine e facente parte dell’organizzazione unitaria). Il principio unitario che ispira i nuovi assetti della ‘ndrangheta reggina determina inevitabilmente l’interazione tra le cosche, facendo così che nel corso dell’operazione A.D.A. venissero chiamati in causa boss e gregari di un altro sodalizio mafioso, nella fattispecie quello capeggiato dalla famiglia PAVIGLIANITI, che esercita il suo predominio nella zona ionica reggina e più specificatamente nel comprensorio dei comuni di San Lorenzo (RC) e Bagaladi (RC), dove la cosca esercita la propria influenza condizionando ogni espressione della vita economica e sociale e perfino l’agire delle amministrazioni comunali.
L’attività investigativa svolta, inoltre, ha trovato pieno riscontro nelle successive dichiarazioni rese da AMBROGIO Giuseppe, affiliato della cosca IAMONTE che, a circa un mese dal suo arresto maturato nel corso dell’esecuzione dell’operazione A.D.A., ha deciso di collaborare con la giustizia. L’attendibilità delle rivelazioni fatte in ordine a boss e gregari della cosca PAVIGLIANITI è data dal legame di parentela che egli ha con personaggi di primo piano della cosca medesima: MARINO Lorenzo in primis, di cui AMBROGIO ha sposato la nipote, e MALASPINA Consolato, cugino della madre, che è anche cognato di PAVIGLIANITI Vincenzo.
Le redini della cosca sono state storicamente rette da PAVIGLIANITI Domenico, il quale rappresenta il vertice indiscusso dell’omonima cosca, in atto recluso presso la casa circondariale di Ascoli Piceno. In considerazione del regime carcerario cui si trova sottoposto PAVIGLIANITI Domenico, gli interessi della cosca vengono curati principalmente dai fratelli Angelo e Settimo PAVIGLIANITI cui gli si riconoscono poteri direttivi e di gestione dei traffici illeciti.
Degni di nota sono i rapporti che i vertici della cosca hanno sempre intrattenuto con i rappresentanti di maggior livello delle altre famiglie mafiose, in primis la cosca IAMONTE, i cui interessi economici sono inevitabilmente destinati ad intrecciarsi.
Il concetto unitario di ‘ndrangheta è avvalorato, oltre che dall’attività investigativa effettuata, anche da alcuni riscontri oggettivi da cui si evince il forte legame stretto dai PAVIGLIANITI con affiliati di primo piano della cosca TEGANO-DE STEFANO, egemone nel quartiere Archi del capoluogo reggino.
Gli interessi della cosca vanno dall’esercizio della pratica estorsiva, mediante la quale si assicurano il controllo del territorio; al controllo degli appalti pubblici, che vengono di norma affidati a ditte compiacenti riconducibili alla cosca; ed anche il traffico di stupefacenti che i sodali pongono in essere servendosi di una nutrita schiera di giovani affiliati.
Gli introiti derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti vengono reinvestiti in attività commerciali, della cui gestione si incaricano direttamente gli esponenti della cosca PAVIGLIANITI o prestanome ai quali viene intestata l’attività. L’azzeramento della concorrenza è uno degli obiettivi che il sodalizio si prefigge di perseguire in maniera tale da avere piena libertà d’azione e per il raggiungimento del quale si assiste ad un frequente ricorso ad azioni intimidatorie e danneggiamenti, la cui esecuzione mette il suggello al predominio della cosca sul territorio.
Nell’estate del 2010 vede i natali il Lido “La Cubana” di proprietà di CANNIZZARO Luca Bruno, ma realmente riconducibile al cognato, PAVIGLIANITI Settimo. “La cubana” è uno stabilimento balneare, i cui titolari, sin dalla prima stagione estiva, riescono a sbaragliare la concorrenza ricorrendo ad azioni intimidatorie continue (vedi i ripetuti atti intimidatori e danneggiamenti di cui nel corso degli anni è stato vittima SERRANO’ Carmelo, un operatore turistico della zona del comune di San Lorenzo).
Si assiste inoltre ad un frequente passaggio del testimone tra prestanome della cosca che si avvicendano nella proprietà del Bar “Punto Centosei” (questa l’attuale sua denominazione) che si trova in contrada Arcina del comune di San Lorenzo frazione Marina: da MARINO Vincenzo a MUSCIANISI Giuseppe, fino all’attuale intestatario, ABENAVOLI Vincenzo, tutti riconoscono in PAVIGLIANITI Settimo il reale proprietario al quale, come emerso a chiaramente nel corso di una conversazione ambientale intercettata, devono essere corrisposti i proventi.
La pervasività del fenomeno mafioso è tale che nemmeno le istituzioni locali riescono a liberarsi dal giogo della cosca e la sottile linea di demarcazione tra affiliati ed amministratori pubblici conniventi diviene sempre più flebile: l’attività d’indagine esperita ha infatti dimostrato come la cosca abbia collocato nei punti nevralgici delle amministrazioni locali uomini di fiducia, attraverso i quali è stato possibile condizionare il regolare svolgimento della vita politico/amministrativa, nonché stravolgere le regolari procedure di assegnazione dei lavori pubblici diventati quindi appannaggio di una ristretta cerchia di imprenditori affiliati e/o contigui alla cosca.
Il sostegno fornito da amministratori e funzionari del comune di San Lorenzo, al servizio della cosca, si rivelerà determinante: in seno al comune di San Lorenzo, SERGI Marco Antonio e MAESANO Rocco Giovanni, rispettivamente responsabile dell’area tecnica e dell’area amministrativa – finanziaria, giocheranno un ruolo determinante permettendo che CANNIZZARO, in violazione della normativa vigente, possa ottenere le autorizzazioni necessarie all’edificazione della struttura, pur in assenza di nulla osta paesaggistico.
L’importanza delle figure cardine di SERGI e MAESANO si denota anche nella discutibile gestione dei lavori pubblici ed in un eccessivo ricorso alle somme urgenze che divengono appannaggio di una ristretta cerchia di imprese: nel settore edile e del movimento terra a farla da padrone sono l’impresa individuale RUSSO Antonio, il cui titolare è genero di PAVIGLIANITI Angelo, e l’impresa IACOPINO Carmelo.
La cosca PAVIGLIANITI si è rivelata molto attiva nel settore del traffico di stupefacenti allacciando rapporti con personaggi attivi in un sodalizio operante nella Locride dai quali erano soliti rifornirsi di marijuana e facente capo a esponenti della cosca MORABITO-PALAMARA-SCRIVA, operante nel comprensorio di Africo Nuovo e dei comuni limitrofi. L’attenzione investigativa focalizzatasi verso il predetto sodalizio ha evidenziato come la predetta organizzazione gestisca un fiorente traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina anche con le provincie siciliane.
Contestualmente all’esecuzione del provvedimento restrittivo, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di 5 imprese (tra cui uno stabilimento balneare ed un frantoio oleario) riconducibili alle cosca PAVIGLIANITI, per un valore complessivo di 10 milioni di Euro circa.
Nel corso dell’operazione sono stati impiegati oltre 250 Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, supportati dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori e dell’8° Nucleo Elicotteri.
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